In una lunga intervista concessa alla Gazzetta dello Sport per la rubrica “Classe dirigente”, il direttore sportivo del Como, Carlalberto Ludi, non ha mancato di concedere qualche chicca, oltre a parlare con grande entusiasmo della sua avventura sul Lario e degli obiettivi futuri di squadra e club.
Fabregas
“Cesc (definito in un passaggio che ne sottolineava il coraggio delle scelte tecniche e tattiche come “un illuminato”) ci ha portato a un livello diverso, soprattutto nei termini di come un centro sportivo può essere casa tua. Ora, se io dovessi andare altrove, prenderei uno o due giocatori in meno ma investirei nel centro sportivo”.
La studio dei social dei giocatori
“Per scegliere i giocatori, noi con il team ci troviamo a settembre per fare il punto sul lavoro fatto in estate, a novembre per vedere se serve qualche inserimento non con come nomi ma come ruolo, e poi a dicembre. Analizziamo 7-10 profili per ruolo e poi diamo la valutazione, facciamo un ranking e iniziamo le negoziazioni.
Il giocatore che interessa davvero viene valutato per come si comporta: facciamo una profilazione del giocatore, non bastano solo i feedback e gli amici degli amici. Ci affidiamo a una società per profilare il ragazzo in questione, per indagare attività social e tutto il resto. Non abbiamo mai scartato nessuno per questo, però, al contrario, a volte ci siamo convinti che un calciatore potesse essere giusto nonostante una percezione diversa vedendo le partite”.
Le cose brutte del mercato
“Una cosa che non mi piace del mestiere? Il mercato si può dire? Il mercato nel mondo del calcio è fatto anche da speculatori, dinamiche tossiche, a volte da gente non particolarmente professionale. Ogni tanto mi demotiva”.
Sociologia
“Il mio ruolo da Ds sta cambiando e sta andando in una direzione fantastico. Non si tratta più solo di vedere giocatori, partire, comprarli. Ormai i giocatori li vedono tutti. L’anno scorso mi sono iscritto a Sociologia perché mi serve sempre di più capire cosa accade nelle dinamiche del gruppo”.
Il business e il brand Lago di Como
“Oggi ci sono grande fiducia e grande amore per il Como. L’energia positiva che si trova allo stadio Sinigaglia, mi dicono alcuni colleghi, è difficile da trovare altrove. Però noi non possiamo sviluppare un business del calcio puntando solo sugli 80mila abitanti di Como, che pure sono la nostra anima e non vanno mai dimenticati. Bisogna rivolgersi anche ai 5 milioni di visitatori che vengono ogni anno a Como e sul lago. Abbiamo sfruttato il brand Lake Como per portare il Como 1907 fuori dai confini nazionali. La prossima sfida è legare il turismo a un turismo del calcio”.
L’Europa
“Nel medio-lungo termine sogniamo le competizioni europee, ma per i prossimi 2-3 anni bisogna migliorare rispetto alla posizione dell’anno scorso. Poi nel giro di qualche anno dovresti essere in zona.
Ora andremo sul mercato anche per ascoltare eventuali offerte e non solo per acquistare, si svilupperà la nuova fase del progetto. Noi non saremo mai un top team perché il bacino d’utenza è limitato. Ma saremo il Como, con un’identità forte, un progetto profondo e radicato sul territorio. Non abbiamo la presunzione di paragonarci a Milan, Inter, Juve, noi saremo diversi. E quando ne avremo preso consapevolezza, proveremo anche ad andare oltre”.