Estate, tempo di lager. Diurno, naturalmente. Magari con orario tra le 9 e le 19 d’estate e tra le 7 e le 21 d’inverno. La sera, invece, tutti fuori che tanto è buio e il popolo degli straccioni, dei poveracci, dei diseredati e dei negri – perché dai, ammettetelo, voi dite negri con gli amici, al bar, a casa – si vede meno con le tenebre (altrimenti come sarebbe potuta proseguire la vicenda di San Francesco per due anni?).
Il sorgere del sole è il problema. E allora, una bella maxibaracca in zona periferica. Ideale potrebbe essere l’ex Ticosa, con la Santarella a fare da maestosa torretta di cemento.
O magari piazza d’Armi, a Muggiò, dove basterebbe cingere di filo spinato la recinzione che già c’è. Due cavi allungati da un traliccio Enel a dare qualche provvidenziale scossetta a chi prova ad uscire, e il gioco è fatto.
Non tralascerei – e in questo la storia del nazionalsocialismo torna utile, oltre che essere già di gran moda – qualche segno distintivo. Chessò: un triangolino rosso per gli africani, uno blu per i padri separati, uno verde per i senzatetto, uno rosso per chi semplicemente ha una faccia brutta.
Esagerazioni? Fino a un certo punto.
Perché voi che vi starete sicuramente facendo intimidire dai caratteri più grossi del solito dei titoli di prima pagina, voi che con la consueta codardìa del politico senza carisma starete già pensando a come calibrare la dichiarazione preliminare che sia perfettamente sull’onda emotiva dell’istante, voi che nei palazzi che contano starete pianificando l’immancabile “blitz” risanatore al Broletto, al Crocifisso, a San Francesco dopo anni di vergognoso immobilismo, quello dovete fare se volete essere davvero pronti alla cronaca spicciola ed evitare ancora una volta di ragionare, di essere persone pensanti prima di ogni altra cosa: impiantare un lager a Como.
Facile, comodo, pratico, di grande effetto estetico sul centro.
Impiantare un lager che mondi le colpe, le responsabilità, il misero tatticismo politico e burocratico. Impiantare un lager che tolga dagli occhi e dal sole l’eterno senso di colpa: i corpi derelitti e disperati, quelli dove ogni luce dentro s’è spenta. Via dallo sguardo. Un lager dove si possano finalmente far coincidere alla perfezione, senza la minima sbavatura, la parola “degrado” con la parola “persona”.
Perché ormai lì siamo, nel dibattito pubblico comasco: all’associazione diretta tra la vita umana che non ce l’ha fatta, che per mille motivi (certamente anche colpevoli, le assoluzioni non competono) ha perso il treno della felicità, della famiglia, del lavoro e la ruggine di una panchina, il muro sbrecciato, la cartaccia su un prato. L’anima, o lo spirito, come gemelli dell’inanimato, del materiale di scarto.
Persone ferite, puzzolenti, sanguinanti, espongono il loro fallimento a tutti noi. E’ sgradevole, senza dubbio. Persino fastidioso, quando costringe allo slalom tra i cappelli protesi. Ma resta il dubbio se rinfacciarlo evocando manganelli e camion dei rifiuti sia una soluzione.
La cattolica (cattolica?) Como, in settori sempre più ampi della sua carne, è arrivata a questo: a mettere sullo stesso piano la sporcizia, la cacca di un cane, un cumulo di rifiuti e la vita umana dei reietti, degli ultimi, degli straccioni. Roba da spostare, eliminare. Togliere dagli occhi. Senza altre proposte, senza altre direzioni, senza altri valori che non siano il disturbo della vista come base.
Come è potuto accadere, quando è potuto accadere, quale sia stata la deriva mostruosa che ha portato ad associare la defecazione del barboncino e il senzatetto, la lattina nel parco all’alcolista, il cestino rotto all’immigrato, è qualcosa di troppo grande per la mente di chi scrive. Ma qui siamo, oggi.
E allora, accettiamolo questo concetto, no? Il concetto che – per quanto sconveniente, antiestetico, certamente disturbante sotto alcuni aspetti – cinque persone di colore fotografate a viso scoperto sugli scalini del Mercato Coperto siano mostri e pisciatori seriali.
Accettiamo che quattro ubriaconi al Broletto siano una minaccia per l’estetica perfetta della città ideale, che possano nascere “zone rosse” dove una persona denunciata (non condannata: denunciata, dunque senza alcuna sentenza pendente) possa vedersi togliere la libertà di movimento, di transito, di esistenza. La libertà tout court, in ultima analisi.
Quei relitti umani, gente che è prima di tutto – o forse soltanto – paesaggisticamente inaccettabile, persino senza commettere reati (il Tavernello è reato? essere somali e sedersi su una panchina è reato? Perché a questo bisogna rispondere), vanno tolti alla vista. Perché sono o diventeranno degrado. Cacca, spazzatura, rottami esposti. Dunque vanno eliminati, cancellati. Di giorno soprattutto, prima ancora che di notte. E attenzione: la pulizia è da intendersi preventiva, non dopo i sacrosanti – questi sì – interventi di polizia e carabinieri sullo spacciatore, sul molestatore, sul profanatore. Agire prima. Agire per preservare a monte il decoro.
Si chiama Stato etico. Città etica, se vogliamo. Lo era anche Berlino, tra il 1933 e il 1945.
E allora, il cerchio delle anime belle si chiude. Un lager diurno. Quello serve per rinchiudere gli asociali o quelle che Adolf Hitler avrebbe chiamato “vite indegne di essere vissute”. Rinchiudiamoli, togliamo quelle mosche dalla città, restituiamo l’estetica plastificata perfetta alla Como turistica.
Lasciamo stare i codicilli morali, le pastoie degli azzeccagarbugli, secoli di civiltà giuridica: non contano pià nulla la pericolosità sociale, l’aver commesso reati, l’essere una minaccia all’ordine e alle vite altrui. Conta il disturbo visivo che tre persone di colore sedute a San Rocco provocano, conta l’olezzo di chi non ha docce né letti, conta la parificazione tra un uomo e il sacco nero.
Quello conta. Perché ciò che si invoca, oggi, è togliere i neri dalle panchine, i barboni dai portici, i diseredati dai parchi. A prescindere.
Di giorno, prima ancora che di notte, perché quando cala il sole bene o male una soluzione si è trovata (dormitori, Ozanam ecc) o si troverà. E’ quando il sole splende sulla città, a quanto pare, il nuovo apocalittico problema. E lo è davvero per alcuni aspetti, senza dubbio. Bisogna capire se lo è per l’anima marcescente di una città o per il salone di bellezza che si vorrebbe abitare.
Qui, nell’attesa del gande raid sanificatore, si chiede solo di sapere qual è la norma, il comma, il Codice che permetterà agli assetati di decoro di vietare panchine, portici e prati a gente, persone. Di elevare il Tavernello a reato grave, di fare della questua non molesta (benché sovente fastidiosa, nessuno fa l’angioletto: mai dato un euro, personalmente) un motivo di deportazione diretta in questura.
Perché un conto è urlare, scrivere, ingrandire i caratteri tipografici, sbuffare pesantemente a ogni richiesta di euro e mezzo euro. Altro conto è dire “spazziamoli via tutti”. Qui è il Diritto che conta, l’arbitrio generava le Aktion T4.
Ma basta con queste cervellotiche argomentazioni. Torniamo all’inizio.
Un lager. Un lager è l’unica risposta. Perché altrimenti il vagabondo e il mendicante ve li dovete tenere, come ogni città del mondo. E li dovete pure guardare, ogni tanto.
Come dite? No, è inaccettabile? Va bene.
E allora, siete pronti, voi, tremolanti davanti ai caratteri cubitali e gran custodi del decoro, a chiederlo con forza e meschinità, domani sera, un lager per finalità estetiche?
19 Commenti
E’ necessario e doveroso che la stampa si prenda la responsabilità di dire anche le cose scomode che tante e tanti cittadini non vogliono leggere. La “bella Como” che certo non abita a Palazzo Cernezzi si fortifica scrivendo con chiarezza che quando sono in gioco le vite delle persone è necessario schierarsi dalla parte giusta che è la parte dei Giusti, oggi come durante il nazifascismo. Grazie a Emanuele Caso e a Comozero per averlo fatto.
Credo che gli ultimi interventi rendano la provocazione dell’articolo ancora più efficace. Non li si vuole questi fastidiosi mendicanti. Danno fastidio. Sono sporchi, puzzano e alcuni perfino “negri”. Allora, cari signori/e, cosa aspettate, il permesso dei “buonisti” del PD? Fate qualcosa di risolutivo. Imprigionateli nei lager come si suggerisce provocatoriamente nell’articolo. Insomma, passate dalla propaganda ai fatti; dal bancone dell’osteria al campo di battaglia, cosa aspettate? Se pensate che un problema di queste dimensioni si possa risolvere semplicemente con i respingimenti?
E non raccontate che i mendicanti danno fastidio a chi vive in periferia e non a quelli ricchi del centro. Troppo facile, adesso, metterla sul classismo sociale. Il “cattivismo” verbale è poco popolare e molto borghese e si traduce in “….ti farei scomparire ma spero che qualcun altro si sporchi le mani per me. Non vorrai che comprometta la mia immacolata reputazione! Non sia mai…..”.
Mi chiedo come mai in un giorno si raccolgono centinaia di migliaia di euro per una “Capitana tedesca” ma gli stessi signori del PD non raccolgono e non fanno nulla per questi poveracci che sono in tutte le città……. Si parla di accoglienza ma sempre lontano dal centro, dalle vie “bene”, meglio metterli in periferia dove ci sono altri poveracci….questi articoli sono solo retorica ma quella triste però…..
Sara, aiutare chi è in difficoltà è il primo scopo per cui si pagano le tasse: redistribuire risorse a favore di chi è meno fortunato. In questo modo chiunque avrà la certezza di non venir trascurato e abbandonato al proprio destino, in caso gli accada qualcosa di negativo.
Non deve essere il PD o qualunque altro partito a organizzare raccolte fondi; deve essere chi governa e amministra a farsene carico. Si chiama Stato sociale. Altrimenti bastava non candidarsi.
Appunto! Visto che non deve essere il PD a raccogliere fondi per i poveri perché lo ha fatto per la Sea Wacht anzi per Carola? Dai non siamo mica stupidi….. È solo un gioco politico per far fuori politicamente Salvini. Ma lei lo sa’ quanti italiani dormono in macchina perché non hanno più la casa? Ha visto per caso qualche parlamentare del PD che fatto una raccolta fondi per dargli una casa? No. E non lo vedrà mai perché al PD degli italiani in difficoltà non frega nulla non fa’ notizia e non porta consensi. Meglio dare soldi alle ONG e case ai rom…. Ma piantatela con questo buonismo da osteria. Gli italiani si sono svegliati finalmente…
Più che svegliarsi, direi che gli italiani, e in particolar modo i salviniani, sono sprofondati in un sonno profondo in cui non ci sono più coscienza etica, civile e culturale. E questa è la mia opinione.
Ma nel preoccupante e dilagante stato catatonico è finita pure la grammatica, aggiungo. Mi scusi se mi permetto, ma “sa” e “fa” si scrivono senza accento…. E questa non è un’opinione.
Buona giornata.
Abito a Bologna, non a Como, sono guida turistica. Nel centro storico ( che è grande a Bologna) a distanza di 50 metri – giovani uomini di corporazione robusta di pelle nera che perseguitano vecchiette chiedendo un euro – e giusto? La soluzione – far tornare questa gente a casa, non potranno mai trovare un lavoro ( il mercato del lavoro poco qualificato è saturo), non hanno istruzione ed è difficile pensare di istruirli tutti, tenendo presente che molti hanno circa 30 anni. Far entrare tutti ed averli nelle città ad elemosinare ogni 10 metri uno?
Bè…che dire?
Bel punto di vista, lager a parte, che solo in un fantomatico mondo hollywoodiano potrebbe esistere, leggo l’ennesimo articolo di protesta, non leggo un’articolo di soluzioni reali ed efficaci, certo che la Città, e non solo Como, fà schifo, sporca, dimenticata, grigia, in poche parole abbandonata a se stessa, come gli ultimi di cui Lei cita nell’articolo.
Ma cosa si potrebbe fare?
Se viviamo in un Europa che mantiene i confini, un migrante non puo uscire dall’Italia, gli altri Europei non lo vogliono, è obbligato a rimanere qui.
Il problema ci sarà sempre, e sempre più ampio, se provincia, regione, stati e neanche la chiesa riescono a fare qualcosa, cosa possiamo fare noi?
Siamo obbiettivi, quanti di voi hanno chiesto a quei migranti il nome o lo stato di provenienza? Io si, vi accorgerete che la maggior parte non ha documenti, quindi neanche riconosciuti da nessuna istituzione.
Dal mio personale punto di vista li porterei a casa loro e li aiuterei li.
Non datemi del razzista, non lo sono.
Sono realista.
Buona giornata
No tranquillo, non ti diamo del razzista, solo del sempliciotto
Ricorda le cose semplici sono sempre le migliori…
Un saluto dal sempliciotto
Bell’articolo che chiarisce bene la situazione: o si accetta che ci siano persone meno fortunate e si prova ad aiutarle, o l’unica alternativa valida per le richieste estetiche di qualcuno è il farle sparire (deportandole).
Non ci sono altre vie semplici, chi le propone è bugiardo (se ci crede) o semplicemente ignorante; dire “vietata l’elemosina” o “vietato il transito nelle zone rosse” non risolve nulla, non è che le persone spariscono perché qualcuno gli dice “qua non puoi”.
Bravo Emanuele! Grazie ?
Bellissimo articolo che coglie l’essenza della contraddizione evidente che si sta manifestando in città sul tema. Molti, anche nei commenti su queste pagine, si prefiggono la ricerca del “decoro” della città (….ma cosa significa?!?) attraverso metodi e comportamenti caratterizzati da una profonda “grettezza” d’animo. In altri termini, attenti alla propria immagine e a quella della città in cui vivono ma “meschini” e “insensibili” nel proprio intimo….se questo è il nuovo che avanza, non mi sembra molto diverso dal peggio che ci siamo lasciati alle spalle.
La provocazione ci sta perfettamente. Talmente bene che sembra vera. Facciamoci qualche domanda….
Forse sono ingenua ma mi illudo che, col definitivo trasferimento a Roma della vicesindaca di ferro ( di ghiaccio, senza cuore), possa almeno di poco cambiare l’ attuale politica cittadina nei confronti dei senza tetto, ripristinando condizioni di decenza e umanità. Ricordo una vignetta in cui un senzatetto, accusato da un poliziotto di violare la decenza, rispondeva :”La mia o la sua?”
Ah, quindi non vogliamo un lager nella nostra città? É giusta questa discriminazione?! Vogliamo solo centri commerciali belli e puliti? Bell’articolo, ma leggendolo non ho capito chi e in quali termini stia seriamente proponendo quanto in oggetto. Si tratta di cose buttate lì da qualche politicante o esaltato o proposte protocollate? Quali sono i reali termini indicati, invito o trasmissione coatta? Questo fa molta differenza nella dignità umana di chi propone una cosa del genere, a mio avviso. Mi sapreste indicare fonti per approfondire? Cordialità
No, grazie al cielo nessuno sta proponendo un lager in città (e ci mancherebbe). Il tono provocatorio vuole solo sottolineare questa realtà: oggi non esistono mezzi né reali motivi – presunto decoro a parte – per cui senzatetto e questuanti possano sparire dalla vista per qualsiasi motivo. O si trova una soluzione di accoglienza-assistenza profonda e costante (e ho dubbi se non perplessità aperte sulla giustezza di una simile situazione) oppure in caso di persone libere e non pericolose non c’è modo di usare metodi coercitivi nei loro riguardi, in uno Stato di diritto. A meno – ecco la provocazione – di puntare su un lager, a prescindere da qualsiasi altra ragione giuridica, morale, umana.
Tutto chiaro. Grazie e complimenti per l’articolo.
Va bene, questo bell’esercizio di “stile” letterario fatto da un quotidiano online che non esita a pubblicare le foto di questi poveracci (privacy: cos’è?) e quali sarebbero le valide proposte? Altrimenti è facile sparare nel mucchio. Avete promosso una raccolta fondi? Portate il pranzo a questi ragazzi? Già, il vostro è solo un compito di denuncia. Spetta sempre agli altri far qualcosa di scomodo e di impegnativo…
Giudizio legittimo. E sì, spetta agli altri fare qualcosa di scomodo e impegnativo. Noi non siamo eletti da nessuna parte. Lei ha fatto una raccolta di fondi?