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E al terzo piano industriale di Acinque, la Ticosa sparì dai documenti. Ma (finalmente) parla la società

C’era (anzi, non c’era) una sorpresa nel ponderoso piano industriale approvato lo scorso mese di novembre da Acinque per il periodo 2026-2023. E quella sorpresa è un’assenza che per la città di Como fa un po’ di rumore: la Ticosa. O, per essere più precisi, il progetto che la stessa Acinque presentò in Comune nel gennaio 2024 per fare dell’area tra via Grandi e viale Roosevelt un maxi parcheggio da circa 1000 posti con copertura fotovoltaica. Ma perché desta un minimo di attenzione la mancata presenza di un qualsiasi accenno preciso alla Ticosa, in un documento che pure ha una massa enorme di dati, elementi e investimenti per il prossimo futuro? Soprattutto perché nei due Piani industriali precedenti, quel progetto c’era.

Nel paragrafo del documento 2024-2028 dedicato alla voce Efficienza energetica, ad esempio, i progetti espressamente citati erano:
– Riqualificazione edifici e spazi pubblici
Riqualificazione parcheggio area ex Ticosa
– Riqualificazione sedi Gruppo
– Sviluppo Comunità Energetiche

Stessa cosa, nel Piano industriale messo a punto da Acinque per il periodo 2025-2029. Qui addirittura la voce Ticosa figurava sotto la scritta “pilastri strategici” sempre della voce generale “Efficienza energetica”, nel gruppo che segue:
– Riqualificazione edifici e spazi pubblici
Riqualificazione parcheggio area ex Ticosa
– Riqualificazione sedi Gruppo
– Sviluppo Comunità Energetiche

E invece, nel Piano 2026-2035, del progetto per l’area su cui sorgeva l’ex tintostamperia di Como, non vi è traccia. Vengono riportati solo questi interventi:
– Riqualificazione edifici e infrastrutture pubbliche
– Rigenerazione urbana e riqualificazione energetica degli edifici pubblici e residenziali
– Messa in sicurezza e ammodernamento delle infrastrutture scolastiche e sociali
– Soluzioni integrate per efficienza energetica e gestione acqua/rifiuti

La Ticosa è dunque sparita dall’orizzonte della società? Non proprio. Ma forse, a distanza di 23 mesi, la clamorosa lentezza con cui a Palazzo Cernezzi è avanzata la pratica, ha scremato un po’ l’urgenza dell’intervento per Acinque (almeno sul breve periodo).

A frenare la corsa, già pochi mesi dopo la celebre conferenza stampa, fu innanzitutto la scoperta da parte del Comune che il piano economico-finanziario presentato in grande spolvero, in realtà non stava in piedi. E così Palazzo Cernezzi, già ad aprile 2024, chiese formalmente alla società di rivedere i conti, sbilanciati in maniera clamorosa a favore della stessa Acinque (qui avevamo spiegato perché: “Per due terzi paga il pubblico, per 30 anni incassa il privato: i conti del progetto Ticosa, a oggi“). Dell’esito di quella revisione, però, finora non si è mai avuta una traccia palpabile. E qui si inserisce il secondo macigno che finora ha rallentato la pratica. Ossia, il tema eterno della bonifica della Cella 3, l’ultima parte del terreno ancora contaminata da inquinanti (amianto incluso).

Su questo fronte, sarà decisiva la risposta del Ministero della Salute, a cui Palazzo Cernezzi si è rivolto, per avere lumi sulla strada migliore ed economicamente più sostenibile da intraprendere (spendere fino a 12 milioni per pulire definitivamente l’area oppure prendere altre strade meno costose e più rapide, ma senza risolvere alla radice e per sempre il problema?). Attorno a questo dilemma – e alle indicazioni attese da Roma – sta lo scoglio da superare per avviare la bonifica e tradurre poi in pratica il progetto. Non dovrebbe mancare molto al giorno della verità, visto che il sindaco ancora poche settimane dichiarò di attendersi un parere dal Ministero entro fine 2025. Dovremmo esserci insomma, ma intanto sono passati due anni dagli annunci e nella spianata è ricresciuto il bosco.

Finalmente, però, dietro espressa richiesta, sul caso Ticosa (e sull’assenza nei documenti) arrivano le prime parole dopo tempo immemore di Acinque: “Nel Piano Industriale 2026-2035 il Gruppo Acinque conferma l’impegno economico per il progetto di rigenerazione dell’area Ticosa, andando in continuità rispetto ai due piani precedenti – dicono dalla società – L’assenza di una citazione esplicita nel documento di presentazione (di questo progetto come di altri già individuati in precedenza) è esclusivamente correlata al fatto che, nel primo piano di durata decennale, l’azienda ha voluto dare evidenza delle principali novità di business”. Tradotto: noi avremmo anche tutto pronto nel cassetto, ma quando (e se aprirlo) ce lo deve dire il Comune. La palla che scotta, insomma, è nelle mani di Palazzo Cernezzi. Con un orecchio teso verso Roma. Per le ruspe, bisogna aspettare.

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