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Crisi sempre più profonda per il gruppo tessile di Como e Varese. “Oltre 300 famiglie a rischio, stipendi bloccati”

Il gruppo tessile Imprima, realtà italiana attiva nella stampa tessile con due stabilimenti produttivi a Lonate Pozzolo (VA) e Bulgarograsso (CO), e due unità di conversione a Cantù (B- Blosson e Guarisco) e Fiano Romano (S.E.T.), sta attraversando una profonda crisi (ne parlavamo qui).

Le difficoltà attuali mettono a rischio l’occupazione di oltre 300 famiglie.

E ancora una volta, dopo diversi presidi e manifestazioni all’esterno degli stabilimenti, arriva l’appello dei sindacati:

La situazione, lungi dal stabilizzarsi, continua purtroppo a peggiorare. Dopo il grave epilogo della trasformazione della Cassa Integrazione Straordinaria per crisi in Cassa Integrazione Straordinaria per cessazione di attività, l’azienda prosegue nella gestione caotica e disorganizzata degli adempimenti necessari, riversando sulle lavoratrici e sui lavoratori ulteriori e inaccettabili difficoltà.

Nonostante l’intervento del Tribunale di Milano, che ha nominato una Commissaria a tutela della procedura, nulla è cambiato. Ancora una volta la gestione operativa è stata di fatto lasciata alle medesime mani che stanno dimostrando totale mancanza di responsabilità sociale. Le conseguenze sono evidenti: gli obblighi verso i lavoratori vengono sistematicamente disattesi, senza alcun segno di miglioramento.

Ogni mese l’azienda è tenuta a trasmettere all’INPS i cedolini e/o le ore utili al pagamento diretto della prestazione di integrazione salariale. Un’attività indispensabile e imprescindibile per garantire la continuità economica delle famiglie coinvolte. Eppure, anche questa semplice operazione non viene effettuata nei tempi corretti: i lavoratori attendono ancora il pagamento del mese di settembre (alcuni da agosto, altri da luglio!) e, di conseguenza, restano bloccati anche i mesi successivi.

Ci chiediamo se chi gestisce questa azienda – e oggi anche chi dovrebbe vigilare su di essa – abbia la minima consapevolezza di cosa significhi non avere uno stipendio a fine mese. Se comprendano che ritardi di questo tipo generano drammi reali: affitti e mutui da pagare, bollette che scadono, rate e finanziamenti che si accumulano, figli da mantenere, spese essenziali che non possono essere rinviate.

Questa non è “burocrazia”: è la dignità delle persone. È il diritto al sostentamento di famiglie che stanno pagando le conseguenze di una gestione aziendale altamente discutibile.

Pretendiamo che l’azienda adempia immediatamente ai propri obblighi e che la Commissaria eserciti pienamente il proprio ruolo di garanzia. Ogni ulteriore ritardo sarà considerato un atto deliberato contro i lavoratori.

La pazienza è finita.
Il rispetto non si può rimandare.
I lavoratori meritano risposte immediate e fatti concreti.

Filctem Cgil Como, Cinzia Francescucci
Filctem Cgil Varese, Carlo Dovico
Femca Cisl dei Laghi, Antonio Monsurrò

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