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Frontalieri, drammatica emergenza economica. Alfieri: “Subito disoccupazione, ammortizzatori, indennità e malattia”

Anche i lavoratori frontalieri pagano il prezzo dell’emergenza Coronavirus. Non tutti varcano il confine per continuare con il lavoro, anzi sono numerosi quelli rimasti a casa in un limbo privo di tutele.

Così in queste ore è intervenuto il senatore dem, Alessandro Alfieri:”Al lavoro per riconoscere in Italia indennità di malattia, naspi e congedi parentali”, dice.

“La situazione di diverse categorie di lavoratori frontalieri inizia ad essere molto delicata – evidenzia Alfieri – per questo motivo ho presentato al Senato un ordine del giorno al Decreto Cura Italia, che sarà votato domani, per chiedere che vengano riconociute anche ai lavoratori italiani oltre confine tre misure previste per chi lavora in Italia”.

Il documento si divide in tre punti

1) un’indennità per i periodi di assenza dovuti al contagio del virus, o in alternativa l’equiparazione dell’assenza dovuta alla quarantena domiciliare all’assenza per malattia, nei casi in cui la stessa non sia già prevista dalla legge, ovvero dai contratti di lavoro individuali o collettivi applicati dal Paese estero, in misura non superiore a quanto previsto per analoghi trattamenti applicati ai lavoratori che prestano la propria attività in Italia;

2) la garanzia degli ammortizzatori sociali, quali a titolo esemplificativo la Naspi, per l’intero periodo dell’emergenza epidemiologica;

3) l’estensione delle misure relative ai congedi parentali riconosciute ai lavoratori impiegati nel territorio nazionale.

“Sono fiducioso che questo ordine del giorno possa essere accolto dal parlamento – conclude Alfieri – sarebbe un segnale importante per un aiuto concreto a tante famiglie del nostro territorio che vivono questo momento con difficoltà e incertezza”.

EDIT (13.04)

“Chiediamo al Governo, ancora una volta, di farsi carico del tema dei frontalieri. C’è un emendamento ad hoc della Lega: è necessario estendere le tutele sociali anche ai nostri cittadini che lavorano in Svizzera”. Lo dicono i leghisti Stefano Candiani (senatore di Varese) e Nicola Molteni (deputato di Como), già sottosegretari all’Interno col ministro Matteo Salvini.

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2 Commenti

  1. Bisogna anche cominciare a chiedersi come mai i frontalieri a parità di mansione guadagnano di più. In Svizzera ci sono stipendi mediamente più elevati, è vero, ma soprattutto ci sono meno tasse da pagare e meno contributi. Tasse e contributi servono, in Italia, anche per compensare attraverso le “indennità di disoccupazione” e altre modalità di sostegno al reddito i periodi di disoccupazione involontaria.
    Nulla si toglie agli attuali problemi dei “frontalieri” che hanno perso il lavoro ma sarebbe opportuno che in futuro si trovino sistemi che consentano anche a loro di contribuire al nostro Welfare almeno quanto i lavoratori italiani.
    Non sia mai che chi con le proprie tasse e il versamento dei propri contributi alimenta situazione deficitarie (fondo INPS legge 147/97) a favore di chi guadagna di più anche perchè non paga le stesse tasse e gli stessi contributi.

  2. Quali sono esattamente le categorie che necessitano assistenza?
    La Svizzera rientra negli accordi Europei sui trattamenti di disoccupazione, quindi il licenziato in Svizzera ha diritto a ricevere dall’INPS il trattamento europeo di disoccupazione (cioè l’assegno vigente nel Paese di residenza, se esiste, se no nel Paese di lavoro). Tradotto, significa che hanno diritto alla NASPI, circa 1.200 euro al mese considerati i normali stipendi svizzeri.
    Per i non licenziati, hanno le tutele fornite dall’ordinamento Svizzero: la cassa malati. Si rivolgano alla Svizzera per richiedere le tutele che ritengono siano dovute: pagano i contributi lì, hanno diritto all’assistenza lì.
    Considerato che poi parliamo di soggetti con stipendi netti dai 2.500 euro al mese in su come minimo, se non di più, penso che i bisognosi (indigenti, persone che non arrivano a fine mese, etc….) siano ben altri. Se con quello stipendio non hai risparmiato a sufficienza per stare uno o due mesi senza essere pagato la colpa è tua, non della collettività a cui, peraltro, neanche contribuisci perché all’INPS non versi nulla.

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