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Fra’ Teotimo d’Arabia. Messe segrete e arresti sfuggiti: “Salvato dalla provvidenza” (Vestita da 007)

Padre Teotimo Rondi della parrocchia di San Giuseppe di Como, quando deve chiedere conferma se qualcosa va bene o meno usa l’inglese: “Alright?”. Quando il frate cappuccino deve ringraziare, invece, usa l’arabo: “Shukran kathiran”, grazie mille. Intercalare raccolti in giro per il mondo.

Quando, nella chiesa di cui è vicario parrocchiale, tiene il rosario e la messa, annota in cifre minute un numero progressivo con cui tiene il conto di quante funzioni ha celebrato.

Nel 2019, a 95 anni, sono più di 40mila. Quella di Teotimo è una vita lunga “che il signore mi ha concesso ma ormai agli sgoccioli” dice scherzando. Ma l’esistenza di provincia è solo l’ultimo capitolo di una storia che nulla ha da invidiare a un romanzo d’avventura.

Molte delle funzioni annotate ordinatamente nei suoi taccuini sono state infatti tenute nei luoghi più pericolosi dell’Africa e del Medio Oriente per un cristiano.

“Dopo la fine della mia formazione – racconta Teotimo, ripescando tra i ricordi – mi hanno chiesto di diventare missionario”. Finita la Seconda guerra mondiale, violenti spasmi di guerra e rivoluzione attraversavano le ex colonie europee, dove a Padre Teotimo fu richiesto di spostarsi armato solo della propria fede.

“Mi mandarono in Eritrea, nel 1952, al divampare dei primi moti che dieci anni dopo sarebbero sfociati nella guerra d’indipendenza contro l’Etiopia – racconta il frate che in Africa rimase poi per 19 anni – il mio dovere era insegnare nelle scuole italiane e aiutare i figli meticci di italiani ed eritree, ragazzi discriminati in quanto progenie degli invasori coloniali. Era un momento difficile per essere un Cristiano”.

Teotimo non sapeva che negli anni successivi avrebbe dovuto imbarcarsi in un’avventura ancora più pericolosa: “Mi chiesero di andare in Arabia Saudita nel 1977”.

Il Regno di Al Sa’ud, negli anni settanta, nonostante i rapporti con l’Occidente, impediva la professione di alcuna altra fede se non l’Islam sunnita. Ma la numerosa comunità straniera di soldati americani e lavoratori spagnoli, francesi e italiani aveva bisogno di un sacerdote.

“Imparai l’arabo e mi infiltrai nel Paese con un visto di lavoro sponsorizzato dagli americani – spiega l’anziano frate – dopo una settimana insegnavo religione nelle scuole italiane. Tenevo messa in inglese, francese, spagnolo, italiano, a volte a casa mia o nelle basi militari”.

Teotimo ricorda la paura di essere scoperto che spesso si traduceva in comprensibile ossessione: “La notte non dormivo. Guardavo fuori dalla finestra per vedere se qualcuno mi stesse osservando. La fede mi ha mantenuto forte”.

Ma i timori del frate non erano infondati. Di lì a poco infatti, ad alcuni lavoratori italiani è sfuggito il racconto di quel frate che officiava messa. Anticipando l’arresto, gli venne offerta protezione in una casa sicura dei servizi segreti americani per poi essere rimandato in Europa.

“Fu un colpo di fortuna, poco dopo venne arrestato un cappuccino americano e Ronald Reagan dovette intervenire personalmente” racconta Teotimo con il sollievo di chi l’ha scampata bella, con l’aiuto della provvidenza mascherata da 007. Rientrato dall’Arabia, complice l’età che cominciava ad avanzare, Teotimo ha poi preferito la vita da frate di provincia, tra Milano, Roma e, infine, nel 2003, a Como, dove da 16 anni, nonostante la veneranda età e una protesi all’anca, è spesso visto dai suoi parrocchiani sfrecciare sulla sua bicicletta rossa.

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