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Attualità, Politica

Como, sindaco 2022. Super vertice Dem-Civitas: niente primarie, due candidati segreti e ‘grande serenità’

Un’ora e mezza di vertice e un patto, far trapelare poco o pochissimo. Anzi niente. Ma si vada per gradi.

Oggi l’incontro del centrosinistra, Pd e Civitas al tavolo in vista delle elezioni di sindaco e Consiglio del 2022 a Como città. Presenti i leader: Federico Broggi, segretario provinciale Dem, e Bruno Magatti, fondatore e architrave della civica Civitas.

Ordunque, come è andata? “Una bellissima chiacchierata in un clima molto sereno, un incontro piacevole e importante tra le forze più rappresentative del centrosinistra a Como” è la sintesi, estremamente fedele, delle dichiarazioni (sintetiche pure quelle) dei due.

Eppure Magatti giusto sabato scorso, dopo l’avvio ufficiale della campagna elettorale per la sua lista, annunciava due nomi da discutere con i lettiani. Ufficialmente oggi non sono stati fatti anche se Adria Bartolich (qui gli ampi approfondimenti di questi giorni) era un po’ il convitato di pietra.

Forse l’ex assessore al Verde della giunta Lucini aveva in tasca anche quello dell’architetto Ado Franchini ma vai a sapere.

Stessa cosa per il Pd, niente nomi, niente rosa. Anche se (anche se) certamente possiamo dire che: dei papabili emersi in questi mesi alcuni hanno un certo grado di possibilità (sempre Bartolich, poi Vittorio Nessi e Barbara Minghetti con Maurizio Traglio molto molto sullo sfondo, vedi qui) ma Broggi terrebbe, quanto Magatti, un jolly in saccoccia e non si sa chi sia.

Unica certezza, le primarie – un tempo strumento principe, quasi vacca sacra del Pd e della coalizione – sarebbero l’ultima possibilità, davvero estrema. Spiega il segretario Dem: “E’ un dato politico assodato. O escono nomi e personalità che meritano un confronto con gli elettori oppure, se le forze politiche in campo convergono su un candidato unico, non ha senso fare primarie che non abbiano valore”.

Magatti, in linea, aggiunge: “E’ importante, fondamentale, che il candidato sindaco sia una scelta condivisa e senza mal di pancia”.

Obiettivo? Si incontreranno nuovamente entro un paio di settimane per nuovi confronti e passaggi anche con altri possibili alleati.

Al momento, con un centrodestra in totale confusione e un Landriscina-bis che sembra davvero al cupio dissolvi, l’unico candidato certo e estremamente attivo in vista delle urne è Alessandro Rapinese.

Stiamo a vedere.

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14 Commenti

  1. Premesso che il mio è un contributo di “fantapolitica locale”, la soluzione per Como potrebbe passare per l’alleanza tra una Nuova Lista Civica, scevra quindi dei trascorsi che facciano inarcare più di un sopracciglio, ed un Candidato sindaco di riconosciuti prestigio e competenza, che abbia un’idea della “Como di domani” già spendibile presso l’elettorato, e che oltre che gradito ai moderati risulti anche attrattivo per chi oramai vota stancamente gli schieramenti di sempre; del resto un pò spaesati (almeno così è dato di  leggere…). Verrebbe così a quadrarsi il cerchio dei necessari consensi?
    Detto in altri termini: incoronazione cittadina e mani libere, chissà se qualcuno mai vorrà provare…

  2. Giorgio nessuna finzione si è partiti proponendo un programma alternativo che poi al ballottaggio avrebbe potuto benissimo conciliarsi con quello del gruppo di traglio ma dallo stesso gruppo sono arrivati i diktat sul rifiuto di apparentamento. Civitas avrebbe dovuto regalargli i consensi dopo uno smacco del genere? Ammesso e non concesso poi che chi ha votato Civitas non abbia votato anche traglio

    1. E ha fatto bene a rifiutare un apparentamento: se vuoi andare da solo alle elezioni, poi non salti sul carro di chi è arrivato al ballottaggio. Comoda la vita!

      Il resto è quello che descrivi tu: “non si regalano consensi per uno smacco” significa metterla su un piano personale invece di pensare all’opzione che si vuole dare alla città. Quello che chiamavo egoismo.

      Sempre ammesso che non si reputasse l’eventuale amministrazione Traglio uguale a quella di Landriscina.

      Vuoi un esempio? Calenda a Roma si è schierato per Gualtieri senza cercare o volere apparentamenti: considerava Michetti una sciagura e Gualtieri l’opzione migliore al ballottaggio.

      1. Caro amico di Davide,
        Buonasera. La situazione dei vari Paesi tende genericamente ma anche con estrema precisione a modificare da pochi decenni tutto il mondo che conosciamo. Diciamo quasi sempre frasi generiche, una delle quali è appunto la conoscenza del mondo. Quale conoscenza? E quale mondo? C’è il nostro sole che determina i pianeti che stanno intorno a quell’astro. Da quanti millenni e millenni di secoli quell’astro funziona?
        Per il momento gli abitanti del nostro sistema planetario tendono a ragguagliarsi adeguandosi alla modifica solare. Queste modifiche producono degli effetti di notevole entità dei vari pianeti che circondano la solarità. Anche quei pianeti ricevono gli effetti leggermente marginali dei mutamenti solari, mutamenti che incidono sulle parti mediane dei vari astri che determinano il sistema solare: i pianeti che ruotano verso il centro del sistema solare intercettano la maggiore o la minore forza della solarità.
        Questi sistemi sono composti da vari elementi i cui effetti sono estremamente variabili. Poiché l’energia solare sta variando, una variazione si sta determinando anche sui pianeti che sono dipendenti dal Sole. Secondo la loro disposizione geografica gli effetti che essi subiscono dalla forza o dalla debolezza dell’astro principale, fa sì che le variazioni che essa proietta sul suo circondario siano variabili. Per esempio, variazione notevoli si esercitano sui Poli così come in altra misura si esercitano sulle zone equatoriali. Si sta determinando una differenza notevole tra Nord e Sud con ripercussioni di grande effetto per esempio sull’Australia, il Sudamerica, sulla Cina e sulle grandi isole del Pacifico e del Giappone.
        *****
        Fin qui abbiamo parlato all’ingrosso dei mutamenti geografici del Sole e dei suoi pianeti dipendenti ma naturalmente la realtà della vita è molto più interessante per le imprese dirette. L’Oceano Pacifico è notevolmente vasto: si diparte dall’Asia minore e da alcuni fiumi che scendono dal Nord al Sud della nostra Terra, a cominciare dal Danubio e dal Reno. Le loro fonti di partenza sono prossime reciprocamente, ma con una differenza fondamentale: il Danubio scende dal Nord al Sud; il Reno sale dal centro Europa verso l’Olanda.
        Il Danubio invece scorre verso Oriente dove si sono svolte alcune delle più importanti vicende della storia come le grandi conquiste di Alessandro Magno.
        Alessandro mise il suo bollo sull’Oriente passando per Atene e puntando sulla Persia e sull’inizio dell’India. Morì molto giovane a 33 anni lasciando un gruppo di generali provenienti dall’Epiro e dalla Grecia meridionale a governare quello che fu il più vasto impero dell’antichità. È inutile dire che quell’impero ebbe molti successori e perfino la guerra di Troia che battezza la Grecia, l’Egitto, il Mar Egeo, Cartagine. Infine Roma che conquistò l’intero Mediterraneo, parte dell’Africa e l’intera Europa, dallo stretto di Gibilterra fino alle coste inglesi e irlandesi dal Nordovest fino alla Cappadocia e al sud dell’Europa. La vera figura unificatrice fu quella di Enea dal quale discendono Romolo e Remo e gli oltre duemilasettecento anni di Roma. Lì comincia Roma, cioè casa nostra.
        *****

        Ad aver raccontato la storia degli umani cominciata attraverso la Bibbia di migliaia di anni fa, ci troviamo oggi a ulteriori ma molto diverse situazioni di assoluta modernità che non è né europea né americana né orientale ma del mondo intero. La politica si è fatta fluida, in molti Paesi destra e sinistra sono un concetto che sembra superato, e la stessa politica sembra spaesata nel nulla.
        Il nostro primo ministro Mario Draghi sta cercando di coagulare le forze politiche italiane utilizzando anche i mesi che ancora determinano il potere del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
        L’ideale che personalmente ho concepito da molti mesi prevede che Mattarella resti ancora tre anni al Quirinale. Tre anni sono sufficienti (o almeno così si spera) ad affidare la Presidenza della Repubblica a Mario Draghi. Un Mattarella di buon funzionamento e un Draghi che proverrebbe dal governo italiano e meriterebbe la guida presidenziale.

        Naturalmente la Presidenza italiana e il quadro dei partiti politici nazionali, europei, mondiali: questa è la visione la cui durata da oggi arriverebbe a dieci anni, auspicandone tre di Mattarella e sette di Draghi al Quirinale. A fianco di Draghi ci vorrebbe un capo di governo della migliore efficacia nazionale ed europea e forse ancora più vasta perché America, Cina, India e Africa, sono ormai situazioni collegiali: l’Europa è piccola, l’America anche, il mondo intero lo guardiamo con un’occhiata veloce: io ho un’età abbastanza avanzata e quindi questo tipo di velocità mi risulta molto percepibile.
        Il mondo, come abbiamo già indicato, necessita di una vita coordinata tra i singoli Paesi. Va studiata questa situazione che altre epoche hanno già vissuto. Vedranno i nostri amici un futuro che mi permetto di definire una favola. Beato chi la vedrà.
        Un caro saluto, buona serata, e non esagerare con il Sidro.
        Davide
        @davidefent

        1. Due pappardelle incredibili (copia/incolla da chissà dove) per parlare dei massimi sistemi, mentre l’argomento del post sono le elezioni comunali di Como.
          Mah, bene ma non benissimo…

  3. Buongiorno,
    Vedo molte incertezze sotto il <> da destra, al centro a sinistra. Io sono per un ritorno a prima della Riforma, ridare più potere ai Consiglieri Comunali, veri Rappresentanti del Popolo che vita, un solo turno, elezioni proporzionali, il Sindaco viene nominato dal Consiglio Comunale, e i Consiglieri Comunali che diventato Assessori non si dimettono. VOTAVA 80% perché il proporzionale è rappresentativo, e il Sindaco coi due turni e maggioritario rappresenta il 20%, il 25% delle Cittadine e Cittadini, la DC prendeva di più da sola. Due turni, con 60% di non voto ? primo turno e dopo due settimane al ballottaggio va il 30% è democrazia? Riapriamo un dibattito su questo.
    Mentre la riforma che ha introdotto regole maggioritarie nella elezione del parlamento nazionale non sembra aver risposto positivamente alle grandi aspettative che venivano in essa riposte, giudizi in genere positivi vengono espressi su quella che ha introdotto l’elezione diretta dei sindaci. Tali giudizi sono giustificati? E se sì, perché? Esiste un sistema elettorale in grado di fornire un rendimento più elevato di un altro? Gli osservatori più avvertiti concordano nel ritenere che non esiste un sistema elettorale ottimale, un sistema intrinsecamente superiore agli altri, che offra rendimenti elevati in qualsiasi contesto. Tutti i sistemi elettorali hanno pregi e difetti. La preferenza per uno piuttosto che per un altro deve essere, quindi, valutata in relazione a numerose variabili. Spesso però questo elemento viene trascurato e gli osservatori più frettolosi dimenticano che le regole elettorali sono solo uno degli anelli di quella complessa catena che è il sistema politico-istituzionale, con il quale esse devono amalgamarsi e non essere in conflitto se si vuole un loro rendimento elevato. Per questo è utile non dimenticare che sia la legge regionale siciliana che ha introdotto in Italia l’elezione diretta del sindaco (la n. 7 del 26 agosto 1992) sia quella nazionale che l’ha seguita sette mesi dopo (la n. 81 del 25 marzo 1993), oltre a modificare il sistema elettorale in senso stretto – struttura del voto, traduzione dei voti in seggi, scelte rese disponibili all’elettore –, intervengono anche sull’insieme delle disposizioni di contorno e, soprattutto, sul rapporto fra sindaco, giunta e consiglio e, quindi, ridisegnano, o tentano di ridisegnare, l’intero assetto del governo locale. Insomma, mentre le regole elettorali prevalentemente maggioritarie introdotte a livello di sistema politico nazionale operano all’interno di un regime politico che rimane inalterato in molte sue componenti, quelle che riguardano il livello locale si preoccupano di ridisegnare un nuovo assetto all’interno del sistema di governo e cercano di essere coerenti con esso. Il risultato positivo di cui generalmente si parla è dovuto solo a questo? Basta un disegno istituzionale coerente ed un sistema elettorale che ben si adatta ad esso per ottenere un rendimento elevato? Nelle analisi in cui prevale una concezione «giuridico-formale» delle istituzioni politiche si ritiene che il loro rendimento prescinda dall’ambiente in cui operano e che esista un legame forte tra le norme giuridico-formali che prescrivono determinati comportamenti ed i comportamenti degli attori sottoposti a quelle regole. In altri termini, si assume che gli attori sociali e politici si conformino automaticamente e meccanicamente alle regole a cui il loro comportamento è sottoposto; si trascura cioè l’idea che il legame tra regole e comportamenti sia invece più problematico e complesso, e che gli attori possano anche non rispettare o non applicare le regole, oppure che le possano interpretare sulla base della loro cultura e dei loro interessi, e quindi collocarsi strategicamente rispetto a esse, manipolandone e ridefinendone il contenuto (Lanzalaco, 1996). Insomma, in accordo con tanti altri autori, vogliamo sostenere che il rendimento delle istituzioni politiche non dipende solo dalla componente «giuridico-formale». Vi sono altre componenti che non sono meno importanti. Ad esempio: le risorse materiali, umane, cognitive e professionali che sono correlate all’istituzione stessa e le permettono di funzionare e di affermarsi sia rispetto al proprio ambiente sia rispetto ai propri membri; l’interpretazione delle regole da parte degli attori e la loro capacità di adattarsi all’ambiente ed ai suoi mutamenti. I mutamenti nelle regole elettorali introducono livelli di incertezza e mettono in crisi le tradizionali routine cognitive e decisionali degli elettori e dei politici. Nelle fasi di introduzione di innovazioni, i nuovi (e magari non ancora perfettamente valutabili) sistemi di vincoli ed opportunità spingono (o costringono) le élites a rinunciare ai loro comportamenti tradizionali e ad elaborare rapidamente nuove strategie di adattamento, le quali possono condurre ad una ridefinizione della struttura della competizione. Insomma, si aprono ampi margini di libertà ed i leaders possono contribuire in modo decisivo a strutturare/ristrutturare il contesto della competizione politica. Nel campo del governo locale, le nuove regole hanno certamente offerto delle opportunità per rendere superata la figura del sindaco-mediatore, individuata da Tarrow (1979) come tipica della realtà italiana, ed in particolare hanno offerto ai nuovi sindaci l’opportunità di emanciparsi dalla tutela partitica. Dato il fenomeno della personalizzazione del potere che ha accompagnato l’elezione diretta del sindaco, dipende molto da quest’ultimo la possibilità di creare una «costituzione materiale» a lui più favorevole ed attivare un circuito virtuoso che, ad esempio, può portare un «partito del sindaco» a sostituire il «partito degli assessori» che dominava in precedenza.

    2Bisogna ricordare a tal proposito che di per sé l’elezione diretta e la legittimazione popolare non garantiscono la preminenza sul o nel partito e/o su altre cariche istituzionali. Basti dire che vi sono casi di Presidenti della repubblica che, benché eletti dal popolo e dotati di poteri rilevanti – come in Austria ed in Islanda –, hanno finito per esercitare un ruolo di secondo piano, così come ci sono casi di forte «potere aggiunto» esercitato da un presidente eletto dal popolo (De Gaulle, ad esempio) (Linz – Valenzuela, 1995; Sartori, 1995). La personalità e l’interpretazione del ruolo dell’eletto é, specie in questa fase, molto importante per vincere le resistenze di quegli attori che vedono messo in discussione il loro antico potere. Tra questi vi è certamente il «partito» degli assessori e quello dei consiglieri comunali.
    Un abbraccio ? forte. Buon Lavoro
    Davide Fent
    @davidefent

  4. I tempi non sono il piatto forte del giovane segretario del PD. Pubblicizzare l’incontro con Civitas dopo la provocazione di Italia Viva dà l’impressione che la provocazione ha sortito gli effetti sperati. Invece probabilmente l’incontro era già programmato. Quello che invece è evidente che i Dem senza candidato e senza programma si faranno suggerire il candidato e il programma da Civitas. Per non dare troppo peso alle idee dei fuoriusciti di Italia Viva e Azione, per non accettare i distinguo dei resti di Svolta Civica, i Dem accettano l’abbraccio di chi li scaricò cinque anni fa con un “personalissimo” dicktat. Chissà se la proposta della coordinatrice di Italia Viva, Barbara Ferrari, era spontanea o strumentale. Sicuramente ha tracciato un solco nello schieramento di centro sinistra staccando senza indugi il centro dalla sinistra. Adesso un’ipotetica intesa è sempre più difficile. Alla fine, chi in Italia Viva era convinto che un PD senza idee si sarebbe agganciato a chi qualche idea l’aveva, ha avuto ragione ma evidentemente è stato troppo ottimista sull’interlocutore che il giovane Segretario del PD avrebbe privilegiato. Peccato! Un’occasione persa per il PD ma anche per Alberto Gaffuri. Se si presenta, correrà da solo; se non si presenta dovrà trovarsi un candidato di enorme peso in città altrimenti sarà meglio che rinunci a correre. Sperem….a questo punto per il nuovo polo centrista ovviamente.

    1. “i Dem accettano l’abbraccio di chi li scaricò cinque anni fa con un “personalissimo” dicktat” mi risulta che le cose andarono diversamente. Buon polo centrista. Sentitamente

    2. Lei Gioele continua a propugnare una falsità tendenziosa: fu traglio e DPD che lo appoggiava a rifiutare l’apparentamento di Civitas e non il contrario

      1. Lascia perdere l’apparentamento: ci si è presentati alle elezioni con programmi e candidati diversi, inutile fingere di essere uniti subito dopo il primo turno.

        Rimane che Civitas ha ritenuto di non esprimere una preferenza per il ballottaggio (a prescindere da eventuali apparentamenti, ossia poltrone): a quanto pare per Civitas l’opzione Traglio e quella Landriscina erano uguali. Legittimo.

      2. Buonasera, non ho nominato l’allora candidato del centrosinistra perché non mi riferisco ai colloqui che ci sono stati dopo il primo turno. Non so neppure se ci sono stati e, a dire il vero, anche se ci fossero stati non gli darei alcuna importanza. Non credo, infatti, che i candidati sconfitti al primo turno possano influire sulle intenzioni di voto dei propri elettori a patto che questi non siano guidati da organismi “stakeholder”. Non mi sembra che sia il caso degli elettori di Civitas. Mi riferisco invece alla scelta di Civitas di correre da sola al primo turno. Una scelta allora difficilmente negoziabile (da qui “personalissimo” dicktat) che, se la memoria non mi inganna, è stata presa prima della discesa in campo dell’allora candidato del centrosinistra, Traglio. Una scelta assolutamente legittima che però ha comportato l’abbandono degli alleati di un tempo. Non c’è nessuna falsità tendenziosa a patto che non mi dica che mi sono sbagliato e che Civitas era nella coalizione di centrosinistra al primo turno delle elezioni del 2017. Può succedere, capita a tutti di prendere una cantonata.

  5. Quindi annuncio a mezzo stampa di aver invitato il PD a una riunione dove avrebbe proposto due nomi “prendere o lasciare” e poi nulla di fatto?

    Si direbbe la classica voglia di protagonismo, con la montagna che poi partorisce un topolino…

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