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Vitale (Comprensivo Albate): “Draghi ci ascolti, scuola in presenza impossibile in queste condizioni”

“Aver firmato l’appello a Draghi non significa sostenere la Dad ma chiedere di essere ascoltati perché in questo momento, e a queste condizioni, non è possibile garantire la scuola in presenza”. Questo, in estrema sintesi, il pensiero di Lucia Chiara Vitale, dirigente dell’Istituto Comprensivo Como Albate che, con altri 1.500 colleghi di tutta Italia, ha rivolto un appello al premier Mario Draghi per far slittare di almeno un paio di settimane il rientro in classe in presenza.

Un’ipotesi che ha già messo in allarme molte famiglie di fronte allo spettro di un ritorno della didattica a distanza ma che, secondo la dirigente che abbiamo contattato per approfondire le ragioni di questa proposta, è probabilmente l’unico modo oggi possibile per garantire continuità didattica. A meno di nuovi protocolli più semplici per il rientro post quarantena.

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“Affermare che la scuola è un luogo sicuro è un refrain che non significa nulla perché nessun luogo oggi è sicuro – spiega Vitale – ci sono uffici postali che chiudono perché il personale è in quarantena ed è scontato che questo avvenga anche a scuola visto l’aumento esponenziale dei contagi”.

Una situazione di cui, già prima delle vacanze di Natale, si era avuto un “piccolo” assaggio con decine di classi in Dad a causa di casi positivi e con Ats in difficoltà nel sostenere il numero di tamponi da effettuare per permettere il rientro a scuola.

“Prima di Natale, a seguito della positività di un solo insegnante sono stati messi in quarantena 160 bambini, che significa 300 tamponi da effettuare (tra primo tampone e tampone di controllo Ndr) e in un solo mese ho fatto 30 segnalazioni di positività, cosa che nel 2020 non ho fatto in un anno – dice – a oggi ho già 4 insegnanti che fanno fatica ad avere l’appuntamento per il tampone di fine quarantena e immagino cosa succederà da lunedì se dovesse iniziare a mancare il personale o se un’insegnante ottenesse il tampone per rientrare dopo i suoi alunni: chi starebbe in classe con loro?”.

Una situazione potenzialmente esplosiva a cui, secondo la dirigente, non vengono in aiuto i diversi protocolli studiati per le quarantene. “Solo nel nostro Istituto Comprensivo abbiamo 6 diversi possibili protocolli da applicare, una follia che manda in confusione anche genitori e insegnanti – spiega – io stessa non sono in grado di dare indicazioni perché, dopo la segnalazione di positività, la palla passa interamente nelle mani di Ats che non comunica con la scuola e che non riesce a gestire la mole dei doppi tamponi”.

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La soluzione quindi sembra essere solo quella di una ripresa delle lezioni in Dad in attesa di capire meglio come gestire la situazione: “Io sono la prima a sperare che vada tutto bene e a sostenere la didattica in presenza, ma ci devono essere le condizioni per farlo e in uno scenario in cui tutto ciò peggiorerà non possiamo pensare di attivare protocolli così contorti – conclude Vitale – questo è il governo della scuola in presenza a tutti i costi che, fondamentalmente, stigmatizza la Dad perché è simbolo di chi li ha preceduti e mi dispiace vedere ridurre tutto a una partita politica dimenticando che non ci sono altri nemici se non il virus. Bisogna mettere da parte gli slogan e agire concretamente per garantire condizioni che ci permettono di gestire servizio in maniera fattibile. Per questo ho firmato: per dire, ascoltateci!”.

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3 Commenti

  1. Ma con la dad ai figli chi bada?? E le aziende che hanno a casa lavoratori e lavoratrici per badare ai figli essendo chiuse le scuole??

    Perché rinviare apertura scuole e non delle fabbriche allora?? Xche non fare un lockdown totale in ancor maggior sicurezza??

    Basta! Basta con sto teatrino!

  2. Ha ragione. Quanto costa in termini di rischi alla salute pubblica questo capriccio ideologico, sempre che lo sia, di tenere aperte le scuole? E poi, oltre all’ipotesi DAD, non sarebbe stato possibile anche far slittare di 20gg (ipotesi De Luca) la riapertura di gennaio e la chiusura di giugno? Per intendersi riaprirle il 1°febbraio e chiuderle il 30giugno. Ci sono scelte che non si comprendono se non si analizzano gli interessi dei diversi attori. Per molti genitori la scuola è la miglior babysitter che esista. Riprendere il lavoro con i figli a casa, significa dover attrezzarsi con nonni e babysitter o sperare che le proprie aziende si convertano al lavoro agile: a qualcuno girerebbero! Posticipare la chiusura delle lezioni significa far saltare la settimana di ferie al mare con i nonni: gli operatori turistici probabilmente avrebbero da ridire. Chiudere le scuole, significa chiudere lo sport giovanile. Evitiamo i banchi di scuola ma li teniamo liberi di abbracciarsi in palestra? Si arrabbierebbero le società sportive. E se le scuole rimangono chiuse con poco preavviso, i distributori automatici di merendine rimarranno pieni: gli operatori si dovranno gestire le scadenze dei prodotti. Anche per loro sarebbe una soluzione infausta. Ci sono troppi interessi intorno alle scuole, si ha l’impressione che la qualità della didattica sia spesso la giustificazione pronta per evitare di far riflettere troppo su quanti soldi e quanti interessi girano intorno ai nostri ragazzi. Probabilmente le pressioni al Governo di chi cerca i voti degli “interessati”, ha bloccato questa soluzione. Ci sta. Questa è la punta dell’iceberg di un problema molto più ampio: l’incapacità del nostro modello socioeconomico di fare sistema. La somma degli interessi delle lobbies, pesa, in termini di scelte politico-elettorali, più degli interessi della totalità degli elettori. Sembra strano ma non lo è.

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