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Denuncia di razzismo sul bus. Mamma Paola non molla: “Tutto vero. La vendetta non serve, la giustizia sì”

Ha decisamente segnato il tempo delle cronache cittadine la storia della 15enne cui (racconta la madre che ieri ha anche sporto denuncia in Questura) un autista del bus avrebbe chiesto la Carta di Identità in ragione della pelle scura.

Abbiamo raccontato:

1 – L’autista del bus alla giovane: “Sei italiana? Voglio i documenti”. La madre: “Razzismo vergognoso” 

2 – Denuncia di razzismo su un bus, Asf: “Indagine interna. Noi contro ogni discriminazione” 

3  – Razzismo sull’autobus a Como, Currò (M5S): “L’autista si faccia avanti e chieda scusa” 

4 – Discriminazione sul bus. De Santis (FdI): “Gli autisti spietati razzisti? Non ci sto”

Fatalmente l’episodio ha scatenato un dibattito gigantesco fuori ma soprattutto dentro la Rete.

Così la madre, Paola Minussi, è intervenuta in queste ore con un lungo scritto dove ringrazia, precisa, risponde e ribadisce: “L’episodio è purtroppo (ahinoi) vero”.

Riportiamo integralmente l’intervento mentre sul numero di ComoZero Settimanale (in distribuzione da oggi) troverete un’ampia intervista.

ECCO QUANTO SCRIVE:

È stata una settimana faticosa, lo ammetto.
Non era così che mi ero immaginata (e che mi ero augurata) questo inizio d’anno. I miei propositi per me e i miei figli – e anche per tutti noi – erano diversi. Ma tant’è.

E allora, a questo punto, ci tengo a precisare un paio di cose, anche per rispondere alle migliaia di commenti al mio post di martedì.
L’ episodio è purtroppo (ahinoi) vero.

Al racconto qui su facebook è seguita una formale denuncia alle autorità.

Ebbene sì, si possono fare entrambe le cose: raccontare e denunciare. L’ una non esclude l’altra, anzi, si completano a vicenda.
Altra questione che ha suscitato un ampio dibattito: il personale di guida non è autorizzato a chiedere la carta d’identità di chi sale a bordo di un bus se non nel caso in cui ci siano ragionevoli dubbi che l’abbonamento presentato come titolo di viaggio non sia effettivamente di chi lo esibisce e la foto sul documento sia diversa da quella di chi lo mostra.

Ph: Alle Bonicalzi

E questo non era proprio il caso.
Qui non si vuole condannare un’intera categoria ma ricercare e sanzionare la persona che ha agito in questo modo.
La vendetta non serve a nessuno, la giustizia sì.

Detto questo volevo ringraziare di cuore chi ha mostrato a me e alla mia famiglia affetto e sostegno. Siete stati davvero tantissim*, e lo avete fatto sia pubblicamente sia in privato, con messaggi davvero commoventi.

Qui desidero citarne uno in particolare, che mi è arrivato al termine di una giornata molto pesante e che mi ha dato conferma di quanto sia importante parlare, raccontare cosa ci succede e denunciare ogni episodio di sopraffazione, arroganza e ignoranza.

Ecco, mi scrive Naty Jo:

“Leggendo le sue parole mi sento meno sola, meno sola in questa società composta da persone superficiali, altezzose, che si sentono superiori ad altre solo per aver avuto la fortuna di essere nate dalla parte fortuna, da quella dove oggi si vive bene e non si è più costretti ad abbandonare per vari motivi quali possono essere le guerre, la povertà o in primis la sicurezza di poter SOLO vivere!

Sono nata in Centro America ma sono arrivata qui all’età di 10 anni quindi non mi sono mai sentita diversa… “STRANIERA” fino al giorni in cui ho sposato un uomo originario della Repubblica Dominicana, abbiamo avuto due figli entrambi con un meraviglioso color pelle ambrata!

Un colore a parer mio meraviglioso, ma che per molti è simbolo di diversità, e me ne sono resa conto subito! Non trovo giusto dover spiegare a mio figlio che essendo nato qui, alla domanda “di dove sei” risponde: “sono italiano” dovrà giustificare, a qualcuno che i suoi tratti sono dovuti all’origine dei suoi genitori. Io sono cresciuta qui è non mi sento straniera, non è un foglio di carta con scritto il luogo di nascita ad identificare le persone ma la cultura del paese dove sono cresciute. Perché dovremmo spiegare ai nostri figli che nella loro vita troveranno persone ignoranti che li collocheranno di seconda scelta perché di origini straniere? Perché metterli al corrente di tanta ignoranza? Non lo trovo giusto!
Mi fa molto piacere che lei si faccia portavoce di questo argomento che sta diventando seriamente pesante!
UN GRAZIE DA TUTTI NOI!
Grazie a te Naty Jo, insieme possiamo davvero fare la differenza.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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7 Commenti

  1. Gentile “Libero” qui di “lecito dubbio” c’è solo quello relativo alla sua capacità di comprendere un testo scritto in italiano corrente. Cari saluti.

  2. Sono nero, e sono abbastanza preoccupato e deluso di questo clima in Italia verso le minoranze visibili. Mi spiace signora, ma è un problema nazionale e l’Italia rispetto alla Francia, Gran Bretagna o Stati Uniti le persone nere sono più discriminati. Purtroppo gli italiani non sono abituati alla diversità, Io continuerò a lottare per il rispetto e l’unione sociale delle persone nere che da sempre subiscono razzismo o discriminazione. Ma se nei prossimi 20 o 30 anni la situazione non cambia in Italia, il mio consiglio è andare via da questa italia provinciale…ad andare in Francia, Gran Bretagna o negli Stati Uniti ( paesi più abituati alla comunità nera e quindi meno discriminazione o razzismo). là ho notato un’altra cosa, una persona nera è vista in un altro modo rispetto 50/60 anni fa, e l’Italia non vuole cambiare questa mentalità ignorante verso i neri.

  3. Se mia figlia fosse stata coinvolta in un episodio simile avrei fatto subito denuncia presso le autorità competenti il fatto che la mamma in questione preferisca Facebook ai carabinieri mi fa sorgere qualche lecito dubbio….

    1. Se avesse letto meglio e tutto avrebbe visto che la denuncia è stata fatta eccome. Inoltre è scattata un indagine all’interno della società di trasporti per capire chi sia stato. Ma ovviamente leggere fino in fondo tutto è troppo difficile meglio sempre fermarsi solo al titolo…

  4. Piena solidarietà a chi è discriminato per il colore della pelle. Se noi italiani venissimo catalogati ” visi pallidi “, come in effetti siamo, come ci sentiremmo?

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