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Pigra, poesia e balon: nel piccolo paradiso appeso alle nuvole che si riuniva al bar per la tv

Un paese nascosto tra la nebbia e le nuvole quando piove, come se, da sempre, fosse estraneo al mondo. Una comunità che storicamente ha sempre preferito rimanere da sola, quasi per non farsi contaminare da tutto ciò che viene dall’esterno. Addirittura una vecchia storia racconta che quando gli abitanti di Colonno provarono a salire in paese per conquistare qualche donzella, vennero ricacciati a colpi di doppietta sulle sponde del lago. Potrà sembrare strano ma non stiamo parlando di qualche vecchio film spaghetti western o di un romanzo ambientato sul Lario. Oggi vi raccontiamo di Pigra, un piccolo borgo della Valle Intelvi, lontano da tutto e tutti, che, in poco più di un secolo, ha visto calare drasticamente il numero di persone che risiedono tra le sue vie. Oggi infatti i residenti sono poco più di un terzo rispetto agli inizi del ‘900 (si è passati da quasi 650 abitanti a poco più di 200).

Alice Galeni

Nonostante tutto però il paese nascosto tra le nuvole ha ancora tanto da raccontare e c’è chi, nemmeno un anno fa, ha voluto spulciare tra i documenti nascosti per scoprirne qualcosa in più: “Anche una piccola realtà come questa può essere una fonte straordinaria di testimonianze – sottolinea Alice Galeni, autrice della tesi di laurea Pigra, storia di un piccolo borgo incastonato tra le montagne del lago di Como – ogni luogo o persona, con le proprie vicende, dà un importante contributo al patrimonio culturale locale. A Pigra ci sono molte persone che hanno vissuto gli avvenimenti storici che si studiano sui libri, dal contadino che ha fatto la campagna di Russia (durante la Seconda Guerra Mondiale, Ndr), a mio nonno, Domenico Mirani, che è stato deportato nel campo di concentramento di Dachau, fino ad arrivare ai parroci Giuseppe Cavalli e Andrea Brenta che costituirono il ‘Comitato provvisorio insurrezionale’ durante il Risorgimento. Poi ci sono anche storie più piccole, come quella della bambina poetessa che, per ogni avvenimento importante per il paese, come l’arrivo del nuovo parroco o l’inaugurazione della funivia, scriveva un’ode in dialetto”.

Manolo de Giovanni

E proprio lo storico impianto (utilizzato non solo dai turisti ma anche da bambini e ragazzi per andare all’asilo e a scuola), che collega Pigra ad Argegno, è forse il simbolo più importante per cui il borgo della Valle Intelvi è conosciuto nel comasco. Quando si pensa alla funivia non può che venire in mente Manolo de Giovanni, storico caposervizio: “Ho visto tante generazioni di ragazzi crescere anno dopo anno – racconta – da sempre, questo impianto è stato la prima ruota del carro e ha portato benessere e turisti in tutto il paese. Un tempo facevamo anche picchi di 800 passeggeri al giorno ed era impensabile chiudere anche solo per un pomeriggio, se non per la manutenzione”.

Cristina Cola

Ormai Pigra sembra essere, in un certo senso, solo il riflesso di un passato lontano, ma nonostante tutto c’è chi ancora cerca di mantenere viva la socialità in paese attraverso anche la beneficenza, come il gruppo “Non ti scordar di me”: “Noi nasciamo nel 1998 con lo scopo di aiutare gli altri – racconta Cristina Cola, una delle fondatrici – cerchiamo di dare una mano a chiunque abbia bisogno, sensibilizzando le persone anche su un tema importante come il volontariato. Negli anni abbiamo organizzato diverse attività a scopo benefico, oltre ad aver ristrutturato le opere d’arte all’interno delle nostre chiese e il teatro della Società Operaia, in cui in passato organizzavamo spettacoli anche con i bambini. Tutti questi eventi sono un pretesto per stare insieme e scambiarsi le idee”.

Inoltre Cristina è una delle tante persone che non è nata qui ma si è trasferita solo successivamente: “Mio marito aveva la casa e abbiamo deciso di provare a restare – sottolinea – ho trovato fin da subito una comunità molto bella e mi sono trovata molto bene. Pigra, se vuole, ti sa accogliere, dipende molto anche da come una persona si pone nei confronti di chi vive qua da sempre”.

Ambrogio Piazzoli

Se si passeggia tra le vie storiche del centro del paese si può ancora sentire l’eco delle voci del passato, attraverso le numerose case abbandonate o le scritte sui muri sbiadite, di quando la piccola comunità viveva in pace con se stessa e non voleva avere contatti con nessuno: “Al tempo c’erano tanti pigresi, soprattutto i più anziani, che non erano nemmeno mai andati a San Fedele (ex Comune distante pochi km) – spiega Ambrogio Piazzoli, classe 1940 – quando ero giovane c’erano molte persone e poche case, oggi è il contrario: siamo pieni di abitazioni abbandonate o chiuse da anni. A quel tempo, il senso di comunità e di appartenenza era fortissimo. Quando mi presento a uno sconosciuto, dopo aver riferito nome e cognome, dico da quale paese vengo”.

Una delle rare occasioni nella quale i pigresi lasciavano il paese, rigorosamente a piedi, oltre che per lavorare, era per giocare le sentitissime partite di balon (calcio): “Ci allenavamo con un pallone fatto di stracci, oppure con uno di cuoio cucito con lo spago. Pesava più di noi (ride, Ndr). Ogni volta finivamo a botte durante le partite perché, sentendoci tutti molto più che amici, non riuscivamo a tollerare che qualche nostro compagno fosse preso di mira. Nel frattempo le nostre mogli e fidanzate urlavano e sbattevano gli zoccoli sui muretti per fare il tifo. Addirittura io fui selezionato per giocare nel Como, al tempo in Serie A, ma rifiutai. Io volevo giocare nel Pigra”.

Una delle storiche osterie di paese

Ma i divertimenti non finivano certamente qui: “Ci eravamo inventati tantissimi giochi come il focu, una sorta di acchiapparella – racconta – d’estate poi andavamo a fare il bagno tutti nudi al mulino, per poi asciugarci sulle pietre bollenti a riva, scaldate dal sole”. E quando arrivarono le nuove tecnologie, Pigra le accolse alla propria maniera: “La radio e la televisione c’erano solo al bar – ricorda Piazzoli – il locale era pienissimo e tutti stavamo ad ascoltare o guardare, a seconda del periodo, le trasmissioni. La prima volta che vidi una radio chiesi come facesse a funzionare: mi dissero che all’interno c’erano degli omini che giravano manopole e facevano muovere gli ingranaggi. Ci cascai in pieno!”

Storie di comunità meravigliose che oggi sono solo un lontanissimo ricordo: “La Pigra di 60 anni fa non esiste più. Ci conoscevamo tutti di persona e ci aiutavamo l’un l’altro anche senza avere legami di parentela. Sapevamo di essere lontani da tutto e tutti, ma questo non ci interessava, poiché potevamo contare sugli altri. Era un’isola felice in cui tutti stavano bene”. Insomma, la storia di un piccolo paradiso terrestre, non “contaminato” dal resto del mondo, dei cui fasti, però, oggi rimane solo la memoria.

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