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Tessile, è crisi pesante, impietosi i dati della cassa integrazione. Brenna: “Aumento costo energia pesa fino al 10% del fatturato”

Mentre tutti gli altri comparti produttivi fanno segnare timidi, ma comunque concreti segnali di ripresa, certificati da una netta diminuzione nel numero di ore di cassa integrazione richieste, nel settore tessile prevale invece sempre il segno meno. Una situazione di difficoltà ben conosciuta da chi da decenni opera nel comparto come l’imprenditore, a lungo anche membro del direttivo di Confindustria Como, Graziano Brenna. “Purtroppo la situazione tra 2020 e 2021 è stata molto difficile. E adesso un altro duro colpo è stato inferto dall’innalzamento dei costi per le fonti energetiche, indispensabili nel nostro lavoro”.

Ma prima di approfondire lo stato dell’arte con Graziano Brenna, ecco i numeri certificati dal 12esimo Rapporto della Uil sulla Cassa Integrazione. Le ore richieste in totale di cassa integrazione nel 2020 – nel tessile – sono state 11.082.938 mentre quelle relative al 2021 sono salite a 11.430.781 con un incremento del 3,1%. Cifre che si traducono inoltre in un altro dato, ovvero quello relativo ai lavoratori in cassa integrazione che erano 5.433 nel 2020 mentre sono saliti a 5.603 nel 2021. Ma soprattutto ciò che più preoccupa e impressiona è vedere l’incidenza del settore tessile sulla cassa integrazione totale. Se infatti nel 2021 le ore complessive – ovvero di tutti i comparti – hanno toccato quota 27.080.869 ore, di queste ben il 42,2% – ovvero quasi la metà – sono da ascriversi proprio al settore tessile (con 11.430.781 ore).

“Purtroppo gli anni passati sono stati molto duri. Adesso inoltre si devono fare i conti con i prezzi schizzati alle stelle delle fonti energetiche. E ad esempio per imprese come la mia operante nella nobilitazione tessile, quella dei costi energetici è una voce primaria. A volte rappresenta addirittura il 10% del fatturato. E purtroppo alla fine dell’intero processo tutti questi rincari ai quali dobbiamo far fronte, alla fine ricadono sul consumatore”, spiega Brenna che però mantiene il suo proverbiale ottimismo. “Certo bisogna navigare a vista – conclude – ma l’avvio del 2022 sembrerebbe essere migliore. Sento aziende che mi confermano il miglioramento che speriamo sia duraturo. Per ora comunque almeno noi facciamo listini  a 3 o 4 mesi per tenere sotto controllo la situazione e non esporci troppo, viste le incertezze”.

Infine le parole di Salvatore Monteduro, segretario generale Cst Uil del Lario. “Dal confronto dei dati dell’anno appena terminato con il 2019 pre-pandemia si evince che si è ancora lontani dal dichiarare superata definitivamente la crisi economica – spiega Monteduro – Ancora una volta si fa notare come gli ammortizzatori sociali covid hanno permesso di salvaguardare moltissimi posti di lavoro, solo nelle nostre province sono stati oltre 18mila. Sarebbe opportuno che fino alla durata della fase emergenziale fossero prorogati gli ammortizzatori covid”.

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