Come noto intorno al 20 di ottobre il sindaco di Como, Alessandro Rapinese, ha traslocato dallo storico ufficio di rappresentanza nel più modesto (ma evidentemente carico di simboli) Ufficio Tributi, la ormai celeberrima Stanza 6 che condivide con la dipendente che si occupa della Tari. Ne avevamo parlato qui il giorno in cui il quotidiano La Provincia aveva dato la notizia: Rapinese e il trasloco nell’ufficio di una dipendente al Settore Tributi: i nodi privacy, commistione e opportunità.
La questione ora è planata in un’Interrogazione presentata dalle minoranze (ancora una volta quasi compatte: Pd, Svolta Civica, Fratelli d’Italia e Noi con l’Italia senza la Lega del ministro Alessandra Locatelli). Spiegano i firmatari:
I sottoscritti consiglieri, premesso che
- Il sindaco ha annunciato l’obiettivo, totalmente condiviso da questo gruppo consiliare, di dare impulso al recupero delle mancate entrate relative alla Tari;
- a tal fine è stata, tra l’altro, attivata una procedura (disciplinata soltanto verbalmente all’interno del Comune) che fa sì che ai cittadini richiedenti il documento di identità venga chiesta una simultanea e preventiva verifica dello stato di solvenza rispetto alla Tari;
- in data 20 ottobre, il sindaco ha spostato il proprio ufficio dalla sede tradizionale a una stanza attigua al settore Tributi del municipio, al fine, a detta sua, di dare maggior impulso all’attività di accertamento fiscale;
- secondo quanto comunicato, dalla data del trasferimento dell’ufficio del sindaco, in soli quattro giorni, è stata accertata la somma di oltre 600 mila euro di mancati incassi Tari, che, aggiunta alle somme dichiarate dal mese di agosto 2022, portano a un accertamento pari a circa un milione di euro;
E dunque “chiedono a sindaco e giunta di sapere”:
- In cosa consistite la concreta attività che il sindaco è andato a svolgere in seguito al trasferimento del proprio ufficio all’ufficio Tributi;
- se il sindaco abbia svolto un ruolo concreto nel processo di accertamento implementato dall’ufficio Tributi;
- se il sindaco abbia o abbia avuto accesso a fascicoli relativi a singole posizioni;
- quali siano le differenze tra l’attuale processo di accertamento tributario e quello precedentemente adottato;
- a quanto ammontano le somme ragionevolmente non recuperabili rispetto all’accertamento dei mancati incassi;
- dato il vistoso incremento dell’attività di accertamento, come intenda intervenire l’amministrazione comunale per verificare eventuali responsabilità di quadri e dirigenti comunali addetti alla verifica tributaria negli ultimi cinque anni;
- quali sono le disposizioni date qualora il cittadino recatosi in Comune per rinnovare la carta di identità si rifiuti di passare preventivamente all’Ufficio Tari per verificare lo stato di solvenza.
5 Commenti
Povera opposizzione, se queste sono le vostre argomentazioni, neanche tra cinque anni potete ripassare, forse tra dieci… fatela in aula l’opposizione, non sui social, andate a palazzo a vedere come lavorano e poi criticate….
Ai partiti (tutti i partiti) brucia davvero tanto che per la prima volta un sindaco si impegni davvero (e non per finta) a dare la caccia all’evasione fiscale. E la loro interrogazione provocatoria e insinuante è il sintomo del loro malcostume e comune imbarazzo.
Cosa fa concretamente? Propaganda direi..
E se il Sindaco istituisse una COMMISSIONE CONSILIARE D’INCHIESTA, per indagare: sull’ammontare complessivo delle tasse comunali evase negli ultimi 2 o 3 lustri;
sui soggetti più largamente coinvolti nel fenomeno; e sulle ragioni tecniche,
ed anche politiche, delle importanti criticità presenti negli Uffici preposti all’accertamento?
Se non c’è niente da nascondere, ne vedrei proprio l’opportunità!
Magari, facendo intervenire come consulente anche un magistrato amministrativo di specchiata fama, per fare prima e meglio.
Ma riesce a far di conto?