Dopo le Acli, anche Arci Como si schiera con il medico Italo Nessi per diffondere il più possibile la lettera inviata la presidente dei camici bianchi comaschi, Gianluigi Spata, con il forte allarme lanciato sulla professione travolta dalla burocrazia e nel contempo sulle carenze strutturali della sanità territoriale.
“La pandemia della burocrazia colpisce la professionalità dei medici e attacca la salute dei cittadini. Nella “eccellentissima” Lombardia che non investe nella medicina territoriale, non investe nella prevenzione, assegna buona parte dei bilanci della sanità alle aziende private, non c’è spazio per chi con scienza e coscienza svolge il ruolo prezioso di medico vicino alle persone, per la vita e la serenità delle persone”, scrive il presidente dell’Arci provinciale, Gianpaolo Rosso.
“I medici sono medici, non burosauri, e non ci stanno, non smettono di lavorare 24 ore al giorno per i malati, non possono, non devono, non vogliono stare zitti – aggiunge – L’Arci come le Acli e riteniamo la maggiornaza dei cittadini e delle cittadine lariane è con loro, apprezza, condivide, sostiene e diffonde l’accorata lettera aperta di Italo Nessi e invita tutte e tutti a sottoscriverla”. Per aderire è sufficiente inviare una email all’indirizzo letteradottnessi@gmail.com scrivendo semplicemente sottoscrivo, nome e cognome.
Di seguito il testo della lettera di Italo Nessi.
Egregio Presidente,
permettimi alcune osservazioni riguardanti il mio ruolo di Medico di Medicina Generale.
Mi rivolgo a te perché l’Ordine Professionale è l’assoluto garante del decoro, della dignità, dell’indipendenza e della qualità della professione.
È noto che la medicina territoriale ha una molteplicità di funzioni, innanzitutto preventiva. Compito che ormai da anni è stato marginalizzato. I Maestri della prevenzione purtroppo sono stati riposti nei cassetti della storia.
Ha inoltre una funzione curativa. Il medico conosce il paziente, la sua famiglia e il suo contesto sociale, abitativo e lavorativo. Deve ascoltare, visitare, prescrivere esami e terapia, monitorare l’andamento clinico del paziente. Guidarlo nel percorso diagnostico, specialistico e ospedaliero. Ha anche, ovviamente, una funzione sociale. Facilmente comprensibile, per cui non mi dilungo.
Sia la gestione ambulatoriale che la domiciliarità che l’aggiornamento professionale richiedono tempo, sempre tiranno, ed energie.
L’attività professionale, così come demandata al medico nei termini indicati dalla scienza e dalla deontologia professionale è ormai un’illusione. Il nostro carico di lavoro quotidiano è sempre più insopportabile. La dignità e la qualità della professione hanno perso valore, non riuscendo ad ottemperare alle funzioni primarie.
L’attività professionale è diventata invece un puzzle di funzioni occupanti intere giornate, ben oltre le ore lavorative previste dalle convenzioni. Penso che molte di queste funzioni debbano essere necessariamente affidate ad altri soggetti e non al medico.
Per esempio, non spetta al medico rimanere incollato per ore a una tastiera di computer e doversi giostrare tra almeno sei diverse piattaforme informatiche per prescrivere ausili, tamponi Covid, “sbloccare” greenpass, rendicontare vaccinazioni, prescrivere piani terapeutici, denunciare malattie infettive in un contesto pandemico.
Per la maggior parte di queste funzioni basterebbero due righe di richiesta e un solido impianto amministrativo. Che evidentemente non si vuole realizzare, togliendo al medico quella che è la sua funzione principale: essere garante della salute dei pazienti praticando la medicina.
Non esiste l’inevitabile. La situazione è questa perché gli obiettivi politico-economici volgono nella direzione della privatizzazione del sistema sanitario. Le riforme delle riforme presentano già un respiro corto. Siamo lontani anni luce dalla articolata visione della legge 883/78.
La pandemia non ha fatto che travolgere un sistema già compromesso da assenza di visione inclusiva, mancati investimenti, interessi parziali e mancata programmazione.
Troppe volte si legge che i sindacati di categoria avrebbero minacciato proteste se…se e se…ma quel “se” a mio modo di vedere è già stato abbondantemente superato. A discapito della nostra professione, di una formazione con contenuti di qualità e di un sistema sanitario inclusivo.
La partita la si deve giocare ora, senza tentennamenti e senza ritardi. Sul piatto vi è la morte di un sistema sanitario pubblico basato sulla tassazione generale, garante della salute di tutti. Abbienti e meno abbienti. Soprattutto dei pazienti più fragili e più sofferenti.
La continua delegittimazione della professione, unitamente ai contenziosi medico legali e alle difficoltà di accesso, rende il nostro lavoro sempre meno attrattivo per i giovani. E un paese che non valorizza i giovani è un paese fermo e senza futuro.
Quello che chiedo, caro Presidente, è di poter esercitare la medicina generale nella molteplicità delle sue funzioni. L’Ordine Professionale è l’assoluto garante del decoro e della pratica della professione. Per questo mi rivolgo a te chiedendoti di continuare con forza, con tutti i mezzi disponibili e in tempi rapidi una battaglia che deve essere condotta.
Se il sistema non me lo permetterà, a breve rimetterò la mia convenzione e vedrò di esercitare la professione in altra forma. Oppure mi dedicherò ad altro perché, non potendo esercitare la medicina generale, non possiedo né la formazione né l’habitus mentis del freddo burocrate.
Permettimi di invitare i Colleghi che si ritrovano in quanto sopra a sottoscriverlo, inviando personalmente una copia all’Ordine e al sottoscritto per conoscenza. Inviterò a sottoscrivere anche i cittadini che lo ritengano.
Grato per la cortese attenzione. Un cordiale saluto.
Dott. Italo Nessi
Un commento
“Più uno stato è corrotto più leggi fa”… Tacito 2000 anni fa.
Più uno stato fa leggi più la vita del cittadino diventa insopportabile….
Ma alle varie Caste non interessa minimamente perché loro hanno sempre la scorciatoia pronta….