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Via Spartaco è sfinita. Le case comunali tra crepe enormi, allagamenti e incuria

“Siamo persone e non possiamo vivere così. Cos’è il degrado? Qualcosa che ti uccide, dentro. Un’umiliazione quotidiana. Un mostro strisciante che sfianca l’equilibrio psicologico e deturpa la serenità”.
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Le drammatiche parole dei residenti delle case comunali di via Spartaco, a Rebbio, si sposano con la sensazione opprimente che assale alla gola chi varca la soglia di questo scenario desolante. Un quadro sconfortante nonostante i significativi interventi di manutenzione, la riqualificazione di cinque tetti e la messa in sicurezza di tre appartamenti realizzati grazie a un progetto da un milione complessivo cofinanziato da Comune e Regione.

“Ho vissuto in queste palazzine per 10 anni – commenta Moira Bigoni, 43 anni e membro del Comitato Spartaco – Per renderlo vivibile ho dovuto effettuare diversi lavori, primo su tutti la messa in sicurezza dell’impianto elettrico che rischiava di essere molto pericoloso per l’incolumità dei miei figli”.

(Fotoservizio: Carlo Pozzoni)
Otto palazzi, di proprietà di Palazzo Cernezzi, per un totale di circa 90 appartamenti avvolti da un’atmosfera di abbandono e disfacimento così rilevanti da far dubitare che quel lembo di terra appartenga a Como.

“Le pessime condizioni in cui riversano le palazzine sono note da anni. – continua Bigoni – Solo grazie alle ripetute segnalazioni del consigliere Alessandro Rapinese abbiamo ottenuto numerose migliorie ma la strada è ancora lunga”.

Camminando tra le vie che compongono l’area è possibile imbattersi nei resti ingombranti di un pino.

“Qualche mese fa – prosegue Bigoni – la parte superiore di un pino si è spezzata. Sono prontamente intervenuti i Vigili del fuoco ma il Comune non ha provveduto alla rimozione dei resti che giacciono ancora abbandonati nel piazzale. Come se ci fosse bisogno di altro degrado”.

Moira Bigoni

L’umanità e il calore negli sguardi di alcuni residenti sono permeati da sfumature talvolta di rassegnazione, talvolta di quella rabbia educata di chi, senza sfociare nell’aggressività, non rinuncia al sano desiderio di veder riconosciuta la propria dignità.

Lucia Cavati

“Le cantine spesso si allagano – commenta Lucia Cavati, residente 78enne – e l’acqua, stagnando, rilascia un odore nauseabondo. Il degrado chiama degrado e quegli spazi somigliano a una discarica”.

Al Comune spetta la gestione di numerosi elementi della struttura mentre gli spazi comuni sono di competenza dei residenti e i più volenterosi, spesso anziani, faticano a far rispettare le norme agli altri.

“Quando si effettuano dei lavori – continua Bigoni – pagano solo poche famiglie. Una soluzione efficace potrebbe essere lasciare la gestione degli spazi comuni al Comune e chiedere allo stesso di imporre la suddivisione delle spese a tutti i residenti. Senza il controllo di un amministratore che detta regole chiare si sfocia nell’anarchia”.

Le pareti esterne dei palazzi, scalcinate e deteriorate, si affacciano sui colori spenti delle aree verdi ridotte a cespugli colmi di rifiuti e pezzi di terra brulla popolati da fatiscenti giochi per bambini.

“Buona parte delle palazzine ha impianti elettrici non a norma e diversi balconi riversano in pessime condizioni – continua Bigoni indicandomi un balcone decadente – tutti elementi che generano insicurezza”.

Nicola Laganà

Salendo le trombe delle scale è facile imbattersi in muri scrostati se non addirittura in crepe ingenti su soffitti e pavimenti.
“La fossa biologica – commenta Nicola Laganà, 85enne – andrebbe spurgata con regolarità e non viene fatto. Questo comporta la fuoriuscita di sporcizia e topi. Vorrei – conclude – che il Comune fosse più presente, che eseguisse i lavori a suo carico e imponesse controlli e regole per ciò che è di competenza dei residenti. Da solo posso fare poco, mi sento sconfitto”.

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Un commento

  1. L’Assessore al Decoro nonché Vice Sindaco è “missing in action”? Invece di passare il suo tempo a lanciare anatemi avvelenati con il megafono in mano, dovrebbe iniziare a fare qualcosa di utile per i suoi concittadini.
    Lo slogan non era “prima gli italiani”? O solo “prima gli italiani che non abitano nelle case comunali”?
    O forse “prima gli italiani che temono la svalutazione del valore dei loro immobili ubicati in prossimità del centro rifugiati?”
    Questa in ogni caso è la differenza sostanziale tra chi sta con il popolo e chi è solo populista: alimentare la rabbia e non affrontare i problemi!

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