In queste settimane abbiamo raccontato quanto accade in Piazza De Gasperi. Vicenda antica che vede la contesa tra un residente e gli esercenti. Perno delle tensioni la movida con relativo rumore notturno. Il braccio di ferro dura da anni e domani approderà in tribunale.
Dopo giorni di cautela il residente ha deciso di offrire il proprio punto di vista. Lo fa in forma di missiva. Parole che abbiamo deciso di pubblicare integralmente rispettando una richiesta iniziale, l’anonimato, “a tutela dei miei figli” spiega l’uomo. Un documento molto lungo, una cronistoria che incrocia una vicenda familiare e giudiziaria dove il Palazzo di Giustizia è soltanto l’ultimo, e non ultimo plausibilmente, passaggio.
Ecco la lettera:
“In questi giorni sono stato dipinto come una persona intollerante, un “residente uterino” che pretenderebbe d’impedire a chiunque di godere di un’intera piazza, contro “l’interesse collettivo”.
Quando acquistai casa in piazza De Gasperi, quindici anni fa, sobbarcandomi un gravoso mutuo, in loco esistevano un solo ristorante (la “Terrazza Perlasca”) ed un parcheggio: nessun problema di rumore.
Sei anni dopo, nel 2009 aprì un wine bar che offriva un “intrattenimento musicale” anche all’esterno del locale fino a notte fonda (le tre di notte); cominciarono i problemi della mia famiglia (e dei residenti, i quali non mancano di comunicarmi la loro solidarietà, senza peraltro scoprirsi. Ora, ne comprendo la ragione, considerato il clima di linciaggio scatenato in mio confronto).
Nel 2012 chiesi al Comune di verificare il clima acustico; l’Amministrazione comunale incaricò ARPA Lombardia, che nel settembre 2012 documentava immissioni acustiche provenienti dagli esercizi pubblici attivi nella piazza sino a 65 decibel: un livello oggettivamente altissimo, se si considera che la legge fissa un limite assoluto di 45 decibel per le aree residenziali nelle ore notturne.
L’anno successivo (2013), invece di affrontare il problema, il Comune pose mano all’assetto della piazza per realizzare il plateatico, che subito venne dato in concessione temporanea agli esercenti, ignorando del tutto le mie osservazioni depositate in precedenza e per l’occasione.
Preciso che non mi sono mai opposto alle proposte di modifica della destinazione d’uso della piazza, se effettuato nel rispetto delle regole.
Gli effetti di quella che era divenuta una sorta di discoteca all’aperto peggiorarono di molto, e continuai a segnalare anche per iscritto il mio disagio al Comune, senza peraltro ottenere alcun riscontro.
Che non si trattasse di un “uzzolo uterino” lo conferma una relazione della Polizia locale del Comune, stilata nel settembre del 2015 che, nel descrivere l’evoluzione della situazione dal 2012 al 2015, dice alla lettera: “a ben vedere, in termini di impatto acustico delle citate attività la situazione è oggi verosimilmente peggiorata, atteso che in occasione dell’indagine di allora [quella di ARPA nel 2012 – ndr] non vi erano plateatici esterni”.
Le mie lamentele furono del tutto ignorate, così che non mi restò se non rivolgermi al Tribunale di Como: era il dicembre del 2015. Gli esercenti sono perfettamente al corrente della gravità della questione sin d’allora; sono trascorsi anni, ma nulla è cambiato. Nel corso della causa ho persino formulato una proposta conciliativa, ma la vecchia Amministrazione comunale non vi aderì, per motivi che non conosco.
Ora il consulente tecnico nominato dal Tribunale ha confermato che le immissioni acustiche provenienti dal plateatico superano i livelli di attenzione e possono arrecare seri danni alla salute mia e dei miei familiari.
Le conclusioni del perito del Tribunale hanno condotto l’Amministrazione attuale a una valutazione più ponderata della situazione di piazza De Gasperi, culminata nell’avvio di un doveroso procedimento per l’eventuale revoca delle concessioni di occupazione temporanea di suolo pubblico.
Non fosse mai stato. Gli esercenti si atteggiano a vittime di un’Amministrazione insensata, che non si cura degli interessi dei cittadini (in realtà i loro personali), e invocano il soccorso di politici confinati all’opposizione dagli elettori e di ex assessori dell’effimero, vellicando nel contempo i componenti più corporativisti delle associazioni di categoria (qualcuno ha invocato persino una class action…).
Vi è stato un tentativo di ribaltare la realtà, descrivendomi come il soggetto che da solo vuole condizionare la vita di una piazza se non della città intera: in verità è una famiglia, titolare in modo diretto ed indiretto, di circa 3/4 delle concessioni della piazza, che ritiene di avere acquisito un diritto perpetuo e senza limiti, che preclude l’utilizzo dello spazio ai cittadini ed ai turisti, riservandolo ai soli clienti (circa 300 posti a sedere, numero superiore a quello dei posti occupati dai tifosi allo stadio per le partite del Como).
I documenti dimostrano che, se vi furono errori da parte del Comune (e ve ne furono senza dubbio), questi allignano nelle decisioni assunte in passato, non certo nel procedimento appena avviato.
La sbandierata preoccupazione per la sorte dei lavoratori suona speciosa e strumentale, irrispettosa verso gli stessi, perfino ai lettori di più pronta contentatura.
La piazza quindi, occupata per intero dai tavolini degli esercizi, e così negata a tutti i cittadini e turisti non avventori paganti, che ne sono di fatto esclusi, è divenuta in virtù di concessioni temporanee prorogate di due mesi in due mesi per anni … proprietà di pochissimi esercenti, i quali ne fruiscono nell’interesse unico delle proprie scarselle, senza curarsi dei diritti altrui.
Facciano pure valere il loro diritto di iniziativa economica (di rango inferiore aI diritto alla salute), ma in tribunale e non sui fogli dei giornali; contendano in aula con il ministero dei loro avvocati, senza usare però il personale dipendente come schermo, senza propinare la contiguità di personaggi in cerca di visibilità e di scarsa presa.
Incrementino pure i loro affari, senza gabellarli per interessi dei lavoratori o dei cittadini, ma si tenga conto del diritto alla salute dei miei cari e mia.
Forse per la nuova amministrazione è l’occasione per riprogettare l’intera piazza, se non l’intera zona di viale Geno, con un concorso di idee che perseguano l’obbiettivo di valorizzare il luogo al servizio di tutti, turisti, esercenti e residenti, senza vessazione alcuna, nel rispetto rigoroso di tutte le leggi, in primis quelle sulla salute.
6 Commenti
“Quando acquistai casa in piazza De Gasperi, quindici anni fa (nota: nel 2003…), in loco esistevano un solo ristorante (la “Terrazza Perlasca”) ed un parcheggio: nessun problema di rumore”
Giorgio V., cosa non ti è chiaro in questa frase ???
Chi compra una casa in una piazza come quella sa benissimo cosa deve affrontare. E allora, secondo il ragionamento del residente, chiudiamo i Navigli a Milano o mille altre piazze d’Italia? Solo a Como succedono queste vergogne, ci faccia il piacere e metta i doppi vetri.
Anonimo ??? Peccato che la Provincia abbia pubblicato il nome…
Il problema si ripete tutte le estati nelle piazze con locali pubblici della città, ad una certa ora gli esercizi chiudono i gestori se ne vanno e gli incivili si impossessano di sedie e tavolini e continuano la festa fino alle prime ore del mattino,inutile chiamare le forze dell’ordine nelle ore notturne sempre impegnate in altri interventi….
D’accordo su tutto (tranne il concorso di idee). Prima di tutto il rispetto della salute delle persone e della qualità degli spazi urbani. Il gran baccano che esce dalle vetrine aperte e inonda la piazza è veramente insopportabile. Non si tratta di chiudere gli esercizi, ma di farli funzionare nel rispetto delle regole, ne guadagnerà tutta la città, anche quella turistica.
Assolutamente pertinente e puntuale! Io sono pronto a schierarmi al fianco dei residenti forse è’ il caso che si inizi a pensare di insegnare ai gestori e ai loro rappresentanti di categoria, un po’ di senso civico! avanti sig. Anonimo non è’ assolutamente solo, mettiamo alla gogna gli incivili una volta per tutte!