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Monumento per le vittime Covid, Binda: “Perché là in fondo e senza concorso?”. Levrini: “Luogo che invita al ricordo”

Il monumento dedicato alle vittime del Covid inaugurato pochi giorni fa in fondo a viale Geno, pur trovando tutti concordi sulla necessità di ricordare chi ha perso la vita durante questa pandemia, non poteva restare indenne da alcune domande.

Se le sono poste in tanti, le rilancia con vigore Nini Binda, ex assessore al Verde della seconda giunta di Alberto Botta e in molte occasioni intervenuto direttamente per la tutale e il restauro di monumenti cittadini, a partire dalla Fontana di Camerlata.

“Premetto che la mia non è una polemica né, soprattutto, un giudizio sull’opera, quanto più una riflessione sull’opportunità di collocare lì un monumento del genere – spiega Binda – una delle mie deleghe da assessore era quella all’Arredo Urbano, che non so neppure a chi competa oggi e se esiste ancora. Ricevevo moltissime richieste, anche da interlocutori importanti, per donare monumenti alla città e il mio compito era anche quello di selezionarle sulla base di un piano urbanistico. Da questo pensiero, ad esempio, è nata l’idea di collocare il monumento a Mafalda di Savoia nei pressi del Monumento alla Resistenza Europea, per creare degli ideali giardini della Memoria”.

Da questa premessa, ecco le domande che l’ex assessore si è posto vedendo la collocazione nell’angolo piuttosto defilato dei giardini in fondo a viale Geno della scultura dell’artista comasco Vito Valentino Cimarosti donata da Fondazione Volta: perché lì? Perché non è stato fatto un concorso pubblico? E perché l’ha donato una fondazione che, apparentemente, si occupa di altro?

“Si poteva pensare a una collocazione diversa e più attinente all’argomento, magari davanti all’ospedale o presso il Cimitero Monumentale, oppure si poteva pensare a un albero, come fatto in altre città – dice – e poi un’iniziativa di questo tipo, seppur meritevole, non è tra le finalità della Fondazione Volta. Non è che io domani mi sveglio con l’idea di donare una stele e il Comune decide un posto X dove metterla. Senza un concorso, senza un progetto globale. Funziona così?”.

“Fondazione Volta è un ente partecipato da numerose realtà territoriali tra cui Comune di Como Camera di Commercio, Confcommercio, Confartigianato, Confindustria e ci siamo fatti tramite del desiderio di tutti di ricordare in maniera tangibile le vittime del Covid – è la risposta di Luca Levrini, presidente di Fondazione Volta, che abbiamo contattato – è vero, avremmo potuto collocare il monumento in un luogo simbolo diverso ma questa ci è sembrata una collocazione molto suggestiva, uno spazio defilato e tranquillo di grande bellezza che invita alla riflessione e al ricordo”.

Quanto alla scelta di realizzare il monumento senza un concorso pubblico, la ragione sta in una concomitanza di eventi quasi casuale: “L’idea di indire un concorso pubblico era stata scartata perché inizialmente si era pensato a un semplice cippo – spiega Levrini – quando abbiamo contattato l’azienda Pusterla Marmi per la realizzazione, abbiamo scoperto che in loro possesso c’era già questo monumento realizzato proprio per le vittime del Covid e abbiamo pensato di sceglierlo per questo dono alla città. E chissà che non possa essere l’input anche per prendersi cura di questo luogo splendido ma un po’ trascurato”.

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4 Commenti

  1. Trovo che i commenti di Nini Binda non siano dettati da spirito di polemica, ma conseguenti a riiflessioni di buon senso. Un monumento alle vittime del Covid era doveroso. La scelta del monumento e la sua collocazione avrebbero meritato diversa valutazione, ma tant’è. Se alle porte della città abbiamo un monumento alla birra, non dobbiamo meravigliarci più di tanto di questa che, al confronto, è ascrivibile ad una affrettata leggerezza.

  2. però, forse un commento sulla tipologia di opera la si potrebbe anche fare. è chiaro che certe considerazioni sono soggettive, però piazzare “quell’affare” un po’ a casaccio, in mezzo a un’aiuola non mi sembra che valorizzi nulla – non il soggetto a cui è dedicato, non il luogo e non l’opera. poi il sapere che c’era già un’opera pronta proprio per questa tematica in attesa di non si sa bene cosa, lascia un po’ perplessi

  3. Polemiche su tutto! Personalmente ritengo l’area adatta, sia per le motivazioni del presidente della fondazione, sia perché anticamente in zona c’era un lazzaretto di malati di colera. Non solo sole e lago, quindi, ma anche luogo di sofferenza ed è giusto ricordarlo, in modo delicato come è stato fatto. Per la questione del concorso: ma abbiamo visto i “concorsi d’idee” del passato cosa hanno prodotto? Chi deve operare la scelta ovviamente nominato dalla politica, è davvero competente e immune da “influenze” ?

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