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Le verità del Carducci: “Il ribaltone? Non ci interessa festeggiare. Sì al Conservatorio, l’unico muro è il Comune”

Non vogliono scontri, né proclami ma nemmeno silenzi o forzature. Gli avvocati Maria Cristina Forgione, presidente dell’associazione Giosuè Carducci, Massimo Forgione e Alessandro Casartelli, legali coinvolti nell’organizzazione culturale che ha animato per anni lo spazio Carducci, si raccontano a cuore aperto dopo l’ultimo capitolo della lunga controversia con il Comune di Como e lo fanno con toni pacati ma fermi: “Non ci interessa festeggiare, vogliamo solo che venga riconosciuto un percorso condiviso, nell’interesse della cultura e della città”.

Questa mattina, infatti, il giudice Abate ha ordinato al Comune di Como di non procedere con lo sgombero dell’associazione Carducci né di ostacolare in alcun modo le sue attività nei locali di viale Cavallotti. L’associazione può quindi continuare a usare gli spazi fino a nuova decisione del giudice. Tuttavia il clima resta teso, ma per il Carducci l’obiettivo è chiaro: trovare una soluzione conciliativa che metta fine all’incertezza e tuteli sia il Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Como, previsto nell’edificio, sia le attività culturali già presenti. “Abbiamo sempre cercato il dialogo, da aprile siamo in contatto col Conservatorio per trovare soluzioni tecniche condivise – racconta l’avvocato Maria Cristina Forgione – ma con l’amministrazione comunale è stato impossibile. Nessuna interlocuzione e alla fine ci siamo ritrovati a sorpresa con i lucchetti cambiati e le forze dell’ordine all’ingresso”.

Alessandro Casartelli, Maria Cristina Forgione e Massimo Forgione

Uno sgombero improvviso: “Ci siamo ritrovati fuori da un giorno all’altro”

Lo sgombero dei locali del Carducci, infatti, avvenuto venerdì scorso senza un avviso formale, è stato percepito dall’associazione come un atto di forza “in netto contrasto con la volontà di confronto sempre espressa – spiega Casartelli, che si sta occupando pro bono del caso – Abbiamo sempre fatto sapere al Comune di essere pronti a dialogare, tuttavia le risposte sono state negative”. E l’episodio lascia l’amaro in bocca anche per i modi: “Nessun preavviso, nessuna comunicazione formale. Siamo venuti a saperlo quasi per caso – racconta Maria Cristina Forgione – È stato mio figlio, passando da lì, a notare furgoni e movimento. Ci siamo informati attraverso le telecamere e la stampa, nessuno ci ha avvertiti prima”.

La reazione dell’associazione è stata immediata ma composta. “Ci siamo rivolti al Tribunale, e il giudice ha riconosciuto la fondatezza delle nostre ragioni – spiega Casartelli – L’ordinanza ha bloccato ulteriori azioni da parte del Comune e, di fatto, stabilito che il rientro nei locali sarebbe legittimo da parte nostra, non loro”.

“Ma non agiremo con forza: abbiamo notificato la controparte, attendiamo che la legge faccia il suo corso. Se necessario, interverrà un ufficiale giudiziario”, afferma Massimo Forgione.

Il progetto condiviso con il Conservatorio: “Una convivenza è possibile”

Al centro della questione, la destinazione futura dell’edificio. Il Comune vuole destinare lo spazio al Conservatorio, ma l’associazione non si oppone al suo arrivo, anzi, da mesi cerca una soluzione condivisa che accontenti tutti quanti. “Il nostro progetto è sempre stato chiaro: il Conservatorio al piano terra, le attività associative e museali al primo piano. Lo spazio per tutti c’è, e le attività non si sovrappongono. È da aprile che siamo in contatto diretto con il Conservatorio, che si è mostrato aperto al dialogo. L’unico muro lo abbiamo trovato nell’amministrazione comunale”, racconta Massimo Forgione.

“Ci gestiamo da soli, a costo zero per il Comune – sottolinea Maria Cristina Forgione – Abbiamo una storia di 130 anni alle spalle, più di 200 persone attive, una stagione culturale pronta a partire, e vogliamo che tutto sia condiviso con la città, non distrutto. Questo patrimonio è pubblico, deve restare alla cittadinanza”.

“Nessuna arroganza, nessuna festa: vogliamo solo il dialogo”

Oltre alla controversia legale, c’è un altro fronte che preoccupa: quello dell’informazione. “La narrazione parziale danneggia la comprensione dei fatti da parte di tutti – spiega Massimo ForgioneIncontriamo cittadini che si dicono confusi, che leggono solo ricostruzioni parziali. Per esempio nessuno sembra sapere che stiamo attivamente dialogando con il Conservatorio per la questione degli spazi. La nostra volontà è far parlare gli atti, non le polemiche”. E Casartelli aggiunge: “Quando mesi fa abbiamo ottenuto un provvedimento favorevole, non abbiamo festeggiato. Abbiamo semplicemente confermato la nostra disponibilità al dialogo”.

“La nostra reazione alla vittoria di questa mattina? Nessun comunicato, nessun brindisi con prosecco come voleva fare il sindaco Alessandro Rapinese. Solo una nuova lettera al Comune per chiedere un incontro. Ancora una volta, senza risposta”, afferma Maria Cristina Forgione.

Un appello all’amministrazione: “Sediamoci a un tavolo”

Il messaggio che i tre avvocati vogliono lanciare non è di polemica, ma di apertura, il dialogo con il Conservatorio quindi prosegue, ma con Palazzo Cernezzi resta un muro. “Non siamo qui per alzare i toni – conclude Casartelli – ma per dire che c’è ancora margine per un accordo. Non esiste una cultura di serie A e una di serie B, esiste il bene comune e se si continua così, a perderci sarà solo la città”.

Anche Maria Cristina Forgione rilancia: “Siamo pronti a sederci a un tavolo. Lo abbiamo sempre detto e lo ribadiamo: non vogliamo vincitori né vinti, vogliamo soluzioni e non andare avanti a sentenze. Tuttavia se serviranno, affronteremo il processo, lo facciamo per amore della cultura e della città”.

Nel frattempo, la stagione culturale dell’associazione è pronta. Il palinsesto è già definito, le persone coinvolte attendono certezze. “E noi vogliamo darne, non vogliamo che il Carducci faccia la fine del Politeama. Vogliamo andare avanti, insieme”.

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