Il nerissimo e divertente The Party segna il ritorno nelle sale italiane di Sally Potter, a distanza di diciotto anni dall’ultimo suo film distribuito nel nostro paese, L’uomo che pianse.
La regista e sceneggiatrice inglese, rivelatasi grazie ad Orlando – l’adattamento del romanzo di Virginia Woolf, che lanciò la carriera di Tilda Swinton, facendone una vera e propria star nel mondo dell’indie – aveva conosciuto un notevole successo anche con il successivo Lezioni di tango, un’opera di metacinema, perfettamente calata nelle atmosfere del finire degli anni ’90.
Eppure dopo il raffinato The man who cried si era creato improvvisamente un vuoto, che ora The Party – una commedia nera e politica, di stampo teatrale – viene giustamente a colmare.
Girato in bianco e nero, all’interno di un unico set – l’appartamento di Janet, deputata del partito d’opposizione – il film si giova dell’estrema concentrazione delle tre coordinate teatrali di spazio, luogo ed azione, per raccontare in soli 70 minuti la tempesta che improvvisamente si scatena su quella che avrebbe dovuto essere una gioiosa e cordiale celebrazione tra amici.
Janet infatti è appena stata nominata ministro-ombra alla sanità, il culmine di una carriera politica combattuta per i diritti dei più deboli e con slancio idealistico.
A festeggiare la sua nomina c’è un piccolo gruppo di amici: innanzitutto April, compagna di lunga data, diventata negli anni assai meno idealista di Janet, accompagnata dal marito Gottfried, un life coach tedesco, contrario alla medicina tradizionale; quindi la professoressa universitaria Martha con la giovane compagna Jinny, una cuoca in attesa dei loro primi tre figli e infine Tom, il giovane marito della sua assistente, Marianne, che lavora nella finanza.
Ad accogliere gli amici, mentre la padrona di casa traffica in cucina, c’è il marito Bill, anche lui professore, incredibilmente incupito e catatonico, seduto sulla sua poltrona al centro del salotto, intento solo a cambiare repentinamente i 33 giri jazz e rock della sua pregevole collezione.
Nel frattempo il telefonino di Janet continua a squillare: nel corso della lunga serata saranno svelati segreti e bugie, che per troppo a lungo hanno attraversato le vite del piccolo gruppo dei protagonisti.
Costruito dalla Potter come un fuoco d’artificio di stampo classicamente teatrale, una sorta di atto unico, che comincia dall’ultima scena e poi si riavvolge su se stesso, per raccontarci come si è arrivati a quella pistola puntata in faccia allo spettatore, il film è una satira brillante, che non risparmia nessuno.
Non la politica, naturalmente, attorno a cui ruota la vita di Janet e dei suoi amici. Non i rapporti personali, devastati da tradimenti ed infedeltà troppo a lungo nascoste. Non i ruoli sociali, travolti dall’emergere di verità scomode.
La Potter ne ha anche per le virtù taumaturgiche dei guru dell’omeopatia, per l’egoismo delle madri a tutti i costi, per i vizietti di polvere bianca dei finanzieri d’assalto e per le ipocrisie della buona borghesia inglese, alle prese con il sistema sanitario nazionale.
Insomma, è un quadretto edificante quello raccontato in The Party, in cui però se i quarantenni giocano il ruolo delle vittime un po’ incapaci, è la generazione dei cinquanta-sessantenni ad uscirne davvero con le ossa rotte, preda di un ego sempre smisurato e di una morale assai poco rigorosa.
Naturalmente il party del titolo non è solo un riferimento alla piccola festa organizzata da Janet, ma anche al Labour Party, il partito in cui milita la protagonista ed in cui sembrano riconoscersi anche gli altri personaggi, incarnandone ciascuno una diversa sensibilità.
La Potter, con una certa divertita ferocia, vuole metterne alla berlina la profonda confusione identitaria e la sua sbandierata superiorità etica.
E’ sintomatico allora che, con un certo masochismo compiaciuto, gli amici si ritrovino a festeggiare l’ingresso di Janet nel governo-ombra, ovvero l’esecutivo di minoranza, formato, secondo la tradizione anglosassone, dal partito uscito sconfitto dalle elezioni.
Il film è un gioco crudele sempre ai limiti del surreale, dove si ride amaro delle miserie nascoste, pubbliche e private, di questo piccolo microcosmo borghese.
Bellissima la fotografia contrastata e drammatica di Aleksei Rodionov, impeccabile il settetto d’attori, guidato dal silenzioso e burbero Timothy Spall e da Kristin Scott Thomas, vittima designata agli occhi degli amici, almeno sino al revirement finale.
Dedicato ai radical chic di ogni epoca e latitudine, non esclusi i corbyniani nostalgici e di complemento del nostro paese.
In sala dall’8 febbraio per Academy Two.
THE PARTY (The Party)
REGIA: Sally Potter
ATTORI: Kristin Scott Thomas, Timothy Spall, Patricia Clarkson, Bruno Ganz, Cherry Jones, Cillian Murphy, Emily Mortimer.
Produzione: GB, 2017
Durata: 71 minuti
2 Commenti
Ottimo punto di vista. Totalmente a favore della pedonalizzazione di Via Milano!
bellissimo, ma insostenibile senza delle opere fondamentali come una strada interrata per le due sponde del lago, verso Bellagio e Menaggio (es. Lecco) e autosili periferici zona ticosa e caserme. poi l’intera città (o quasi) potrebbe essere pedonabile e attraversata da mezzi elettrici di superficie… che sogno!