Ha una rabbia gigante, che non può e non vuole e non sa contenere; ma si può solo capirla. Stefania Bosmani e suo padre sono stati sfollati quattro anni fa dalla loro casa di Blevio, frazione Sopravilla, a causa della frana che ha devastato il paese del lago di Como nel luglio del 2021 (qui il primo racconto). Ora vivono in un comune vicino e non va affatto bene.
Anche allora, così come negli anni che sono seguiti e peggio ancora in questi giorni, sono state le piogge più che potenti a ingrossare le acque che da monte si sono scatenate a valle trascinando fango e detriti dei boschi con una furia mai vista e hanno letteralmente frantumato e spezzato case, strade e ponti.
Il maltempo (chiamiamolo così, con un eccesso di garbo) di questa settimana è andato oltre ogni possibile previsione, una forza titanica che ha causato danni immensi ovunque.
Sperando in rimborsi per 200mila euro (che Stefania racconta “non sono mai arrivati”) in questi anni la casa è stata colpita, così come tutto il paese, da altre alluvioni. Ma i lavori di ripristino erano comunque partiti, gli interventi in qualche modo sembravano mettere, sì lontano ma lo stesso all’orizzonte, un possibile ritorno. Invece no, ecco l’ultimo schiaffo.
“E’ la quarta volta in quattro anni che succede, che il temporale si scarica anche qui – racconta Stefania – sono sfollata dal 21 luglio 2021 con mio padre anziano e dopo quello che è accaduto in questi giorni la casa di fatto non c’è più, è andata. Ieri sono salita e ho trovato quello che vedete nelle foto e nei video. E’ peggio della prima volta che già era stata tremenda. Era stata la più violenta, almeno fino a oggi”.
Riflette: “Mi chiedo perché le famose briglie di contenimento delle acque (dette anche di consolidamento, Ndr), realizzate in questi anni, che da monte arrivano al lago non abbiano tenuto e fatto il loro lavoro, se siano scoppiate o cosa. Non sono una geologa, non posso sapere, quindi aspetto risposte. Qualcuno ha colpe? Chiedo ancora”.
Poi altri dubbi, nuove domande: “Da quello che so dovrebbe essere attivo da due anni il sistema di sirene e Sms che allerta quando siamo di fronte a un pericolo del genere e imminente. Eppure non è partito niente, ho chiesto e mi hanno risposto che il meccanismo non è stato collaudato. E’ vero? Cos’è successo? Intanto però mio padre ha speso quasi tutto quello che aveva per tentare di riportare casa nostra a essere vivibile”.
Le parole di Stefania sono una bomba di dolore e di indignazione, non contengono la furia. Bisogna ammetterlo: chiunque, tra tutti noi, sfollato da quattro anni e con una casa (quella di una vita, delle radici e della memoria) ormai perduta, farebbe fatica a vestire i panni nobili della diplomazia.
“Nessuno fa niente – ripete e ripete Stefania – i politici a tutti i livelli non si fanno trovare. Io chiamo e non rispondono o dicono di non avere tempo, altri impegni e urgenze. Siamo fuori casa da anni, abbiamo speso un sacco di soldi anche per geologi, professionisti e avvocato, non solo per i lavori. Il rimborso da 200mila euro non si è mai visto e le istituzioni giocano a rimpiattino. A Roma vogliono i timbri e intanto noi siamo qui senza niente. Proprio più niente”.
Così mentre le istituzioni tutte, stando alle parole di Stefania, attendono i sigilli in ceralacca per certificare su bolla ufficiale il disastro di quattro anni fa, sul Lagopiùbellodelmondo celebrato in ogni dove per classe, eleganza e turismo che-avercene ecco che c’è chi è ancora senza casa. E probabilmente lo sarà per sempre. In attesa della prossima tempesta.
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