Una delle cifre di Lorenza Ceruti è la duplicazione, meglio: dualizzazione.
Con una frequenza mai banale, il codice di quest’architetto-fotografa gioca, esaspera, ragiona, narra lo spazio attraverso riflessi e raddoppi.
Aumenta le cose urbane tramite specchi e profili d’acqua anabolizzando la realtà, fino a ridurla all’essenziale.
Non c’è però quel gioco retorico o artificioso, scatto ridondante giustificato da una reflex e da un capriccio in mano.
Tutto il contrario, c’è una freschissima, naturale e serena proprietà linguistica dell’occhio.
Cioè la capacità di Lorenza Ceruti di risignificare gli spazi, di raccontarli oltre la penuria della parola, in un rimbalzo di specchi che non restituisce mai (ma mai) la stessa immagine davvero. Eppure, accidenti, è la stessa sempre.
E per dirla facile: non a caso, firma le foto con il proprio nome al contrario.
Succede anche oggi. Per il secondo anno Made in Maarc, in collaborazione con Città dei Balocchi, proietta uno scatto dell’artista su Casa del Fascio.
Ecco, dato che si parlava di gemellarità, cosa appare sul cubone di Terragni? Il cubone di Terragni ma visto da dietro, in prospettiva, un piccolo segmento lontano.
L’immagine (osservatela bene) parte grandiosa dall’ex Uli, in un cono visivo che arriva al Cupolone del Duomo e, appunto, sfiora appena il capolavoro del vecchio Beppe nostro.
La proiezione poi è accompagnata da un pensiero del signore assoluto del Razionalismo: “Essere del proprio tempo è essere di tutti i tempi e proprio come la grande letteratura o la grande musica, l’architettura può raccontare la storia dell’animo umano”.
Passaggio che, da qualche parte, se stiamo ancora al codex cerutiano di cui sopra, sembra invitare a un’osservazione centrata su ciò che è stata, è oggi, dovrà essere domani Casa del Fascio.
Molto sofisticato, interessante.
[E così, ancora una volta, Lorenza Ceruti con lievità, intelligenza e occhio capace di sguardo raro mostra la semplicità (complicatissima) del mai banale].
Un commento
Per l’ennesima volta:
la Casa del Fascio è un centro direzionale, una struttura funzionale;
la GdF ci sta benissimo;
tutte le costruzioni razionaliste hanno una loro ragione di esistere.
Si fosse applicato il piano regolatore del 1934 di Terragni e soci, non ci sarebbe questo caos irrazionale e rococò.
Hanno sbagliato addirittura le misure della cupola del Duomo che doveva essere più bassa.