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Da Sinigaglia a Gaffuri, da Articolo Uno a Spallino: tutti “pazzi” per il Pd, forte (non fascista) senza saperlo

Negli ultimissimi giorni, il primo era stato Paolo Sinigaglia, a caldo, subito dopo i più che confortanti risultati ottenuti dal centrosinistra nella recente tornata amministrativa.

“La responsabilità del PD locale diventa ingombrante – aveva scritto – La nostra città è quasi completamente circondata (fa eccezione solo Sondrio) da capoluoghi amministrati dal centrosinistra: fallire un’altra volta rispetto ai cugini lecchesi e varesini sarebbe molto imbarazzante […] Como non è un buco nero e i comaschi sono progressisti tanto quanto lecchesi e varesini. Intanto qualcosa a sinistra si muove, vedi “Como comune”, anche il centro di Azione-ItaliaViva+Europa si fa vedere: rimangono da capire le intenzioni del PD che, in linea teorica, di questa operazione dovrebbe essere il trascinatore”.

Voto 2022, Sinigaglia sferza il Pd: “Como non è un buco nero. Circondati da città di centrosinistra, imbarazzante fallire ancora”

Concetti ribaditi in maniera del tutto sovrapponibile dalla nota polemica diffusa da Articolo Uno, dopo la riemersione della possibile candidatura di Maurizio Traglio a sindaco di Como, a braccetto con l’area renziana: “Al Pd di Como – diceva la nota – chiediamo di assumere con forza e in tempi brevi il ruolo che gli compete di perno e motore della coalizione, senza ulteriori tentennamenti e ambiguità, in linea peraltro con l’azione che il suo segretario Enrico Letta sta efficacemente conducendo a livello nazionale”.

Ma persino l’alfiere di Italia Viva sul Lario, Alberto Gaffuri, proprio nel giorno dell’incontro con Matteo Renzi e Traglio, aveva “citofonato” ai dem: “Se il Pd, guardando al campo del centrosinistra, è interessato a prospettive diverse, a collaborare insieme per una svolta vera, a dialogare senza pregiudizi per il bene della città, noi ci siamo lealmente”.

E oggi a chiudere un cerchio ideale, ecco il sibilante tweet dell’ex assessore della giunta Lucini, Lorenzo Spallino, spazientito per il silenzio che – ormai da un po’ – accompagna le uscite polemiche dell’attuale esecutivo Landriscina contro la sua vecchia squadra, soprattutto sul tema del lungolago.

“ll problema – ha scritto sul social Spallino – non è che a pochi mesi dalle elezioni assessori della giunta attuale indichino la giunta precedente come la responsabile di ogni male. Non si fa, non l’abbiamo mai fatto, ma succede. Il problema è che l’allora partito di maggioranza proprio non riesca a dire nulla”. E il partito di maggioranza, tra il 2012e il 2017, era appunto il Pd.

Nel frattempo, domani, un possibile interlocutore dei dem per la battaglia elettorale verso il 2022, la lista Civitas di Bruno Magatti, apre ufficialmente la campagna elettorale; in generale, le indiscrezioni e le voci più o meno fondate su potenziali candidati/candidate sindaco di Como fioccano incontrollate e accavallate, dando però la sensazione di un processo senza una reale regia politica a monte; gli sfidanti per Palazzo Cernezzi, da Alessandro Rapinese al centrodestra, non vivono momenti esaltanti (il fresco caso Martinelli nel primo caso, le tensioni fortissime sul sindaco Mario Landriscina e il suo futuro nell’altro) ma uno non ha nulla da perdere e certo identità e numeri non gli mancano, gli altri hanno comunque ancora in mano le leve di governo della città e dunque qualche carta in più da giocarsi in prospettiva.

In sostanza, dando uno sguardo d’insieme – anche alla luce delle sollecitazioni trasversali e insistenti elencate prima e senza nascondere una oggettiva debolezza di voce e presenza del partito sul capoluogo – sembra che si stia inverando sul campo la più trita delle domande: “E allora il Pd?”.

Ma per quanto quella sia ormai un’espressione oggettivamente risibile, praticamente il meme di se stessa, se qualcuno dalle parti democratiche desse una voce su obiettivi, direzione, compagni di viaggio e persino avversari (cosa non così scontata nel magma attuale) in vista di un voto cittadino a cui manca una manciata di mesi – andando oltre le pur frequenti e spesso sagaci preliminari in consiglio comunale, ma politica e amministrazione non sono la stessa cosa – chissà, forse non sarebbe poi un azzardo così estremo.

Anche perché, alla fine, tutto questo tirare la giacca al Pd – che mediamente assomma dal triplo a dieci volte tanto i voti delle altre sigle – non è forse un riconoscimento indiretto del ruolo e del peso assolutamente essenziali del partito per qualsiasi cosa accada nel centrosinistra a Como? Non è un’attribuzione di forza e di ruolo guida? Certo che lo è. Ma per far valere queste doti bisogna esserne consapevoli, comunicarlo e possibilmente comunicarlo anche al potenziale elettorato, oltre le fumisterie di segreterie, sottosegreterie e Brico center per la produzione di tavoli.

Avere i numeri, pesarli, dare il giusto ruolo a grandi e piccini, decidere una rotta e seguirla senza il cuore spezzato non è fascismo, caso mai venisse il dubbio.

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2 Commenti

  1. Non c’è dubbio che il PD ha 10volte i voti delle singole altre liste della coalizione. Tuttavia, un’eventuale coalizione di centrosinistra laica e riformista che faccia quadrato intorno a Traglio o a un altro candidato civico non avrebbe tanti voti meno. E poi, anche il topolino Timoteo spronò l’elefante Dumbo a volare. Perché non spronare il nostro PD provinciale a togliersi gli orpelli della devozione da oratorio e della rivoluzione frustrata della sinistra barricadera? Perché non cercare di renderlo centrale a un progetto di città smart, inclusiva, sostenibile ed europea come è stato fatto grazie al PD a Milano e Bergamo? Anche l’elefante Dumbo è riuscito a volare, basta non continuare a porsi limiti e a costruirsi distinguo inutili.

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