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I più deboli e la sera di giugno in cui l’aula volò alto e Locatelli prese la maturità

Ha messo a cuccia la belva che – a dire il vero soprattutto fino a un anno fa – ogni tanto ama scatenare. Ha vestito i panni più istituzionali visti finora in Comune. E con un fiume di numeri, dati, riferimenti, argomentazioni – certo anche politiche ma ieri mai sopra le righe – ha coinvolto la sala consiliare in un dibattito finalmente alto e sereno.  Una doppia “notte magica”, direbbero Bennato e Nannini alla vigilia del Mondiale, per il vicesindaco Alessandra Locatelli e l’assemblea cittadina.

Inutile dire che il giudizio – peraltro ovviamente contestabile – prescinde totalmente dalla condivisione o meno dei punti di vista espressi dal vicesindaco e dai vari consiglieri intervenuti sulla mozione di Svolta Civica – poi respinta – per aprire un nuovo dormitorio comunale per i senzatetto e un nuovo centro diurno in città, oltre che aumentare i servizi igienici. Il punto è che, una volta tanto, il consiglio comunale è diventato sede di un confronto pacato e approfondito – pur nelle divergenze di opinione – cosa che, in mezzo a troppi show del tutto trascurabili, è degna di nota.

Buona parte del merito va riconosciuto all’assessore ai Servizi Sociali Alessandra Locatelli – ieri lontanissima dai canoni tipici o anche stereotipati della “leghista furiosa” – la quale ha raccontato, naturalmente dal suo angolo visuale ma con puntiglio e sobrietà, “tutta quella città che nessuno vede ma che in realtà ha tutti i servizi possibili, dall’orientamento alle mense, dai bagni ai servizi sanitari, dai dormitori all’assistenza”.

Sistema rodato e in grandissima parte preesistente, ovvio, già in funzione con il predecessore e che tale resterà con chi succederà alla deputata salviniana. Ma assodato questo elemento essenziale, Locatelli è arrivata in consiglio senza un millimetro del tema scoperto.

E dunque – per rispondere alle sollecitazioni di Vittorio Nessi in particolare – si è affidata alle carte e alle esperienze, a debita distanza da sterili ideologismi. E’ stato quindi illustrato il mondo sommerso dei dormitori Caritas, Ozanam, dei Comboniani e il Tetto della Carità, quello delle mense (diurna e serale) attive in città, i servizi di “Porta Aperta” in convenzione con la Caritas che nel 2017, a fronte di un rimborso di 35mila euro annui, “hanno registrato 7.336 accessi di cui 5.039 per colloqui con il 30% di italiani”.

Sono poi state portate le cifre del dormitorio annuale (“Le accoglienze sono state 17.442, di cui 15.381 per uomini con 161 singoli utenti, mentre le donne sono state 2.061 con 17 singole utenti, pari al 9,55%”; è stato riferito che “la media di occupazione dei posti – 56 tutto l’anno – è stata di 47,79 e che gli italiani hanno rappresentato il 41,2% mentre gli stranieri sono stati 131”; sono state spiegate le attività dei 3 centri diurni e gli obiettivi del Progetto (finanziato dalla Regione) “Strade verso casa” per la grave marginalità; è stata rapidamente descritta la funzione delle Unità di Strada (che coinvolgono il gruppo di Legàmi, Cri e City Angels).

Alla fine di tutto questo, Locatelli ha detto che “no, in questo momento un nuovo dormitorio a Como non servirebbe”. Ma l’affermazione – che se ne condivida o meno la logica, anche in base a quanto accade sotto l’ex chiesa di San Francesco ogni notte – è stata saldamente ancorata a dati di fatto, esperienze reali e progettualità. Assenti gli slogan. Ed è qui che la discussione collegiale si è quindi incanalata nella migliore delle strade.

Il consiglio comunale

Alla fine, non tutta l’aula era convinta della posizione di Locatelli, naturalmente. Ma in molti, negli interventi anche dai banchi dell’opposizione, hanno rimarcato l’esaustività dell’intervento e sottolineato i toni costruttivi complessivi del dibattito. L’ha fatto il capogruppo Pd Stefano Fanetti – uno che nei dormitori ci va davvero, e per inciso contrarissimo a una nuova struttra in città – e l’ha fatto il collega di banco Gabriele Guarisco.

L’hanno fatto – con una magistrale prova di democrazia autentica: con argomenti dichiaratamente opposti ma nell’ambito di un’unità di gruppo – Ada Mantovani e Alessandro Rapinese.  Apprezzamenti all’operato dell’amministrazione sono arrivati da Patrizia Maesani (FdI, altra donna in prima linea nell’estate 2016) che poi ha argomentato su una possibile maggiore apertura del Centro di via Regina, dando un altro taglio ancora alla discussione; e ha fatto lo stesso Vittorio Nessi di Svolta Civica, relatore della mozione, che senza mai ricorrere a toni polemici ha usato la bellissima metafora sulla necessità umana, prima ancora che politica o amministrativa, di “abbattere il vetro dell’acquario che separa due mondi, il nostro e quello dei senza dimora”.
Alla fine la mozione vera e propria è stata bocciata. Ma l’aula nel suo complesso ha dato – finalmente – prova di un dibattito articolato e serio, dai toni maturi e istituzionali, rispetto a un tema da sempre delicatissimo e a rischio scivoloni. E Alessandra Locatelli, la leghista per antonomasia, ha certamente passato una prova di maturità politica notevole.

Avercene, di serate così.

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