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Politica

L’addio (applaudito) di Landriscina: “Ho deluso tanti, ma non ho mai mentito. Cinque anni fa il mio errore di inesperienza”

Non solo per il pathos del momento o perché ogni addio, in sé, porta emozioni e commozioni. Quello pronunciato ieri sera dal sindaco Mario Landriscina durante l’ultimo consiglio di mandato è stato senza dubbio il miglior discorso di 5 anni: sincero, diretto, lineare, con una fortissima (e sincerissima) dose di autocritica su questo lustro passato al timone di Palazzo Cernezzi. Tanto è vero che, alla fine, l’aula è scoppiata in un applausa che – esattamente come le parole del sindaco – è parso autentico e non soltanto un ultimo tributo formale.

Di seguito, il discorso integrale di Mario Landriscina.

Credo che tutti sappiate quanto io non sia particolarmente predisposto per la comunicazione. Sono sempre stato abituato a stare zitto e ascoltare, qualche volta ho fatto fatica e qualche volta sono ripartito con un po’ di veemenza che non è nel mio stile.

Abbiamo condiviso cinque anni importanti, il mio stile non è mai stato quello di guardare se la colpa è di chi mi ha precedeuto, di chi mi accompagna o di chi mi ha fatto qualcosa di cui non sono rimasto contento. Non mi è mai venuto bene andare contro, mi è sempre venuto meglio – o almeno ci ho provato e non so quanto ci sono riuscito – fare qualcosa a favore. Quanto ci sono riuscito infatti non lo misurerò, non mi sono sottoposto ad alcun giudizio se non a quello che periodicamente in quest’aula è stato formulato sulle decisioni che la giunta che mi sono onorato di presiedere ha partato avanti.

In alcuni di voi ho trovato disponibilità e lealtà, sia in maggioranza che in opposizione. Qualche volta ho fatto fatica a comprendere il livello politico e lo dichiaro tranquillamente: non sono entrato nella logica della politica e mi scuseranno coloro che hanno più consuetudine con questo mondo. Ma sono contento di essere rimasto fuori da alcune logiche, non le condanno o le esecro, ma non sono le mie.

Lo stile che ho intrapreso è stato anche duramente criticato ma ritengo di aver portato rispetto a ognuno di voi, pur non condividendo sempre situazioni e idee. Ho avuto anche qualche brutto schiaffo quando è capitato di dire “sì hai ragione, ma questa cosa non deve andare così”. Queste sono le regole del gioco, io non sono nessuno per cambiarle, ma non sono le mie.

Chiudo facendo un auguro personale a ognuno di voi, ai vostri cari e alle vostre famiglie. Non è retorica: se tutti assieme in cinque anni ci abbiamo messo fatica, veemenza, a volte anche durezza, credo che questa esperienza sia stata un peso sulle spalle che andava portato.

Ringrazio gli uffici, i dipendenti, e questa sera non volevo tacervi che io ho imparato tanto da ognuno di voi: a volte sono state mazzate, ve lo dico, ma penso di essere stato un buon incassatore. Ho imparato che, per la responsabilità che comporta il ruolo che ognuno di noi svolge, a volte bisogna fermarsi e riflettere senza alzare il livello dello scontro.

Se posso farvi una sommessa preghiera, è proprio quella di lavorare consapevolmente e in maniera scientifica, ma direi romantica, nella logica del servire: questo l’ho imparato molto. Senza un secondo fine, senza la necessità di schiacciare l’altro o umiliare qualcuno.
Mi scuso se qualche volta ho detto a qualcuno una parola che possa averlo umiliato o offeso. Guardo Ada Mantovani perché una delle poche volte è capitato con lei e mi spiace, non era una reazione delle mie. Ma a volte il peso delle situazioni mi ha particolarmente affaticato.

Questa esperienza è stata per me un privilegio e devo ringraziare tutti coloro che l’hanno consentita e mi hanno permesso di capire. Troppo tardi? No, c’è un tempo per mettersi al servizio e uno per mettersi da parte. Il mio tempo, come quello di altri, è quello di farmi da parte. Sono lieto di sapere che altri si sono messi ancora in gioco per altre battaglie, perché la città ha bisogno di persone che tutelino le varie correnti di pensiero, che vogliano andare avanti.

La città ha ancora bisogna di tante cure, e in fondo così metto in discussione me stesso. Rispetto ad altre città, Como ha infiniti problemi di meno e rispetto ad altre ne ha ancora tanti da risolvere. Mi piacerebbe che si andasse avanti con determinazione e con grinta ma che in certi momenti si fosse tutti dalla stessa parte sull’obiettivo più importante per i cittadini: cioè spiegare alla gente che, al di là delle strumentalizzazioni  – e io mi rivedo cinque anni fa dire un’infinità di cose di cui non sapevo nulla, e lo dico con serenità in un’autedenuncia trasparente – il paese dei balocchi è da un’altra parte, mentre la realtà ci costringe a mettere in fila le priorità. Per alcuni di voi ci sono state battaglie molto importanti per quelle che sentivano come priorità, ma chi arriverà si concentri sulle priorità realisitcamente sostenibili, altrimenti ricadranno nel mio errore di inesperienza quando cinque anni fa dicevo che su qualsiasi cosa si sarebbe fare di tutto. Stiamo tutti con i piedi per terra, anche se poi le battaglie sono sacrostante e guai se non ci fosse una dialettica politica che decide le diverse priorità.

Vi lascio con un augurio sincero e leale: credo di aver deluso tanti ma mai di aver mentito, questo concedetemelo. Continuate combattere per ciò in cui credete: credi in ciò che fai, combatti in ciò che credi. Ma sempre con un unico interesse, la nostra gente.

Grazie a ognino di voi per avermi accompagnato.

 

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6 Commenti

  1. Non ci mancherà affatto. Peccato che non abbia deciso di farsi da parte anche colei che è stata, di fatto, il vero Sindaco in questa legislatura, ovvero la Zarina.

  2. Mi dispiace, a me sembra invece che il discorso d’uscita dalla scena politica ci riconsegni l’ennesima elucubrazione patetica, coerente nello stile con l’ambiguità originaria del personaggio che Landriscina ha scelto liberamente di impersonare:
    “il sindaco nuovo”, quello fatto passare come “civico DOC”, panni falsi che invece le forze leghiste gli avevano cucito indosso con propaganda marpiona, abbindolando purtroppo molti cittadini.
    Ma la regola d’ingaggio era chiara, fin da subito:
    “portaci alla vittoria e poi gira a dieci senza dar fastidio e, qualunque cosa succeda, aspetta, mimetizzato dietro la scrivania, che qualcuno ti dica cosa fare!”

    Ci è riuscito benissimo, non è vero?
    Addio, Landriscina, mancherai davvero a pochi!

  3. Un discorso da vero signore, dottor Landriscina, nel quale la sincerità traspare con evidente chiarezza.
    Una sincerità che avverte chi si sta mettendo nella sua stessa situazione che potrebbe trovarsi davvero male, se non ha gli strumenti e l’esperienza politica adeguata ad una responsabilità così complessa come quella del Sindaco di una città che è in affanno da troppo tempo.
    Chi ha orecchie per intendere intenda.

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