Non ci sono solo le questioni tecniche e le trattative (sacrosante, sia chiaro) sui posti di lavoro, i conteggi sui minuti di cottura della pasta o sulla bontà del cavolfiore Km0 (pure queste sacrosante). C’è una dimensione, vivaddio, più umana e territoriale nella vicenda mense. Una dimensione di prossimità, fatta di conoscenze antiche, di intimità, di fiducia. Di cose che, insomma, non possono entrare nel freddo di un capitolato di gara.
La questione mense è al centro di uno scontro durissimo in questi giorni. Il tema è la privatizzazione. Su tassativa indicazione del segretario generale di Palazzo Cernezzi, per l’anno scolastico 2018-2019 il Comune non potrà più confermare ben 47 contratti a tempo determinato nel servizio di ristorazione per studenti (più altri 30 circa in altri settori). Inoltre, calcoli alla mano, il numero di pasti in mano ai privati, come da conferma su queste pagine dell’assessore Amelia Locatelli, passerà da 1.800 a circa 2.500. Non solo: entro il prossimo anno scolastico chiuderanno ben cinque cucine, la rivoluzione non riguarda esclusivamente refettori, come inizialmente annunciato. Tra queste l’enorme struttura di via Fiume.
Qui tutte le cronache di questi giorni con i dettagli
Ebbene, ieri, in Comune a Como, è stato annunciato l’arrivo di molte mamme (e contestuale raccolta firme) per assistere ai lavori della Commissione 3, convocata sul tema. Di mamme ve ne erano poche. Sono state molte, invece, le lavoratrici comunali presenti. Eppure qualche mamma c’era, pure qualcuna con bimba e passeggino al seguito. Sono arrivate non solo per difendere un diritto e assicurarsi che, in futuro, quanto oggi acquisito sia garantito.
Hanno voluto esserci per un’azione di vicinanza a quelle signore, quelle cuoche che da tempo lavorano e saziano e curano e coccolano i bimbi.
Le conoscono bene quelle signore: dal primo al secondo figlio. E, poi magari, il terzo. Difficile essere degli sconosciuti, si va al di là delle linee guida, dei protocolli, delle indicazioni, del ghiaccio burocratico. Si tratta di persone con cui chiacchierare, con cui avere un contatto, cui raccontare un bisogno. Ché la realtà è poi questa: persone che stanno tra le persone, al di là delle tassative indicazioni legislative.
“Ai genitori è stata data scarsa informazione – denuncia una mamma, Barbara Cereghetti (del Circolo Pd, Como Nord) – quando si chiede cosa succederà, la risposta è: “E’ già tutto deciso, sarà così””. E’ una mamma di Monte Olimpino. “Io vivo lì, sarà chiusa la cucina della scuola materna che serve anche i bambini delle scuole elementari. Insomma, tutti avranno pasti che arriveranno chissà da dove”.
La paura, insomma, è l’affidamento a un privato che, “chissà da dove”, si occuperà della preparazione e della consegna del pranzo. “Quando era stato proposto il centro unico di cottura erano state date tempistiche che, in qualche modo, ci avevano rassicurato. Perché le cuoche erano le stesse, solo centralizzate. Adesso chissà da dove arriveranno (le cuoche), non le conosciamo: quindi anche il rapporto che i genitori avevano con il personale verrà a mancare tutto. Il lato umano verrà a mancare non avendo più con chi interloquire. Sarà così”
Eppure il Comune dice che, pubblico o privato, non cambierà nulla per le famiglie. “Sì ma, ripeto, cambierà il contatto umano. Nel nostro caso, alle elementari di Monte Olimpino, il servizio mensa arriva dalla materna. Abbiamo le signore che sono lì, in cucina. Poi ci saranno loro? Saranno mandate via? Chi arriverà? Dopo tanti anni, il timore è quello: sono figure che i bambini conoscono”. Insomma: se vince l’appalto un’azienda di Cormano, fanno la pasta a Cormano. “Arriveranno da Cinisello o da Milano o chissà da dove. Poi è vero ci sono i contenitori termici, però…”
Però la pasta scuoce. “Lo sappiamo che la pasta non tiene”.
Ma, dicevamo, non è solo questo. C’è la solidarietà con le lavoratrici. “Assolutamente, le cuoche, le signore che lavorano nelle mense. Chi ha più figli, cioè ha fatto più cicli, le conosce, ha un rapporto di conoscenza. Magari si vive nello stesso quartiere e ci si conosce al di fuori del contesto scolastico…”
La protesta delle lavoratrici
Matteo Mandressi, Cgil Como
Amelia Locatelli, assessore alle Politiche Educative