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Quadri (Lega dei Ticinesi): “Lavoro in Svizzera per i profughi ucraini? Allora basta permessi ai frontalieri”

Poco oltre confine, in Ticino, meta per molti frontalieri comaschi e non del quotidiano luogo di lavoro e di una busta paga decisamente ambita rispetto all’Italia, la guerra in Ucraina e l’accoglienza dei profughi si intrecciano con le difficoltà del mondo del lavoro locale. E l’occasione è ghiotta per Lorenzo Quadri consigliere nazionale della Lega dei ticinesi oltre che municipale di Lugano per un attacco a 360 gradi al governo svizzero che non ha lasciato fuori neanche i frontalieri.

Questo il concetto espresso dal politico leghista che già più volte in passato è intervenuto duramente sul mondo dei frontalieri: “Ci piacerebbe sapere quanto stanno costando all’ente pubblico, quindi al contribuente, i prfughi ucraini. Sull’arco di un anno la cifra è sicuramente miliardaria, considerando che ci si attende l’arrivo di 350mila rifugiati, ovvero l’equivalente della popolazione del Canton Ticino. I soldi necessari all’accoglienza non crescono sugli alberi. Vanno recuperati da qualche parte. E’ ora che la Svizzera cominci a preoccuparsi di difendere i propri interessi e le proprie prerogative di indipendenza e di neutralità”, questa la premessa di un lungo intervento che punta a trovare soluzioni per garantire prima i ticinesi. Da qui diverse valutazioni che coinvolgono anche i frontalieri.

“Soprattutto in questo sfigatissimo Cantone, i politicanti farebbero bene a ricordarsi che prima delle esigenze dei profughi ucraini ci sono quelle dei cittadini ticinesi. Già tagliati fuori dal mercato del lavoro a seguito della devastante libera circolazione delle persone voluta dalla partitocrazia, adesso rischiano di dover subire anche la concorrenza ucraina – prosegue Quadri – Se i politicanti vogliono far lavorare gli ucraini, allora facciano il piacere di bloccare il rilascio di nuovi permessi B e G (quelli per i frontalieri). Perché è ora di finirla di creare spazi per tutti gli stranieri, col risultato di escludere chi qui ci è nato e ci vive”.

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