Una premessa è doverosa: se è possibile offrire questa testimonianza il merito è innanzitutto di “Como Accoglie”, che ieri sera nel foyer del Teatro Sociale ha organizzato la presentazione del rapporto di Medici Senza Frontiere “Fuori Campo 2018 – Insediamenti informali, marginalità sociale, ostacoli all’accesso alle cure e ai beni essenziali per migranti e rifugiati”.
Parallelamente, sul fronte informativo, altrettanto essenziale, almeno per noi, è il lavoro di Ecoinformazioni che – unica testata locale – ha filmato e pubblicato gli interventi della partecipata serata che ha visto illustrare il rapporto di Msf dal curatore Giuseppe De Mola, la partecipazione di Nello Scavo (giornalista dell’Avvenire attivo nei teatri internazionali di crisi, in particolare nel Nord Africa) e poi gli spunti sulla peculiare situazione comasca di don Giusto Della Valle, Beppe Menafra (Porte Aperte) e Valeria Gabaglio (Osservatorio giuridico per i diritti dei migranti).
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Moltissimi ovviamente gli spunti e le testimonianze, ma un momento è stato davvero particolare ed è coinciso con l’invito fuori programma rivolto dal giornalista Nello Scavo a un giovane medico comasco, Marco Gabaglio, specializzando in anestesia a Varese, e imbarcato proprio sulla nave Aquarius per 3 mesi, da dicembre a marzo. Si tratta esattamente della stessa nave respinta dai porti italiani nei giorni scorsi su ordine del ministro dell’Interno Matteo Salvini e poi approdata in Spagna con 629 migranti a bordo.
Le parole di Gabaglio hanno inevitabilmente prodotto un contrasto fortissimo tra alcune parole pronunciate sempre da Salvini (“La pacchia è finita”, o la definizione di “crociera” del viaggio della Aquarius) nei momenti caldi della chiusura dei porti italiani. Il racconto dei 3 mesi a bordo della nave da parte del medico, infatti, sono state davvero drammatiche.
“Abbiamo vissuto varie situazioni anche molto pesanti, con le motovedette libiche molto aggressive – ha raccontato – Io ero l’unico medico sull’Aquarius, con due infermiere e un’ostetrica. Sulla nave ci si trova con 5-600 persone a bordo, ma si può arrivare anche a 1000. E si riscontrano le patologie più disparate: dall’ipotermia, fino a cose molto più gravi come ustioni fino al 20% causate dalla miscela tra carburante e acqua salata che arriva a sciogliere la pelle dove le persone stanno sedute per ore, oppure casi di Tbc soprattutto in chi proviene dai centri detenzione in Libia. Questi casi si vedono subito perché le persone sono molto debilitate, tossiscono, arrivano a pesare pochissimo”.
“Il 27 gennaio – ha raccontato ancora Gabaglio – abbiamo soccorso un gommone parzialmente sgonfiato. Quel giorno abbiamo rianimato 6 bambini poi tutti in condizioni abbastanza buone al momento del soccorso in elicottero. Poi 3 ragazze in arresto cardiaco, di cui 2 ragazze morte subito e una morta successivamente al soccorso. Capite che 9 arresti cardiaci più i casi di ipotermie, inalazioni, ustioni diventano una cosa complessa da gestire”.
“Poi c’è la normale routine fatta di polmoniti, infezioni della pelle, persone che non si presentano subito e dobbiamo cercare a bordo, scoprendo ad esempio di avere sulla nave 9 diabetici“.
“In quel periodo – ha proseguito il medico comasco – Potevamo ancora attraccare a Pozzallo, Catania, Augusta: in 48-72 ore si arrivava in un porto sicuro. Ora non si può più e non oso immaginare la situazione con più di 600 persone a bordo. In tutto ciò, c’è il mare mosso, la gente che vomita, non mangia, non beve, il tutto moltiplicato per centinaia di persone. Questa è la situazione a bordo”.
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