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Moschea di Cantù, nuovo capitolo: sospeso il passaggio dell’immobile al Comune. Ecco perché

Nuova puntata nella controversa vicenda deI capannone di via Milano a Cantù, motivo del contendere tra l’Associazione Culturale Assalam e il Comune. Questa mattina infatti si è avuto un nuovo passaggio. Innanzitutto va ricordato come in passato il Consiglio di Stato avesse stabilito che l’immobile non poteva essere utilizzato come luogo di culto, aprendo così di fatto la strada al Comune di Cantù per procedere con l’acquisizione dell’edificio al patrimonio pubblico.

Decisione che era stata impugnata dai proprietari. Ed ecco che ora il Consiglio di Stato, dopo l’appello cautelare promosso da Assalam contro l’ordinanza del Tar di Milano, ha accolto la domanda di misure cautelari e ha sospeso il provvedimento del Comune fino all’udienza collegiale fissata per il prossimo 7 febbraio. Dunque, fino ad allora l’acquisizione del capannone a patrimonio comunale, è sospesa. L’immobile rimane alla proprietà, Assalam, almeno fino all’udienza collegiale.

L’avvocato Vincenzo La Torraca che assiste i proprietari dell’immobile fornisce altri elementi. “Nel decreto il Presidente della seconda Sezione, valutati i presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora ha ritenuto che le argomentazioni svolte dall’appellante circa la sussistenza del presupposto della estrema gravità ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla camera di consiglio, appaiono meritevoli di favorevole considerazione in relazione al possibile spossessamento del bene di cui si discute che potrebbe subire”. Da quai la sospensione fino al 7 febbraio.

“Si tratta di una vicenda che concerne i diritti fondamentali e lo spossessamento o meno dell’immobile non è affatto indifferente, come riconosce il Consiglio di Stato. Si tratta di una pronuncia cautelare incisiva che delinea a chiare lettere, da un lato, il grave pregiudizio che la proprietà potrebbe subire, legato alla pretesa del Comune di acquisire l’immobile e, dall’altro, la rilevanza di diritti costituzionalmente garantiti quali il diritto di culto e di associazione, affermati anche dalla Corte Costituzionale nel dichiarare illegittima la Legge regionale lombarda”, spiega l’avvocato

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