Lunedì è previsto l’abbattimento dei ciliegi di via XX Settembre a Como. Una decisione che sta generando, dopo l’analoga operazione effettua ai giardini a Lago, preoccupazione crescente e polemiche infinite. Oltre a una petizione e a una iniziativa singolare.
Partendo da qui, ecco che incuriosisce la “chiamata su Facebook di Anna Veronelli, presidente uscente del Conservatorio di Como, a un gesto di protesta. “Io mi incateno ai ciliegi lunedì, chi viene con me? Pessime condizioni!!!! Ma li avete visti tutti fioriti ad aprile, oppure li ho visti solo io? Si chiama via dei ciliegi e l’agronomo ci metti i peri?”.
E proprio per lunedì è stato anche organizzato un Sit in di protesta.

Intanto è partita anche una petizione (questo l’indirizzo dove poter firmare), sempre per opporsi all’abbattimento.
Nelle motivazione si legge che “il 17 novembre 2025 il Comune ha programmato la rimozione dei ciliegi di Via XX Settembre. Questi alberi non sono semplici elementi di arredo urbano: rappresentano bellezza, identità e memoria collettiva per tutta la città. Per questo chiediamo al Comune una misura minima ma fondamentale: richiedere almeno tre pareri indipendenti da professionisti qualificati, prima di prendere una decisione irreversibile. La decisione di rimuovere questi alberi deve essere ponderata con estrema attenzione. Pur non essendo agronomi, come cittadini di Como abbiamo occhi per riconoscere il valore e la bellezza che questi ciliegi portano alla città. Chiediamo quindi un riesame del piano di rimozione, coinvolgendo ulteriori specialisti. Perché se in Giappone un ciliegio si ammala, non lo sostituiscono certo con un pero”. La promotrice dell’iniziativa è Nadia Fusetti.
Questa modalita è politicamente deprecabile e chiediamo al Sindaco una sospensiva urgente almeno per esser ascoltati e proporre una alternativa . Esiste però anche un altro aspetto gravedi natura tecnica sul modus operandi sugli agronomi e dirigenti responsabili che approfondiremo :
1)anzitutto l’idea – ormai superata in tutta Europa – che i viali cittadini debbano essere “tutti uguali”: alberi identici, stessa specie, stessa età, stesso impatto visivo.
Un’impostazione a dir poco dilettantesca che non tiene conto del mondo reale: la natura è diversità, e oggi più che mai la resilienza degli ecosistemi urbani dipende proprio dalla varietà delle specie.
L’esperienza recente del Trentino(aver investito sulla più conveniente monocoltura abete rosso creando boschi fragili e poco resilienti). ce lo ha insegnato con forza, e le grandi città europee lo mostrano ogni giorno: a Londra i viali alternano specie diverse, con alberi anche molto differenti per forma, fioriture e comportamento. Nessuno grida allo scandalo.Per questo motivo desta sorpresa – e preoccupazione – la scelta di procedere a un abbattimento massivo che coinvolgerà anche alberi ancora sani, per sostituirli con un’unica specie: il Pyrus Chanticleer. Una pianta bella e resistente, certo, ma comunque soggetta ai limiti di qualunque monocultura. E in un’epoca di crisi climatica, vento forte, stress idrico e malattie emergenti, puntare tutto su un’unica specie non è una scelta lungimirante.
2)Va ricordato che in via XX Settembre esistono alberi che stanno bene e altri che non ce la fanno più. Le difficoltà degli esemplari malati derivano soprattutto da problemi strutturali mai affrontati: spazi di impianto ridotti, urti di auto, terreno compattato. In molte zone della città si continua a piantare alberi in secchielli di terra, costringendo le radici e riducendo drasticamente la vita delle piante. Se non si interviene su queste condizioni, anche i nuovi alberi saranno destinati ad ammalarsi presto.
Gli agronomi valutano la stabilità e la salute delle singole piante. Ma il problema vero di chi ha responsabilità dirigenziali è urbanistico, riguarda la qualità dello spazio pubblico e il modo in cui la città decide di rigenerare il proprio verde.
Per questo un rinnovo degli alberi a fine ciclo è corretto, anzi necessario. Ma deve essere fatto solo quando serve, con criteri chiari, all’interno di progetto moderno e lungimirante, con un coinvolgimento reale della popolazione.
Si tratta poi di alberi che caratterizzano la via XX Settembre da almeno 50 anni e lo sfregio non e’ solo ambientale, ma culturale e identitario
Chiediamo quindi al Comune di Como:
-anzitutto una sospensiva urgente , anche breve , per poter esser ascoltati
– la trasparenza integrale sui pareri agronomici e sulle motivazioni dell’intervento;
– la rinuncia agli abbattimenti non necessari;
e quindi
– un piano per il verde urbano, che tenga conto della diversità delle specie, delle condizioni reali di impianto , delle esigenze climatiche di oggi e di una migliore manutenzione delle piante di Como
Sul tema interviene anche Nova Como:
La questione è più profonda di quanto possa sembrare. Sostituire un ciliegio con un pero non è una semplice decisione tecnica. È un segnale. È la fotografia di una città amministrata senza visione, senza identità e senza futuro. Il 17 novembre 2025 il Comune di Como ha programmato la rimozione dei ciliegi di via XX Settembre. E lo fa con lo stesso metodo che ormai conosciamo fin troppo bene: una sola perizia, nessun confronto, nessuna alternativa concreta. È il copione stanco di un’amministrazione che non ascolta, non coinvolge, non progetta. Un’amministrazione che, invece di costruire, rimuove; invece di dialogare, chiude; invece di valorizzare, cancella.
Il ciliegio non è un albero qualunque. Nelle culture di mezzo mondo è un simbolo di bellezza, di rinascita, di delicatezza che merita cura. Le sue fioriture brevi e spettacolari diventano ogni anno parte della memoria collettiva: rappresentano identità, tradizione, riconoscibilità. In città, i ciliegi sono uno dei pochi elementi capaci ancora di emozionare, di fermare uno sguardo, di appartenere davvero a un luogo.
Il pero, invece, è un’altra cosa. È un albero agricolo, funzionale, ordinario. Non ha risonanza simbolica, non costruisce identità, non porta con sé storia o memoria. È l’albero dell’utilità, non della bellezza. È un sostituto neutro, un segnaposto. È l’assenza della visione. Ecco perché questa scelta pesa così tanto: perché, senza forse neppure accorgersene, si sta trasformando un simbolo in un oggetto qualunque.
Si sta scambiando la cultura con la neutralità, la tradizione con la sostituzione, la bellezza con l’ordinario. Si sta togliendo qualcosa che appartiene alla città per rimpiazzarla con qualcosa che non le parla affatto. Questa vicenda non è un caso isolato. La tecnica è sempre la stessa: tagliare e vedere l’effetto che fa. Senza una consultazione, senza una strategia complessiva, senza una visione di insieme. E soprattutto senza alcun rispetto per ciò che la città è e rappresenta.
Non stiamo chiedendo l’impossibile. Stiamo chiedendo ciò che in qualunque amministrazione normale sarebbe ovvio: acquisire più pareri indipendenti prima di procedere con un abbattimento irreversibile. Non un solo documento considerato intoccabile. Non una decisione confezionata e presentata come inevitabile. Como merita molto più delle scorciatoie. Merita scelte ponderate, motivate, condivise. Merita attenzione e responsabilità.
In Giappone, dove i ciliegi sono considerati un patrimonio culturale, nessuno si sognerebbe di sostituirli con un pero. Si studiano le criticità, si interviene con competenza, si preserva ciò che ha valore. A Como, invece, si preferisce rinunciare ai simboli e piantare l’irrilevanza. Bloccare questo intervento non significa creare conflitto o fare polemica sterile. Significa avere rispetto per la città e per la sua identità. Perché, continuando così, non perderemo soltanto dei ciliegi. Rischiamo di perdere, pezzo dopo pezzo, il senso stesso di cosa significhi essere cittadini di questa meravigliosa città.