E’ durissima. Lo è per i lutti, innanzitutto. E, perdonate il brevissimo accenno intimo, li ho sfiorati personalmente nelle ultime ore, e vi dico: non cedete ai complottisti e ai ciarlatani delle dittature, vi prego.
Siamo davanti a una tragedia che stronca esistenze normalissime, che innesca buchi neri nell’anima, che lascia crateri spaventosi di dolore e di solitudine. Immaginate il sorriso delle persona che amate di più e poi cancellatelo con violenza in un attimo, con la punta di un coltello, da una fotografia: fa già male pensarla così, vero? Accade.
Poi, naturalmente, è durissima per chi si è trovato intrappolato nel fango della crisi economica conseguente, un grumo velenoso di sabbie mobili dove ogni pensiero di futuro e serenità è inghiottito, immobilizzato, impoverito fino a spalancare i pensieri più torbidi nella mente.
E ancora: ci sono i ragazzi, con l’anima e il corpo risucchiati da un baricentro luminoso e digitale, una prigione immateriale eppure apparentemente senza uscita proprio quando la vita vorrebbe sgusciare da ogni spiraglio possibile; ci sono i medici, gli infermieri, l’enorme mondo ferito e vestito da marziano che ha curato l’umanità più fragile fin dove possibile, probabilmente spesso anche oltre, sentendo una mano ogni giorno più fredda, una voce ogni giorno più lontana.
Si potrebbe continuare per ore nell’elenco sofferente di chi, per un motivo o per l’altro, legittimamente vorrebbe gridare al cielo tutta la rabbia, la frustrazione, il vuoto in cui un virus ha deciso di far precipitare il mondo da oltre un anno. Eccessi esclusi, è insensato e impensabile criticare a prescindere chi ormai non ce la fa più, chi vorrebbe spezzare queste sbarre, chi recrimina per interi tempi di vita sottratti.
Ma le immagini che pubblichiamo in copertina (una qui sopra, relativa a Lariofiere, di Asst Lariana; l’altra sotto, “rubata” da questo post sull’allestimento a Centro Valle del deputato Alessio Butti) sono forse, se non l’unico, almeno un grande motivo per resistere ancora al cedimento finale, al crollo legittimo della pazienza, allo sfinimento. Alla rabbia cattiva ma onesta che esplode per la sensazione di un’ingiustizia cieca e implacabile che ha falciato sogni, desideri, stabilità, certezze.
Vedere con i propri occhi, poter toccare con mano, avere finalmente prove tangibili che agli angoli della provincia di Como – tutti gli angoli, i casi citati sono soltanto due tra gli altri a Lurate, Mariano, Cernobbio ecc – stanno sorgendo davvero le strutture della speranza, infonde una prima, timida, sensazione di fuga dall’incubo. Fioca, ancora tremolante e inafferrabile, ma si ha la sensazione di un lume in fondo a questo tunnel nero, drammatico e lunghissimo.
Ovunque le vaccinazioni siano riuscite a “correre”, la vita è lentamente ma costantemente tornata a fiorire: nelle vie, nelle piazze, nei bar. Nei cuori e negli occhi, soprattutto.
Bisogna aggrapparsi a questi segnali, per ora. Non c’è molto di più, in attesa che questo appiglio, ancora così minuto, diventi la mano che tirerà fuori tutti noi dal pozzo gelato dove siamo caduti. C’è la Como migliore che sta lavorando senza sosta per farlo, guardate negli occhi i vostri sindaci, i volontari del paese, i medici, gli infermieri, chiunque stia dando una mano senza sosta: diamo loro fiducia ancora una volta.
Ne usciremo.
3 Commenti
La città di Como tutta deve fare un mea culpa su tante scelte sbagliate fatte negli anni..di cui non ultima è stato il sindaco…figura latente sopratutto in questo momento di crisi profonda
Visto il comportamento da “sindaco” ho grossi dubbi sui meriti del personaggio come parte ATTIVA del 118.
Purtroppo il mio Sindaco non lo vedo, non se ne percepisce la presenza, eppure quando l’ho votato, essendo stato lui il coordinatore del 118 a Como, l’ho fatto riponendo la mia speranza in una sua gestione della Città e invece quale delusione più grande di questa…non solo è ai miei occhi un Sindaco assente, ma da uomo di medicina quale è, mi sarei aspettata un intervento di più capace e mirato proprio in questa emergenza sanitaria.