Il martedì mattina, passeggiando nel mercato sotto le mura, è possibile entrare in un’altra dimensione popolata di volti che arrivano da tutto il mondo, colori, oggetti e l’immancabile profumo di patatine fritte.
“Questo è un lavoro davvero duro – racconta Roberto Pappalardo, 45 anni, gestore di una bancarella di articoli casalinghi – ci alziamo all’alba e lavoriamo tutto il giorno in piedi. Conosciamo il freddo pungente e il caldo asfissiante, ma non facciamo mai pesare la nostra fatica. Sorriso, contatto umano e buone maniere sono necessari in questo lavoro”.
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Un lavoro duro, con la spada di Damocle della crisi.
“Sono originario di Korçë, in Albania – spiega con un velo di nostalgia Alex Vila, 52 anni, accanto alla sua bancarella di intimo per donna – mio fratello faceva questo lavoro e io ho seguito le sue orme.
Un primo ostacolo è stato imparare la lingua, ma ho risolto in fretta. Ora la difficoltà più grande è la crisi. Le persone spendono poco e negli ultimi 5 anni il calo di vendite è stato vertiginoso. Ogni tanto penso che dovrei cambiare lavoro ma alla mia età – ride – è complicato. E poi amo quello che faccio”.
Le mani indaffarate dei venditori mostrano senza sosta la merce ai papabili clienti, elargendo grandi sorrisi.
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“Le grandi distribuzioni e il mercato online stanno distruggendo questo segmento di commercio – sottolinea Kalid Imrane, 43 anni, originario di Casablanca in Marocco, immerso nei colori delle sue stoffe – la comodità dell’acquisto in Rete ha tolto la voglia di shopping. Questo fenomeno, aggiunto alla crisi, ha ridotto gli affari”. La vendita online non è l’unico cambiamento dello storico mercato di Como.
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“Sono presente da 15 anni in questo mercato – dice Bruno Piano, 75 anni, intento a sistemare la sua bancarella di abiti usati – e negli ultimi tempi sono arrivati tanti venditori stranieri con prodotti di minor qualità ma a prezzi stracciati. Ci rispettiamo, ma è nata una competizione. Al mattino arrivo presto per paura che mi occupino il posto”.
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Ma chi sono i clienti? “Sono arrivato in Italia 20 anni fa – spiega Jamil Muhammad, 50 anni e originario del Pakistan, gestore di una bancarella di abbigliamento femminile – ho iniziato come lavapiatti e qualche anno dopo ho avviato questa attività che rappresenta una conquista per me e mia moglie. La clientela è composta prevalentemente da operai e precari che faticano ad arrivare a fine mese. Offriamo prezzi bassi – continua – perché sappiamo che non possono spendere più di così. L’Italia mi ha dato tanto e quando posso sconto la merce per aiutare i clienti”.
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Una pratica, quella della contrattazione, consueta nella terra di Kalid.
“In Marocco è normale – sorride – ed è possibile trovare ancora articoli tradizionali. Il mercato ha conservato la sua dimensione aggregativa e l’incidenza della vendita online si sente meno.
È normale il cambiamento però credo che il contatto umano sia necessario nel commercio. Ad esempio – conclude – io ho lavorato per molto tempo come operaio nel tessile. Conosco la merce che vendo e so consigliare. Questo l’online non può offrirlo”.
Crisi, mercato Web, ma anche un progressivo decadimento.
“Negli anni passati – commenta Claudio Casartelli, presidente di Confesercenti di Como – i prodotti venduti al mercato sotto le mura erano pregiati quanto quelli che si trovavano nei negozi, ora non è più così. Segno di un consumismo che guarda poco alla qualità. Un altro problema rilevante – continua – è la difficile integrazione tra gli operatori storici e alcuni nuovi arrivati che vendono merce di dubbia provenienza, spesso poco controllata, e non sono pienamente in regola. Si tratta – conclude – dell’incapacità del sistema di imporre e far rispettare regole certe”.
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