Un anno dopo, Mario Landriscina, avrebbe ricordato il giorno in cui disse sì e decise di candidarsi sindaco
E’ come se la diagnosi debba essere ancora emessa. Come se, 365 giorni dopo, ancora si dovesse aspettare. Avrà pronunciato almeno cinquanta volte il sostantivo femminile “fatica”. E la fatica, negli occhi di Mario Landriscina l’hanno colta tutti nelle ultime settimane.
Uno sguardo, sia detto senza ironia, solcato nitidamente da 12 mesi di amministrazione. Come se prima di partire, un anno fa, non aspettasse il portato dell’incarico o, più semplicemente, fosse abituato a un altro modo.
Ed è così, il 118 è una struttura verticistica, tecnocratica dove, spiega lo stesso primo cittadino, “il tempo è la chiave. In Comune è tutto diverso”. Tempo, ritmo, attesa, burocrazia possono sfiancare anche le spalle più grosse. Ma il mestiere del sindaco è questa cosa.
25 giugno 2017, il ballottaggio ha incoronato il candidato del centrodestra.
28 giugno 2018, il primo cittadino incontra la stampa e per oltre un’ora elenca, elenca, elenca. Assessorato per assessorato: dalla Ticosa (qui le novità di oggi) a Villa Olmo, passando per la pulizia delle strade e le partecipate, il turismo, il bilancio: tutto. Un lunghissimo prontuario di cose fatte o da fare.
Una scelta, certo. Peraltro piuttosto simile a quella fatta in più occasioni dal predecessore, l’altro Mario, Lucini.
Puoi aprire il cuore, offrire una visione, gettare lo sguardo nella politica. Oppure puoi elencare quella che anche Landriscina ha definito “la lista della spesa”. Indubbiamente in questo infinito precisisimo menù di attività ordinarie vi sono risultati, successi, fallimenti, tentativi e piani per il futuro.
Ma se non apri il cuore e prediligi il piano di una narrazione tecnica, allora devi fornire numeri, dati, cifre, scadenze. E questo non è avvenuto.
La sensazione stamane in Sala Stemmi era di trovarsi in una terra di mezzo, ancora in cerca di una mappa, una geografia chiara della volontà . E il lungo monologo introduttivo del sindaco pareva più un’oscillazione tra un programma elettorale e la rendicontazione dell’ordinario che un momento di bilancio reale. Sentire “le paratie sono il grande obiettivo”, dieci anni dopo fa rabbrividire. Ma, qui, non è colpa di Landriscina.
“Abbiamo attraversato molte situazioni, abbiamo lavorato intensamente e con fatica (sic!). Ci sono procedure, difficoltà, di organico, il tempo è il problema”. Così esordisce il sindaco prima di partire con l’elenco.
GALLERY, I CARTELLI DI MARIO
Circa 60 minuti dopo, chiarito che l’arcinoto rimpastino di deleghe (“niente di travolgente”) avverrà tra qualche giorno, pur con il linguaggio avvolto che talora lo definisce, Landriscina slaccia qualche bottone, allenta il nodo gordiano burocratico.
“Mi chiedete se sono amareggiato? Chi è al mio fianco (guarda la giunta, Ndr) fino a oggi non ha creato problemi anzi, sono fortunato c’è unione. Certo, alcune parti politiche di maggioranza sono più quadrate col sindaco, altre soffrono di mal di pancia. Ma, credete, non mi faccio condizionare o dettare il passo”, dai partiti: è evidente. E ancora: “Non accetterò mai qualsiasi richiesta pur di rimanere qui”. Insomma, messaggio senza soggetti specifici ma lanciato.
Ma i soggetti ci sono:
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“Quindi – è il pensiero – sì sono stanco e amareggiato ma non meno determinato e sereno di prima”.
Qualche tempo fa, a otto mesi dalla vittoria, in un’intervista su queste pagine Landriscina disse: non mi ricandido. Dichiarazione che scatenò un putiferio.
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“All’epoca – dice non convintissimo e non convincendo – intendevo dire che non sono incollato a questa sedia”. Ma la dichiarazione di allora (prova video) suonava davvero diversa.
E’ però onorevole e legittimo cambiare idea, e così il sindaco la dice in landriscinese: “Sto seriamente rivalutando la possibilità di un futuro diverso. Questo ruolo mi intriga molto, posso ripensarci”.
Al che, d’improvviso, il primo scatto di reni, quello che un tempo, camice bianco indosso, era quasi quotidianamente facile vedere in Landriscina, sorriso e lampo negli occhi: “Io non mollo, vado fino in fondo, non mi fermo. Abbiamo una gran voglia di cambiare, questa città ha potenzialità esplosive che vanno comprese, guidate, governate”.
Quindi, sindaco, qual è la visione politica, quale futuro vede oltre l’amministrazione, pur sacrosanta, del quotidiano?
“Io ho una visione strategica ma prima di ogni cosa, per realizzarla bisogna mettere in funzione macchina la comunale, ottimizzarla e non sperperare un centesimo”. E poi: “Como sta vivendo un momento di internazionalizzazione tale che nemmeno ce ne rendiamo conto. Si stanno muovendo investimenti e risorse che cambieranno per sempre il volto della città. Dobbiamo capire e governare questo fenomeno stiamo incontrando rappresentanti politici in arrivo da ogni parte del mondo, vogliono investire? Bene, anche Como vuole guadagnare. L’evento di Dolce&Gabbana è un segno, porterà un indotto di oltre 10 milioni di euro, al netto di qualche piccolo disagio che però trasformerete sicuramente in notizia”.
Chiude: “Aspettiamo progetti, suggerimenti spunti”. E finalmente, sorriso sornione, una mezza battuta: “E’ nata Officina Como (progetto di Paolo De Santis, Ndr), bene, ne sono felice. Hanno detto che contribuiranno. Aspettiamo i loro suggerimenti”.
Il resto lo vedremo, tra un anno. Magari senza cartelli.