Sempre attento, sempre attivo. Giancarlo Galli, ex deputato Dc nonché ex presidente della provincia e una vita politica tutta spesa nell’area democratico-cristiana, interviene sulla vicenda della terza linea del termovalorizzatore di Acsm Agam. E lo fa a modo suo, con spirito d’osservazione, conoscenza della materia e dimistichezza con le logiche politiche.
Di seguito, l’intervento integrale di Giancarlo Galli.
Il dibattito sulla cosiddetta terza linea del forno di Como obbliga noi vecchi ad alcune considerazioni che potrei titolare: “Malinconiche osservazioni di un vecchio autonomista democristiano”.
Cosa rivela la vicenda terza linea? Innanzitutto ci dice che teoria della rana lessa è sempre vera ossia che ci si accorge del cambiamento quando questo è già avvenuto. La rana sta tranquilla nella sua acqua. La temperatura del liquido viene alzata lentante e gradatamente. La rana non salta fuori dall’acqua. Quando si accorge, è bell’e che lessa.
Anche solo dall’incipit di questo dibattito sulla cosiddetta terza linea del forno si è costretti a considerare che la autonomia comunale, l’autogoverno della città (ossia una delle libertà fondamentali che la costituzione “riconosce”) è morta lessa.
Guardiamo i fatti.
Il Comune, il consiglio comunale (!) deve contestare ad una azienda che è (era) “sua” una scelta che nasce in un’altra costellazione, in altro loco, ossia là dove esiste il potere vero quello industriale-finanziario. Per quali ragioni?
Primo: perché la programmazione di area vasta non c’è più. La istituzione che avrebbe dovuto programmare (Provincia) è passata a miglior vita. Non c’è più . Anche l’azienda locale , braccio operativo del comune, appartiene ad un tempo che fu. Anzi, diciamo che non c’è più.
Non esiste più perché è stata sostituita da una costellazione di aziende pubbliche che devono agire come quelle private senza veramente esserlo.Con il risultato che non c’è indirizzo e controllo “vero” da parte degli enti pubblici: tutto ruota intorno e dipende dalla condizione di società quotata in Borsa e dai meccanismi societari di partecipazioni diluite sino alla irrilevanza.
Accade così che la programmazione della gestione dei rifiuti secondo i criteri europei della autosufficienza e prossimità è stata sostituita dal gigantismo e imperialismo industrial-finanziario della costellazione di società partecipate dagli stessi comuni.
Gli interessi locali sono stati sostituiti dal profitto aziendale: l’azienda è quotata in borsa e deve fare utili: non scherziamo!
Il problema dei fanghi della depurazione reclama la integrazione culturale e funzionale tra due cicli dell’acqua e dei rifiuti. Ma dov’è la Provincia? E dov’è, potremmo aggiungere, la Regione?
È questa la regione di cui cotanto ragionammo insieme? In questa vicenda, Tutto è aziendale. Dalla localizzazione alla inversione dei ruoli.
Perché proprio lì? Ma perché l’area è vicina agli impianti esistenti e allora si può pagare 4 milioni un terreno inquinato e forse ancora con rifiuti interrati. È aziendale l’impostazione progettuale che vede l’impianto al servizio della costellazione aziendale (A2A) non del territorio comasco.
Così il Comune è ridotto al mero ruolo di “osservatore”: deve fare semplici osservazioni nei termini come chiunque altro: da proprietario e programmatore a osservatore! Che progresso!
Così in questo mondo dove l’autonomia comunale non c’è più, dove la programmazione è evaporata, dove la concorrenza è stata abolita (ma non ci avevano insegnato che l’interesse pubblico coincide con il libero competere delle imprese?).
Resta un solo aspetto che può bloccare il progetto: la paura della reazione della gente e , quindi, di perdere voti. Le ormai prossime elezioni comunali e regionali probabilmente allungheranno i tempi e diluiranno i problemi.
Poi, chi vivrà vedrà.