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Politica

Fratelli addio, ciclone Maesani: “Sì, ho pianto. Ma la destra di distrazione di massa non è la mia”

“Sono scesa in cortile. Ho pianto. Ho fumato. Poi sono tornata in aula”.

Voce leggermente roca, serenità di base percepibile, nessun indietreggiamento possibile. Patrizia Maesani, dopo il clamoroso addio a Fratelli d’Italia per confluire nel Gruppo Misto, torna sul “luogo del delitto”.

Maesani, torniamo all’inizio del percorso. Com’è nata nel 2017 la candidatura con Fratelli d’Italia, la voglia di tornare a Palazzo?
Dall’esperienza della mensa di Sant’Eusebio per l’emergenza migranti, nel 2016. In quei momenti, iniziai a tornare in Comune spesso, dopo anni. Qualche tempo prima delle elezioni del 2017, mi chiamò Alessandro Colombo. Mi disse che stava dando una mano a Fratelli d’Italia, che collaborava con Alessio Butti. E mi domandò se mi andasse di candidarmi. Inizialmente lo presi per matto. Poi cambiai idea.

Prima di arrivare all’addio, una domanda: nel corso di questi 22 mesi lei ha mai accarezzato l’idea di diventare assessore?
Una volta eletta, nei primi tempi non ci pensai assolutamente. Tanto più che per entrare in giunta c’era una figura di spessore come Marco Butti che garantiva davvero tutti. Lui era ed è l’assessore naturale di Fratelli d’Italia. Poi, però, con il passare dei mesi e una serie di questioni che sembravano arenarsi, a partire dalla vicenda Comodepur, effettivamente diedi la mia disponibilità per un eventuale ingresso in giunta sia al sindaco Mario Landriscina, sia ad Alessio Butti.

E come mai non se ne è fatto niente?
Beh, Butti mi rispose subito: “Stai sulle palle a mezza giunta, come si fa?”. Il sindaco, di fronte alle obiezioni su temi che mi parevano ingarbugliarsi senza risolversi, nemmeno mi ascoltava. E allora, io stessa mi sono chiesta: cosa ci vado a fare in giunta? A fare il carciofo?

Dunque i rapporti, almeno politici iniziano a incrinarsi. Ma le turbolenze sono state molte, a quando fa risalire un momento di rottura vera e propria?
Il primo momento di scontro vero, almeno a livello personale, coincide con l’ordinanza antiaccattonaggio emessa dal sindaco nell’inverno 2017-2018. Mi sembrava un’assurdità, un voler negare una realtà senza affrontarla, nascondendola sotto il tappeto. Mi domando ancora adesso come si può pensare che vietare l’elemosina o di dare la colazione ai senzatetto sotto un portico faccia “evaporare” queste persone. Per quello chiesi anche l’apertura della stazione San Giovanni di notte.

Cosa che fece infuriare il vicesindaco Alessandra Locatelli.
Io sui miei principi non transigo, non faccio passi indietro. Nemmeno se arrivano ordini da via Bellerio. Io non ho nulla di personale con Alessandra Locatelli, ma le mie battaglie le ho sempre fatte per questioni politiche.

Eppure Locatelli, mentre lei leggeva il suo discorso di addio al gruppo di Fratelli d’Italia, rideva di gusto.
Rispondo che io, per educazione e sensibilità istituzionale, non mi sono mai permessa di ridere di nessuno, amici o avversari che fossero. Posso essere dura quanto si vuole, ma l’attacco personale non è nel mio Dna. La mancanza di rispetto nei miei confronti? La faccia è la sua, ne risponde lei.

E con il sindaco e la “zarina” Elena Negretti come sono i rapporti?
Per quanto riguarda Negretti, sono disgustata dai tanti attacchi personali nei suoi confronti, tanto che ho votato contro la mozione di sfiducia contro di lei. Poi è chiaro che su molte cose la pensiamo diversamente. Al sindaco, invece, in questi due anni ho portato proposte, idee, suggerimenti: dalla Ticosa, gestita benissimo da Marco Butti nel confronto con Multi, a Como Acqua, da Comodepur ad Acsm. Riscontri? Pressoché nulli.

Qualcuno che in giunta stima particolarmente?
A parte Marco Butti, sicuramente Marco Galli. E poi Amelia Locatelli, persona adorabile. Ma in generale, io non guardo le persone come le vedono gli altri, odio i pregiudizi. Ai tempi della giunta Botta, Bruno Magatti fece un esposto contro di me e tutta la giunta per il tunnel del Borgovico. Ma lo rispetto, con lui ho sempre dialogato. Non cerco nemici. Ho ottimi rapporti anche con Anna Veronelli o Franco Brenna, per dirne altri due.

Nel suo discorso di addio a FdI ha accusato il partito di essere subalterno alla Lega.
La mia è una destra d’ordine, vicina alle forze di sicurezza, ma in maniera molto pragmatica e non ideologica. E comunque sempre vicina ai più deboli. Invece mi trovo davanti a battaglie contro i venditori di mimose senza andare al racket a monte, zone della città infestate dagli spacciatori ma multe ai senzatetto, presunta tolleranza zero sul tema dei migranti senza che si vada mai alla radice vera dei problemi. Solo slogan, parole. Armi di distrazione di massa.

Ammetterà, però, che lei non ha un carattere facile.
Vero, sono una persona estremamente dura. Ma lo sono anche con me stessa. E non ho 100 facce, ma una soltanto: la stessa che si vedeva a Sant’Eusebio e che pure crede in alcuni valori cardine della destra. Se Comodepur è un problema, se la gente che dorme per strada è un problema, se la cultura in questa città è stata dimenticata ed è un problema, io non dico che non è vero per ordine di partito.

Da alcuni settori del centrodestra, specialmente in zona Lega, si dice che alla fine lei sia semplicemente di sinistra, se non di estrema sinistra.
In maniera rozza e dozzinale, il mondo ormai viene diviso in chi sta con la Lega e chi è di sinistra. Capisco che noi liberal-conservatori siamo incapaci di organizzarci e strutturarci, è un fatto. Ma il pensiero liberale c’è eccome. Ora nel Gruppo Misto lo dimostrerò: e voterò di volta in volta i provvedimenti in base alle mie convinzioni.

E questa amministrazione come la vede fra 3 anni?
Questa amministrazione non ha un alibi per sbagliare: ha un bilancio florido, le paratie ce le hanno tolte dai piedi. Abbiamo chiuso la causa con Multi per la Ticosa. Altre giunte hanno avuto la Procura in casa un giorno si e uno no, ai tempi di Alberto Botta non c’erano i soldi per comprare la carta igienica. In confronto, ora siamo sul velluto. Se andasse male sarebbe un fallimento doppio.

Per lei, a fine mandato e fuori dai partiti tradizionali, cosa immagina?
Ho una vita, un figlio, un lavoro. Fra 3 anni tornerò a fare quello che facevo prima. La politica la si può fare anche fuori dal Palazzo. Io non sono Pettignano che cerca una sedia dove mettere il sedere.

L’articolo che avete appena letto è stato pubblicato su ComoZero settimanale ( nuovo numero in distribuzione ogni venerdì e sabato in tutta la città: qui la mappa dei totem.

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3 Commenti

  1. “ciclone”, forse un venticello.
    Alla Maesani non si può non riconoscere competenza e preparazione. Credo la migliore, con Nessi, nel Consiglio Comunale. Non si può non apprezzarla.
    In compenso dispensa consigli e giudizi su tutti, tranne che su di lei. Naturalmente.

  2. atto primo: “io, per educazione e sensibilità istituzionale, non mi sono mai permessa di ridere di nessuno, amici o avversari che fossero. Posso essere dura quanto si vuole, ma l’attacco personale non è nel mio Dna”
    atto secondo ” Io non sono Pettignano che cerca una sedia dove mettere il sedere”
    “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde” oppure “una poltrona per due”.

  3. L’affermazione che l’Avvocato Maesani sia di “sinistra” o di “estrema sinistra”, è la dimostrazione che il livello intellettuale e culturale dei “baluba” è imbarazzante.
    Il confronto tra “liberali conservatori” e la “destra estrema” è come il confronto tra la “sinistra riformista” e l'”estrema sinistra”: gli estremisti dicono agli altri che sono asserviti agli avversari politici. Il problema non è la “destra” o la “sinistra” il problema sono i fanatici estremisti! Se poi sono “baluba” …..Dio ci scampi!

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