E un’intervista lunga, dai toni pacati, ma così densa di amarezza, smarrimento e non di rado anche di accuse verso l’amministrazione Rapinese, che si può senza dubbio definire clamorosa quella concessa dal presidente della Cooperativa sociale Colisseum, Gabriele Romanò, a Michele Dargenio per la newsletter di AltraComo. Venti minuti densissimi e durissimi, che ripercorrono la traumatica estate 2022 – quando la giunta appena insediata chiuse definitivamente la piscina di via Del Dos (qui tutti gli articoli), punto di riferimento per centinaia di persone fragili e con disabilità e la cooperativa dovette riconsegnare le chiavi – e che poi gettano uno sguardo sui tanti interrogativi che gravano sia sul presente sia sul futuro della struttura e della stessa Colisseum. Di seguito, riportiamo ampi stralci delle parole di Gabriele Romanò.
QUALCOSA NON TORNA Il bando (per l’affidamento della nuova gestione, ndr) che noi avevamo impugnato all’Anac è stato definitivamente ritirato. Abbiamo cercato di capire il motivo, presumiamo che alla base vi siano le osservazioni di Anac che pur non essendo vincolanti, avevano un certo peso. Le ultime dichiarazioni che ho sentito per voce del sindaco dicevano che la sostituzione delle caldaie creava dei criteri diversi per la formulazione del bando: cosa non vera perché già il bando che noi avevamo contestato ad Anac, emesso dal Comune, prevedeva la sostituzione delle caldaie oltre ad altri lavori a carico dell’amministrazione e dunque non può essere quello il motivo. Poi il sindaco ha detto che sarebbe stato nominato un nuovo dirigente ai Lavori pubblici e che dunque questa nuova figura, avendo le competenze, si sarebbe occupata della riformulazione del bando. Questo ci lascia ancora più dubbi di prima perché qualcosa non torna: se arriva un nuovo dirigente per formulare un nuovo bando correttamente, questo significa che il bando precedente non era corretto infatti noi avevamo contestato la sostenibilità economica.
SETTE MESI DI ATTESA Dopo l’apparizione del sindaco alla conferenza stampa che avevamo indetto noi, stiamo ancora aspettando da luglio scorso che mantenga fede all’impegno di incontrarci entro 48 ore da quella data. Invece non abbiamo più avuto nessuna notizia diretta e nemmeno la sensazione che l’amministrazione volesse mettersi a tavolino e discutere.
IL SILENZIO La cooperativa non aveva più titolo per rimanere all’interno di via Del Doss, perché i termini dell’ultima proroga erano scaduti. Pensavamo però che la cooperativa potesse contribuire almeno alla conduzione provvisoria della struttura fino all’emissione del nuovo bando, perché lì pensavamo saremmo arrivati e lì presumo si arriverà per la gestione della struttura. E noi, al bando che dovrà emettere il Comune, se i contenuti lo consentiranno, parteciperemo. Ma a oggi tutto è silente.
L’AMARO IN BOCCA La cooperativa aveva già la gestione di una struttura gemella a Cantù, se non avessimo avuto un’altra struttura dove continuare a operare la cooperativa avrebbe avuto grosse difficoltà. Non solo: il know-how costruito in 30 anni di lavoro, anche in micropiscine in Rsa a Guanzate e Montorfano, e con i laboratori educativi nelle scuole, rischiava di andare perso. Noi pensiamo di essere una risorsa utile alla collettività. Siamo impostati per intercettare bisogni nella società e dare risposte. Sapere che la nostra storia poteva andare in frantumi per questo evento lascia l’amaro in bocca.
L’UTENZA POLVERIZZATA L’utenza è andata polverizzandosi. Ciò che l’amministrazione non ha capito è che quello era diventato un luogo di incontri sociali soprattutto per soggetti più fragili, non solo di erogazione di servizi. La piscina era frequentata da circa 150 persone che fruivano di servizi riabilitativi di natura ortopedica, seguiti da fisioterapisti, da un centinaio di persone con disabilità che avevano lì un luogo di ritrovo, dove coltivavano amicizie e scambiavano informazioni. Un posto dove oltre a curare gli aspetti di tipo sanitario si curavano gli aspetti di natura sociale. Avevamo una cinquantina di bambini e ragazzini dai pochi mesi fino all’adolescenza seguiti dai nostri psicomotricisti, alcuni hanno fatto lo sforzo di spostarsi nella struttura di Cantù, altri hanno cercato in altre strutture dovendosi spostare su distanze importanti, altri hanno rinunciato al servizio.
L’ESPOSTO IN PROCURA Abbiamo anche fatto un esposto in Procura che però è andato un po’ cadendo. Noi riteniamo che la chiusura della struttura comporti una responsabilità per l’interruzione di un servizio pubblico, ma credo così non sia stato inteso perché noi non abbiamo più avuto notizie in quel senso. Per chi non h vissuto via Del Doss e l’ha solo sentita nominare dall’esterno la chiusura di via Del Dos potrebbe sembra uguale ad altri servizi che l’amministrazione ha interrotto. Secondo noi non lo è, immaginate un soggetto che esce di casa e ha difficoltà a muoversi, con la necessità magari di affrontare una scala per accedere alla struttura. Noi abbiamo pazienti a Cantù che non riescono ad arrivare in piscina prima di una certa ora perché la loro patologia comporta un inizio di giornata con ostacoli da superare: attivamento fisico, incombenze domestiche ecc e di questo non si è tenuto conto, c’è stata poca sensibilità in chi ha chiuso. A nostro giudizio la struttura in via provvisoria poteva continuare a erogare servizi nell’attesa che venisse esperito il bando e si decidesse da parte dell’amministrazione quale fosse il destino di via Del Dos.
ERAVAMO DIVENTATI SCOMODI Noi sicuramente eravamo diventati scomodi perché negli ultimi due anni per tutelare la cooperativa e l’utenza abbiamo dovuto fare ricorso al Tar per due volte, vincendo, e segnalando la non congruità del bando ad Anac, avendo parere favorevole. Diciamo che sicuramente far valere i propri diritti ci ha fatto diventare scomodi agli occhi dell’amministrazione. Poi ci sta che questa nuova amministrazione abbia come modalità di risoluzione dei problemi le chiusure delle strutture perché aveva visto le dichiarazioni fatte in campagna elettorale e poi subito dopo sulla piscina di Muggiò, la stessa via Del Dos, ma anche degli asili. Le modalità di risposta della della giunta sono chiudere e tacere sembra essere un sistema funzionale a risolvere i problemi.
IL SOLITO TAMBURO Il problema è che diventa veramente difficile punti di raccordo con chi a domande precise o non risponde o continua a rispondere con lo stesso suono di tamburo, ovvero: “Abbiamo vinto politicamente e lo dovete tenere da conto per il quinquennio”. Una cosa che mi lascia senza parole, vista la mia forma mentale razionale, dover lasciare un problema sospeso perché non c’è la modalità di mettere sul tavolo i problemi e trovare soluzioni, che poi possono non essere la nostre o quelle che abbiamo proposto, ma almeno su cui confrontarsi è doveroso.
PRIVATI DI UN DIRITTO Noi siamo molto dispiaciuti a livello personale perché chi lavora con noi ha scelto questo lavoro quasi per vocazione. Avremmo potuto partecipare al bando, se fosse stato corretto, ma siamo stati privati di questo diritto. Ma saremmo stati contenti se il centro avesse continuato a funzionare anche con un’altra gestione. Invece così non è stato e ci chiediamo quale possa essere il destino, l’amministrazione non ne parla, le persone che all’inizio hanno manifestato il disagio si sono anche stancate di farlo e tutto sembra essere andato sottotraccia.
SENSAZIONE DI ABBANDONO La struttura adesso è chiusa e non sappiamo se viene mantenuta o meno. Prima della fine del 2022 una delle associazioni che frequentava la piscina ci aveva chiesto la cortesia di poter prelevare da lì alcuni attrezzi che avevano lasciato in deposito non avendo loro un magazzino. E la sensazione era quella di abbandono, quella che da dopo che siamo usciti noi nessuno ci abbia più messo piede. E questo è molto triste.
2 Commenti
Che ignobiltà perpetuata da gentaglia (politici assessori dirigenti comunali e & bella) pagata dzi CITTADINI. Fate schifo VERGOGNATEVI
Purtroppo è accaduta la stessa cosa per il centro disabili di Mognano-Sagnino di cui nessuno ha parlato e che è stato “convertito” in centro x l’inserimento al lavoro che però non poteva essere usufruito dagli stessi utenti che lo hanno frequentato x decenni e x i quali era un punto di riferimento e socializzazione e che sono stati dispersi. E i genitori che hanno protestato sono stati ignorati.