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Abbiamo incrociato due personaggi che hanno voluto offrire alla città una visione, una prospettiva che superasse il quadrilatero delle mura. Piacciano o meno, Sergio Gaddi e Maurizio Traglio, amano gli orizzonti che si spostano di continuo, il respiro internazionale, il gioco oltre il quartiere. Sotto Gaddi, qui potete trovare l’intervista a Traglio.
“La mia Como ideale? Un mix tra Montecarlo e la New York in fermento degli anni ’80. Per quanto io detesti l’acqua dolce, ammetto che città e lago potrebbero avere il fascino giusto per attrarre il jet set internazionale. A patto che i comaschi smettano di essere respingenti di natura”.
Sergio Gaddi, dottore commercialista e politico di Forza Italia con vocazione per grandi mostre a Villa Olmo, oggi è anche (se non soprattutto) un giramondo dell’arte. Curatore di alcune esposizioni assurte a notorietà mondiale, è responsabile per il gruppo “Arthemisia” del programma “I racconti dell’arte”, narrazioni multimediali di grandi eventi che l’hanno portato per il globo a parlare di Escher e Van Dyck, di Brueghel e di Seurat, di Van Gogh e di Mondrian.
A lui, grande viaggiatore come il Maurizio Traglio nella pagina accanto, abbiamo chiesto di gettare uno sguardo sulla Como di oggi e ancor più su quella di domani, fuori dai luoghi comuni. Impossibile non partire dalle “sue” grandi mostre, nate da assessore nelle giunte Bruni.
“Sorrido quando sento parlare degli spettacoli pirotecnici che oggi stregano i magnati indiani – dice baldanzoso Gaddi – io li feci a Como 15 anni fa. E con loro a Villa Olmo portai cosucce come Picasso, Magritte, Brueghel, Boldini e così via. Era il momento in cui la villa sarebbe potuta diventare il nostro Guggenheim. E invece sono arrivate due amministrazioni, quella Lucini e la attuale, che hanno riportato il deserto”.
“Aver ucciso Villa Olmo – prosegue l’ex assessore – è qualcosa di molto peggiore del non aver ancora completato il lungolago, un danno molto superiore alle paratie. Il lungolago di per sé non ha alcun potenziale vero di attrazione del turismo, che infatti è in continua crescita. Bilbao, e dico Bilbao, ha fatto la sua fortuna con l’arte e con il Museo Guggenheim. Io avevo portato un milione di visitatori in 9 anni a Como con le mostre. Poi, il nulla. Lo sostengo da tempo: le cosiddette brave persone elette a sindaco sono la peggiore disgrazia che può accadere a una città”.
E’ acidulo, Gaddi, nei pochi pensieri che dedica alla politica locale. “Se ho votato l’attuale sindaco? Io ho votato Forza Italia”, dice sibillino.
La simpatia umana per il competitor di Mario Landriscina nel 2017, Maurizio Traglio, è invece dichiarata. “Sì, mi è simpatico. Traglio sarebbe stato un candidato sindaco ideale di Forza Italia, resta inspiegabile la sua decisione di rinunciare ai tempi (gli venne proposto dall’allora Pdl nel 2012, ndr).
Le poche volte in cui ci siamo incontrati mi è piaciuto per la visione aperta, per la presentabilità, per lo standing internazionale. Qualcosa per Como assieme? Non c’è nulla, ma chiunque abbia una mentalità che vada oltre quella media dei comaschi, che andrebbe estirpata a forza, ha la mia stima”.
Si torna alle visioni della città futura. E Gaddi parte da Milano. “La prima cosa utile da fare per uscire dal provincialismo che affligge Como è connettersi meglio con Milano, il centro della modernità in Italia.
Una metrò che congiunga in pochi minuti le due città: questa è la vera opera indispensabile per crescere, aprire al mondo i troppi volti chiusi e torvi che oggi incontri in città. E poi va rilanciato il modello culturale che iniziai io: grandi nomi, grandi eventi, Villa Olmo come una piccola Versailles. Il Razionalismo? Meraviglioso, ma non entrerai mai nei circuiti culturali mondiali con la Casa del Fascio o il Monumento ai Caduti”.
Parole da futuro (candidato) sindaco? “Forse quando avrò 85 anni. Come Boldini il quale, dimostrando che il matrimonio uccide, si sposò a 87 e morì a 89”.