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Cernobbio, la rabbia delle mamme di Rovenna: “Bus con pochi posti, i nostri figli spesso lasciati a piedi”

Corse ridotte e mezzi con pochi posti, capienza dimezzata a causa del Covid e ragazzi lasciati spesso a piedi. Questa la situazione che le mamme della frazione cernobbiese di Rovenna, nelle ultime settimane in particolare, stanno vivendo sulla pelle dei propri figli.

Gli studenti, infatti, devono combattere praticamente ogni giorno per trovare un posto sugli autobus di linea che collegano la frazione alle scuole di Cernobbio o di Como. Frazione che, dopo la frana del novembre 2019, aveva già subìto parecchi disagi per il collegamento con il resto del paese.

“I problemi c’erano già prima, sia per gli orari sia per la frequenza – ci racconta Paola Gonella, mamma e volontaria accompagnatrice sui mezzi – ma ora sono ancora di più a causa delle restrizioni per il Covid. I ragazzi delle scuole sono tanti, tra elementari medie e superiori, e faticano a starci tutti visto che la capienza sugli autobus è ridotta”.

In questo momento è in servizio un pullman con venti posti che sono però dimezzati, per via delle restrizioni in vigore. Così, su ogni corsa possono salire solamente dieci persone. E, in più, gli alunni devono sgomitare anche contro gli altri utenti del servizio: la corriera è infatti pubblica, per questo molti ragazzi spesso rimangono “a piedi” già alle prime fermate di Rovenna.

“Come genitori avevamo chiesto al Comune di dare la priorità agli studenti – aggiunge Paola – ma ci hanno risposto che non era possibile, essendo un autobus di linea. Il problema è che già alle prime fermate, al mattino, salgono magari 8 studenti a cui si aggiunge l’accompagnatore e poi altri ragazzi o residenti lungo il percorso. Nelle fermate successive ci sono altri bambini che hanno bisogno di prendere il bus, ma spesso non possono salire perché non c’è più posto. E il problema si presenta anche al ritorno, per le corse delle 14 o delle 16”.

Così i genitori, armandosi di buona volontà e dovendo giustificare eventuali ritardi al lavoro, sono costretti a prendere l’auto e portare i propri pargoli direttamente a scuola – o andare a riprenderli dopo le lezioni. Non usufruendo di un abbonamento che, di fatto, viene pagato nonostante i disservizi.

Un esempio concreto viene riportato da un’altra mamma, Mascia Bernasconi: “La settimana scorsa, mia figlia è uscita da scuola – ci spiega – e stava per salire sul bus ma gli ultimi tre ragazzi della fila sono rimasti a piedi. Pioveva, i bambini hanno zaini pesantissimi e quindi non è pensabile che facciano 4 chilometri a piedi in salita per tornare a casa. Fortunatamente quel giorno sono riuscita a contattare mio marito che ha perso mezza giornata di lavoro per andare a prendere la bimba, anche perché il mezzo successivo è un’ora dopo”.

E aggiunge: “Abbiamo chiesto direttamente all’autista cosa fosse successo, ci ha risposto che è un problema comunale. Io ero molto arrabbiata per mia figlia che comunque frequenta le scuole medie, ma se fosse successo a una persona anziana o a un bambino più piccolo? Non possono fare la lotta per salire sul bus, io non ho insegnato a mia figlia a sgomitare per trovare un posto sui mezzi. In più, paghiamo un abbonamento e spesso non possiamo usarlo”.

Ancora, una terza mamma – che preferisce restare anonima – ha visto il proprio figlio rimanere a piedi, ignorato dall’autista che non si è nemmeno fermato.

“Ho lasciato mio figlio alla fermata del bus vicino a casa – racconta – e poi dalla finestra ho controllato che salisse sul bus. L’autista, però, è passato senza nemmeno fermarsi per caricarlo o spiegare che non c’era più posto. Capisco le restrizioni e tutte le problematiche che ne derivano, ma non mi è sembrato giusto che l’autista si sia comportato così. Avrebbe almeno potuto accertarsi che ci fosse un adulto lì col bambino”.

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