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Il finto muro, il lungolago, la sindrome di Como e la lobotomia: accettiamo qualsiasi abominio purché si finisca

C’è qualcosa di peggio dell’idea orribile e assurda di scegliere, dopo 15 anni di ragionamenti, pannelli di finta pietra stile attrazione di Gardaland per i muri del lungolago.

E c’è qualcosa di ancor più preoccupante del silenzio della città che scandalizza, comprensibilmente, l’architetto Lorenza Ceruti in un suo post pubblicato stamattina. E’ quella che una volta, sempre parlando di lungolago, ho definito “La sindrome Como”, ovvero quella che porta, dopo anni di cantiere, ad accettare qualsiasi abominio trincerandosi dietro un’affermazione che è la peggior resa di qualsiasi neurone: “Basta finire”.

Potete trovarne traccia già nei primi commenti sotto l’articolo di ComoZero di qualche ora fa, ma anche al bar, per strada o alla cassa del supermercato: “E’ vero, fa schifo, ma basta che finiscano”.

E io sono sinceramente convinta che un giorno un pool di psicologi di qualche prestigiosa università del Minnesota pubblicherà sulle maggiori riviste scientifiche uno studio dal titolo “Gli esiti del protrarsi nel tempo dei cantieri sulla capacità di giudizio dei cittadini. Il caso Como”.

E noi entreremo nella storia della psicologia, noi che guardiamo la pagliuzza nell’occhio, il cestino stracolmo, la buca sotto casa, l’aiuola spettinata e invochiamo fulmini dal cielo su chi ci amministra e poi davanti a una bruttura eterna come questa, a un orrore che trasforma “il lungolago del lago più bello del mondo” in un laghetto artificiale con le paperelle e i cigni di plastica stiamo zitti.

No peggio! Ringraziamo per la trave che ci hanno cacciato nell’occhio (per non dire altrove). “Basta che finiscano”. Facciamo una spianata di cemento in Ticosa e abbattiamo la Santarella? “Ma sì dai, basta che finiscano”. Un centro commerciale a San Martino? “A questo punto, basta che finiscano”. La strada è spianata. Se bastano 15 anni a lobotomizzare una città che da secoli ha fatto del bello la sua fortuna e a renderla disposta a rassegnarsi alle scelte più orrende nel suo luogo simbolo, ringraziando quasi perché finalmente siamo arrivati quasi a finire i lavori, allora è solo questione di tempo perché il drago Prezzemolo diventi sindaco di Comoland.

Paratie, quel finto muro che fa storcere i nasi. Intanto piazza Cavour ‘mangia’ il lago

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9 Commenti

  1. le brutture sono dappertutto , i responsabili introvabili… vogliamo parlare dei piloni che sostengono il viadotto dei lavatoi??? uno dritto uno storto , uno tondo uno quadro…. basterebbe mettere il nome del progettista in bella vista su tutte le opere pubbliche…se è una opera d’arte si fa….

  2. Cerchiamo però di non rovesciare sui Comaschi, ormai stanchi, le colpe dell’amministrazione.
    Capisco e giustifico il “basta che finiscano” e mi rifiuto di dare colpa ai comaschi poco impegnati, piuttosto che ad una giunta spaventosa.
    BASTA CHE FINISCANO.

  3. Ora, nemmeno a me piace la soluzione ma i toni mi sembrano quantomeno esagerati. “una città che da secoli ha fatto del bello la sua fortuna” quando a 100 metri da questo “scempio”, nella piazza principale di Como, c’è un palazzo in completa rovina e ponteggiato da 40 anni. Ma quello va bene, il problema sono i finti sassi…

  4. Il vero problema di Como è il muro a lago! Tutti contro il finto muro ma ancora molti che vogliono lo stadio in pieno centro città: gente strana abita a Como.

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