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“In campo li facciamo piangere”. Le magnifiche di Grandate: dominano il campionato misto e sbaragliano i maschi

Scarpini, calzettoni e pettorina. Poco importa se piove e se il campo dove si allenano è terriccio più che erba. Le piccole fuoriclasse della Asd Grandate si allenano per conquistare anche il girone primaverile del campionato a squadre miste del Csi.

“Sono 17 bambine tra i 10 e i 13 anni che giocano calcio a 7 nel campionato a squadre miste, ovvero in cui ci sono sia maschi che femmine. Possono farlo fino ai 14 anni – spiega Flavio Iannella, allenatore del gruppo insieme a Dimitri Dei – Le altre squadre hanno una, massimo due, bambine: la nostra invece è una squadra completamente femminile”.

(Fotoservizio: Pozzoni)

Flavio Iannella, Dimitri Dei

Il nucleo originario del gruppo infatti fa capo alla squadra femminile giovanile che il Como calcio aveva dovuto creare obbligatoriamente durante l’anno in Serie B. Poi, con la discesa dei lariani di categoria, la squadra è stata assorbita dall’Asd Grandate.

“All’inizio non è stato semplice: nessuna di loro aveva mai giocato a calcio prima – prosegue l’allenatore – quindi perdevano pesantemente, anche 15 o 20 a 0. Quattro anni dopo le cose sono cambiate”.

Le ragazze del Grandate infatti sono arrivate prime nel girone autunnale di quest’anno e hanno conquistato di diritto un posto in quello primaverile. Sono ai primi posti ma mancano ancora quattro partite.

Ginevra D’Agostino

Certo la grinta non manca loro. “I maschi ci giudicano e ci sottovalutano e invece gliele suoniamo” incalza Diana Giorico, 11 anni di Cassina Rizzardi. “Quando entrano in campo ridono perché pensano di vincere facilmente e invece noi li facciamo uscire piangendo” le fa eco la coetanea Ginevra D’Agostino di Como.

“Inizialmente c’erano molte prese in giro quando la squadra arrivava in campo per giocare: si sentivano risatine e c’era molta diffidenza – spiega Iannella – In poco tempo però si sono dovuti ricredere”.

Giorgia Tavecchio

E a chi sostiene che le donne non possano fare squadra, rispondono queste bambine che si abbracciano sorridenti per fare la foto di gruppo.
“Ho provato tanti sport, ginnastica artistica ad esempio, ma nessuno mi ha colpito – spiega il capitano del Grandate, Giorgia Tavecchio, 12 anni e residente in paese – Poi ho partecipato a un campo estivo e ho provato il calcio con i ragazzi: mi è subito piaciuto. Ora gioco come centrocampista e attaccante da 5 anni. Mi piace il senso di squadra e giocare contro i maschi”.

E’ d’accordo la compagna Emma Piatti, 12 anni di Grandate: “Quando giochi con i maschi non ti passano mai la palla: meglio tra femmine”.

Anna Maesani

Racconti simili a quello di Anna Maesani, 11 anni di Cagno: “Gioco solo da un anno ma il calcio mi piace tantissimo: ho provato la prima volta a scuola e me ne sono subito innamorata”.

E se i papà sul momento saranno rimasti stupiti ma contenti, qualche mamma era totalmente contraria.

“Quando ho detto ai miei genitori che volevo giocare a calcio si sono subito agitati. Dicevano: ‘la mia bambina si farà male. Ora invece sono tifosi scatenati” scherza Lucia Bonotto, 11enne grandatese.

Il sogno, ovviamente, per molte di loro è di diventare calciatrici professioniste e di giocare nella loro squadra del cuore.
“Ci mettono molto più impegno e grinta rispetto ai loro coetanei maschi, quindi allenarle diventa quasi più semplice” ha aggiunto l’allenatore.

L’articolo che avete appena letto è stato pubblicato su ComoZero settimanale, in distribuzione ogni venerdì e sabato in tutta la città: qui la mappa dei totem

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2 Commenti

  1. Non è il calcio è semplicemente un modo di dire sportivo quando le signore sconfiggono i maschietti che si vedono “colpiti” nel profondo dell’ego. Non troviamo gli errori dove non ci sono, si fidi gli orrori del calcio giovanile sono ben altri

  2. Se da una parte é molto bello che squadre miste si possano affrontare, non avendo ancora a quell’età differenze fisiche tali da rendere la cosa impraticabile, il calcio ahimè mostra subito il suo spirito malato: “li facciamo piangere” é una frase che nello sport (e tra bambini) non dovrebbe essere ammessa dai grandi. Ci vedo un’educazione – sportiva – errata.

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