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Smartworking e frontalieri, quello che si sa fino ad ora. E la Lega dei ticinesi si oppone all’intesa

L’accordo amichevole dunque si farà. Lo smart working per i frontalieri torna a essere una realtà utilizzabile per migliaia di lavoratori. Quando però ciò avverrà è ancora difficile saperlo.

Come spiegato nell’importante annuncio di ieri (qui i dettagli) , l’intesa provvisoria, valida fino al 30 giugno 2023, potrà scattare solo quando la decisione dell’Italia di togliere la Svizzera dalla black list, annunciata sempre ieri e requisito fondamentale per l’operazione, verrà resa ufficiale dall’Italia. Ci vorranno dunque i cosiddetti tempi tecnici non ben quantificabili ma non immediati. Questo per dare una prima indicazione ai tanti frontalieri che già dalle ore successive all’annuncio di ieri hanno cominciato a domandare se allora si potesse già ricominciare a telelavorare. Non ancora, bisogna attendere un’indicazione ufficiale dai sindacati o dai datori di lavoro che la potranno dare solo quando verrà comunicata a livello governativo.

Altro aspetto che però sembra già essere determinato – come riferito dalla Camera di Commercio del Canton Ticino ai media svizzeri – è che tale accordo, una volta in essere, avrà effetto retroattivo a partire dal primo febbraio, data in cui era terminata l’intesa sullo smartworking precedente. Sempre il documento ufficiale che darà il via allo smartworking dovrà indicare la percentuale di telelavoro che sarà attuabile. Nel regime passato, anche a causa del Covid, si era arrivati fino alla possibilità di lavorare in presenza un solo giorno. Ora dovrà essere quantificato con precisione. Questo quello che per ora si sa.

I sindacati, a partire dall’Ocst che ha da sempre acceso i riflettori su ogni singolo passaggio sta infatti monitorando la situazione e ricevendo richieste di chiarimenti. Ciò che anche a livello sindacale intano inizia ad emergere è però, oltre alla positività di questo primo passo, il fatto che sia necessario arrivare a una soluzione strutturale del problema, visto che il prossimo 30 giugno ci si ritroverà nella stessa situazione di incertezza.

Intanto c’è chi già contesta l’accordo raggiunto. Si tratta della Lega dei Ticinesi e del deputato Lorenzo Quadri. “No al telelavoro dei frontalieri. I frontalieri che possono telelavorare non sono né gli operai edili e nemmeno il personale curante. Dello “smartworking” può usufruire chi lavora nel terziario, in ufficio. Ovvero quei frontalieri che non rispondono ad alcuna carenza di manodopera ticinese, ma che la sostituiscono, ed il cui numero continua a crescere senza alcun controllo, creando pesanti distorsioni sul mercato del lavoro del nostro Cantone. Inoltre la débâcle di Credit Suisse creerà migliaia di nuovi bancari disoccupati da ricollocare. In queste circostanze, un’ulteriore agevolazione dei frontalieri del terziario tramite home office è improponibile.

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Un commento

  1. Ok, facciano loro una ragionevole proposta x migliorare questo mercato del lavoro tenendo conto della carenza di contratti collettivi(!),oltre che dei rapporti con la UE con cui hanno circa il 50% del loro interscambio, leggi libera circola,ione, sancita dell’ennesimo referendum non molti mesi fa.

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