Si chiuderà certamente la prossima settimana in consiglio comunale a Como il soffertissimo dibattito sul dormitorio cittadino. Architrave del confronto la mozione Maesani-Lissi-Minghetti (prime firmatarie) che chiede all’amministrazione di aprire una struttura permanente per i senzatetto.
Da mesi il dibattito sulla questione ha incardinato buona parte delle polemiche, fuori e dentro il palazzo.
QUI TUTTA LA CRONISTORIA
Così per, per completezza di cronaca, proponiamo in forma integrale l’intervista uscita lo scorso maggio su ComoZero Settimanale (mai pubblicata in forma completa) a Roberto Bernasconi, direttore della Caritas (che, tra le altre cose, gestisce insieme con Como Accoglie il servizio Emergenza Freddo di via Sirtori). Il responsabile è stato netto: “No al dormitorio”. Posizione argomentata, non priva di alternative che ha stupito molti e certamente orientato una parte delle posizioni.
Due fedi all’anulare: una matrimoniale, una di suo padre, Italo. Poi un’altra fe d e , quella che non indossa ma incarna, quella che pratica e rappresenta ogni giorno nell’azione della Caritas, di cui è direttore, e in uscite pubbliche che, spesso, son cazzotti al ventre: la politica accusata più volte di populismo, l’attacco a Salvini sul censimento dei Rom (“Mi fa ribrezzo, lo allontanerei dal genere umano”), il monito di Natale (“Tra vestiti a rate e banchetti Gesù preferisce la sua stalla”).
ECCO L’INTERVISTA:
Diacono, marito, padre, nonno e mani affondate nella vita. Nella vita e nelle pieghe più violente e strazianti del dolore, della miseria.
Povertà, malattia, migrazioni. Roberto Bernasconi e i suoi ne hanno viste passare di storie tra spazi di accoglienza, tendoni, mense, centro migranti, strada.
Insomma, con quella voce un po’ così (densa, profondissima) e quella barba un po’ così (severissima) Bernasconi impressiona poi quando si lascia andare in risate piene, paffute, rotonde, che illuminano occhi furbi. Parliamo? “Oggi non al telefono, se vuoi chiacchierare vieni a trovarmi ”. Va bene.
Siamo nelle settimane in cui ha chiuso Emergenza Freddo, in cui la politica trasversalmente (Lega esclusa) insieme con un ampio movimento civico ha chiesto l’apertura di un dormitorio permanente in città per i senzatetto, mentre decine di persone sono tornate a passare le notti in strada, in particolare sotto i portici dell’ex chiesa di San Francesco .
“La battaglia per il dormitorio non è sbagliata in sé, e ringrazio chi l’ha portata avanti con cuore e credendoci, però deve evolvere, cambiare”, dice Bernasconi.
Cioè sta dicendo no a una struttura permanente in città?
Sto dicendo no.
Ah. Si era colto un distinguo di recente ma è la prima volta che è così chiaro. Spieghi.
La situazione dei senzatetto a Como non è più emergenziale ma strutturata. Il dormitorio è una risposta urgente, eccezionale, mentre in città serve un’accoglienza più ragionata, che porti le persone al reinserimento alla società.
Un’accoglienza di secondo livello.
Esattamente. Un dormitorio costa soldi, obbligherebbe il Comune a un bando. A molta burocrazia. Una nuova struttura si saturerebbe in fretta, attirando altri ospiti potenziali senza offrire nulla più di un letto. Servono percorsi più ragionati.
Quindi?
Quindi la rete diocesana dell’accoglienza già oggi assiste circa 400 persone con estrema professionalità. E’ tempo che chi ha più esperienza di noi ci aiuti a fare il passo ssuccessivo.
Quale?
Inserimento al lavoro, formazione, professionalizzazione cose su cui noi siamo meno esperti.
A chi pensa?
Credo che Sindacati, Confindustria, Artigiani e tutte le categorie produttive oggi debbano esprimere il loro pensiero e entrare in gioco contribuendo concretamente. E’ arrivato il momento di stimolare il sistema economico generale perché si attivi per un cammino comune.
Di recente Caritas e Diocesi hanno contestato apertamente il Decreto Sicurezza. In sintesi avete detto: impossibile continuare con l’accoglienza. Inoltre, i bandi emessi dal ministero dell’Interno tramite le prefetture hanno ridotto drasticamente il sostegno economico.
La cosiddetta rivolta dei prefetti ha sortito qualche effetto. A Varese i bandi sono stati rinviati di tre mesi, restano in vigore i precedenti. E’ un buon segnale, speriamo accada anche a Como. Noi comunque ci impegneremo ancora di più, anche senza soldi pubblici. Certo non per togliere le castagne dal fuoco allo Stato ma perché la nostra è u n’urgenza primaria.
Qualora restasse l’impianto dei bandi voluto da Salvini, cosa accadrebbe?
270 delle 400 persone che seguiamo non avrebbero più assistenza.
Ma voi non siete quelli della Caritas cattivona, che lucra sui 35 euro e gira con le macchine di lusso con sedili trapuntati di ermellino?
(Ride) Forse dovremmo comunicare di più e meglio le nostre attività ma, bisogna capire una cosa: il messaggio evangelico è talmente ovvio che non ci pare speciale quanto facciamo ogni giorno.
Alessandra Locatelli deputato e vicesindaco (all’epoca, oggi è ministro), assessore ai Servizi Sociali (Lega). E’ un vostro interlocutore naturale.
Vuole dirle qualcosa? Noi cristiani siamo convinti che per aiutare non serva guardare fede, colore, cultura o provenienza dell’altro. Quando governi una città dovresti fare lo stesso, tener conto di tutti e del bene comune che è merce rara. Ecco, forse bisognerebbe capire e definire cos’è davvero il bene comune.