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Omaggio a Carola “sempre in bilico” Gentilini: la gentilezza oltre il grigio cinismo della politica

Questo non è un “se ne vanno (politicamente) sempre i migliori”. Anche se legittimamente si potrebbe pensare (e chi scrive lo pensa, per esempio) che da Palazzo Cernezzi siano transitati senza alcun dubbio assessori ben peggiori di Vincenzo Bella, galantuomo con competenza sebbene forse troppo poco avvezzo a certi meccanismi della politica, e di Carola “in bilico” Gentilini, la quale peraltro in questo istante (ma tra 5 minuti chissà) risulta ancora al suo posto e che, passando rapidamente in rassegna i tanti volti che si sono alternati in via Vittorio Emanuele, spicca certamente per gentilezza, cortesia e savoir faire anche a dispetto delle numerose cannonate piovute sul suo biondo capo.

Questo è piuttosto, con riferimento specifico proprio all’assessore alla Cultura, un omaggio alla persona.

Lasciamo sullo sfondo per un attimo l’analisi dettagliata su come abbia svolto il suo incarico l’architetto venuto in bici dal Ghisallo. Non tanto per paura di sbilanciarsi, ovviamente: chi ci segue sa che anche da qui sono partite critiche, dubbi e perplessità sull’operato di Gentilini dal marzo 2019 a oggi. Il punto oggetto di queste righe è un altro: che cosa rimane del rispetto di una persona, in politica? E qui il caso della titolare di Cultura e Turismo a Palazzo Cernezzi è davvero emblematico, comunque finisse la vicenda-graticola che la vede coinvolta in queste ore (giorni, settimane, mesi).

Facciamo un passo indietro.

Siamo agli albori della primavera di un anno fa, la piemontesina Simona Rossotti aveva già interrotto piuttosto traumaticamente il suo rapporto con la giunta Landriscina lasciando la sensazione di un potenziale buon assessore, di un’occasione mancata, sospesa tra ottime idee, discreti risultati (su tutti il Giro d’Italia), qualche scelta incomprensibile (vedi trasloco infopint) e forse un protagonismo personale eccessivo mal sopportato nella tana dei leoni comasca.

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Per colmare il vuoto, una sera, dai corridoi beninformati, ecco spuntare il nome per la successione: Carola Gentilini, architetto, direttrice del Museo del Ghisallo, giovane e sostanzialmente sconosciuta in città. Non la “manda” nessuno, ufficialmente.

Pare quasi evocata dagli spiriti, la neoassessora. Ma in realtà dietro il caschetto dorato aleggia Forza Italia, con i profili sulfurei del leader maximo Alessandro Fermi e ancor più del commissario provinciale Mauro Caprani. I quali, però, da allora non ammetteranno mai pubblicamente che Gentilini sia “una di loro” anche se tutti sanno che se si seguissero le briciole di pane dalla città murata all’Erbese, si arriverebbe ai loro usci.

L’assessore prende posto, comunque. Cultura e Turismo, il pane per lei, a prima vista. Pane quasi subito duro, però, quasi raffermo: pochi soldi a disposizione dei settori, idee (non solo da parte sua, ma almeno in parte anche da parte sua) idem, ostacoli a iosa (gli spazi espositivi della città trovati tutti non a norma, Villa Olmo a mezzo servizio e forse meno, la misteriosa gestione delle monete d’oro da parte della Soprintendenza a fare da tappo all’attesissima mostra sul tesoro, un infopoint sciaguratamente scoperto in una sorta di scantinato e, ciliegina fatale, il Covid piazzato proprio in mezzo all’ipotetico momento della verità).

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Certo, lei, di suo, non ha mai dato l’impressione di avere il dono di cavare il sangue dalle rape e la timidezza gentile di fondo ha avuto spesso come effetto di trasmettere una sensazione di incertezza e non padronanza della macchina. Me nelle responsabilità personali, oltre non si può onestamente andare. Dove ha potuto, Gentilini ci ha provato, e – giova ripeterlo – avere una pandemia mondiale per 5 mesi sui 16 a disposizione è questione non da poco per chiunque. Il fatto poi che i colleghi – rigorosamente con voce camuffata – ne parlino pressoché sempre bene, non guasta.

Restano, dunque, i temi di fondo: il primo, a monte e ben oltre le singole persone, riguarda due deleghe apparentemente cruciali come Cultura e Turismo per una città che si candidò a Capitale culturale e che vive in larga parte sul turismo, trattate come due figli di nessuno, due pesi senza valore reale, quasi due scocciature da rimpallare a casaccio ogni tot di mesi. Errore mastodontico: pratico, tecnico, politico, economico e naturalmente di immagine.

Difficile, se non impossibile, che da tre anni così pieni di scuri più che di chiari, ci si possa riprendere (benché miracoli siano sempre ben accetti).

Il secondo – certamente meno incisivo e non nuovo ai meccanismi della politica, ma secondo chi scrive non meno importante – riguarda l’aspetto umano. Trattare chiunque come un pacco postale (pur con un’accondiscendenza dell’interessata, che almeno inizialmente diamo per scontata), come una sorta di cartoccio del latte con una data di scadenza eterna e quotidiana al tempo stesso, facendone una mera pedina per colmare dapprima un vuoto d’emergenza e poi uno scarto da sacrificare ad astruse logiche di un “rimpasto” (peraltro indigesto), togliendo ogni elemento di fiducia e stabilità alla sua azione, non soltanto danneggia l’individuo in questione, la sua credibilità pubblica e i potenziali risultati, ma offusca anche il prestigio del ruolo istituzionale e dunque l’istituzione stessa.

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Non è la prima volta che accade, non sarà l’ultima. Ma di sicuro, se ancora si spera che cittadini e professionisti si accostino a una politica sempre più respingente, beh, questo sembra il peggior biglietto da visita possibile. In più, stavolta è andata bene: Gentilini, con grande stile, mai ha lasciato trasparire pubblicamente un gesto di insofferenza o una pur legittima parola di irritazione. Altre volte è andata e potrebbe andare molto peggio.

Omaggio a “Carola Sempre in Bilico”, dunque, signora che non ha mai perso l’equilibrio. E chissà che magari, alla fine – cacciata ogni tre giorni dalla giunta per far spazio a Forza Italia – non sia lei, per disintegrazione altrui, a restare in piedi fino al termine del viaggio.

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