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La Lega svizzera: “Prima i ticinesi. Non rientrino al lavoro padroncini e 45mila frontalieri italiani”

La ripartenza del Canton Ticino avverrà prima di quella italiana e lombarda. E tanto basta perché la Lega d’oltreconfine sferri subito un devastante attacco ai frontalieri, con il sempre barricadero consigliere di Stato Lorenzo Quadri.

Questa volta però gli strali lanciati verso i lavoratori italiani dal Consigliere nazionale e Municipale di Lugano sono tutte volte a bloccare l’ingresso dei frontalieri in Svizzera al riavvio delle attività.

In particolare Quadri, che è anche direttore del Mattino della Domenica parte con un’asserzione estrema: “Il Ticino, ormai è chiaro anche al Gigi di Viganello, si è impestato a seguito della contiguità territoriale con la Lombardia, principale focolaio covid dell’Occidente – afferma- Contiguità in regime di frontiere spalancate. Se si fossero chiuse le frontiere con il Belpaese per tempo, non ci troveremmo nella situazione di palta attuale”.

Ma poi ecco la “ricetta economica” dell’esponente della Lega dei Ticinesi: “Far ripartire gradualmente le attività non vuol dire riaprire le frontiere e fare entrare tutti! Si riparte con personale ticinese!”.

E quindi, ecco i punti dettati dal leghista svizzero: “In concreto: tutti i padroncini restano a casa; i 45mila frontalieri nel terziario restano a casa (sono circa 70mila in totale, ndr); nei settori autorizzati a lavorare, riprende prima chi non ha dipendenti frontalieri o ne ha pochi. Chi invece ha assunto permessi G a scapito dei ticinesi, aspetterà; bisogna procedere a controlli sanitari sul confine (misurazione della temperatura, ecc)”.

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Inevitabile il finale, a questa stregua: “Chiedere le finestre di crisi per tenere chiuse determinate attività, e però nel contempo lasciare entrare tranquillamente i frontalieri, è schizofrenico. Se il risultato dell’allentamento del “lockdown” è di permettere ai frontalieri di lavorare ma ai ticinesi no, vuol dire che si è toppato alla grande. Perché dovrebbe succedere proprio il contrario!”.

Per la cronaca, però, a oggi nessuna di queste limitazioni per i frontalieri invocate dalla Lega dei Ticinesi sembra essere nell’agenda delle autorità di governo svizzere.

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3 Commenti

  1. Il nazionalismo del 21° secolo si traduce in un prima e un dopo. Da noi “….prima gli italiani dopo gli extracomunitari”; in Ticino “…prima i ticinesi dopo gli italiani!; in Svizzera “….prima gli svizzeri tedeschi dopo quelli italiani”; in Olanda “prima gli olandesi poi il resto dell’Europa”. Si potrebbe continuare all’infinito ma alla fine di tutto la sintesi è: “prima io, dopo gli altri”.
    E’, a ben vedere, lo stesso atteggiamento di chi si sente in diritto di passarti avanti quando c’è la fila, di occupare arbitrariamente ciò di cui non ha diritto, di occupare il posto riservato ai disabili, di chiedere un trattamento personalizzato ovunque in altri termini di anteporre i propri bisogni rispetto a quelli degli altri. Anche questo è un modo di dire: “prima io…poi gli altri”.
    In epoca di globalizzazione il “nazionalismo” ha perso il suo connotato romantico. E’ diventata la giustificazione ideologica di tutti quelli che si arrogano il diritto di essere più considerati di qualche altro. La nazionalità conta poco è il piacere di sentirsi in una categoria speciale lasciando agli altri le categorie inferiori.

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