In città c’è un osservatore silenzioso e austero che ha studiato con attenzione il fermento di persone, attività e idee che hanno animato in questi giorni via Giovio e Piazza Medaglie d’Oro.
Non si è mescolato alla folla, lui queste cose non le fa, che diamine! Si è limitato guardare, restando in disparte, il mercatino che nel fine settimana ha inaspettatamente animato la piazza fino a quel momento austera, silenziosa e deserta, perfetta versione cittadina della calotta antartica, altrettanto silenziosa e deserta, in cui i pinguini-paracarro dell’artista Pao mi sono sempre sembrati splendidamente a loro agio.
Aveva ospiti quel giorno, cosa che succede di rado in realtà, e il loro viavai si è confuso con quello di chi era venuto per curiosare tra le bancarelle. E nei giorni successivi ha sorriso con aria di nobile superiorità ascoltando i discorsi dei negozianti della via e, prima di ritirarsi nel suo palazzo, ha bofonchiato “Facciano pure. Io vado avanti a fare le mie cose e vediamo di mantenere le distanze” .
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Finché qualcuno, sotto le sue finestre, ha pronunciato per la prima volta il termine “via botanica” e il suo cuore ha avuto un sussulto. E’ stato zitto, è vero, ma per la prima volta dopo tanti anni ha pensato che, sì, forse aveva sbagliato tutto. Che a furia di stare in disparte, di guardare tutti dall’alto in basso e di pretendere che fossero gli altri a cercarlo si è ritrovato solo.
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Un vecchio brontolone che tutti, o quasi, schivano. “Forse – ha pensato – i miei vicini non sono poi gli scocciatori che credevo e avere gente per casa, tra i miei saloni affrescati e i miei tesori, non è una cosa brutta. Anche se parlano d’altro, anche se magari non sono venuti esattamente a trovare me ma piuttosto l’amico che sto ospitando per qualche tempo.
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Perché forse alla fine non è sempre necessario essere il contenuto: a volte anche essere il contenitore ha le sue buone ragioni. E magari intanto imparano a conoscermi e, chissà, forse gli piacerò anche io. E magari se si mettono insieme le idee, se ognuno porta qualcosa della sua esperienza, si può creare qualcosa di nuovo, di diverso e di bello”.
E allora ha ripensato a quel termine, “via botanica”, e gli è venuto in mente che in un angolo del suo palazzo, chiuso dietro un pesante cancello, c’è un gioiellino nascosto che pochi conoscono: è un orto, ma non un orto qualsiasi. E’ un orto romano in cui vengono coltivate piante e erbe aromatiche citate da Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia e da altri scrittori latini o i cui resti sono stati ritrovati durante gli scavi archeologici sul territorio comasco.
Insomma, un piccolo ma interessantissimo salto nel passato seminascosto da quasi 18 anni e recentemente “riscoperto” in occasione di un evento dedicato proprio alla Como dei Plinii. E così nella mente di quel vecchio brontolone, che di nome fa Museo e di cognome fa Giovio, ha iniziato a farsi strada l’idea che forse sarebbe bello chiedere anche ai suoi vicini di casa di coinvolgerlo nei loro progetti. E che forse potrebbero provare a creare nella via un percorso botanico dedicato alle essenze locali che conduca proprio al suo orto, come in una sorta di gran finale a sorpresa.
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Lui, da parte sua, potrebbe pensare di arricchire l’orto e aprire quel cancellone, magari in occasione dei mercatini o di qualche giornata particolare, così chi passa di lì potrebbe entrare facilmente a visitarlo. Perché alla fine, a pensarci bene, è anche bello avere gente per casa e i bambini non sono poi quei rompiscatole che credeva e magari, sbirciando dalle vetrate, qualcuno potrebbe decidere di entrare a visitare anche le sue sale in cui ora gli è venuta voglia di ospitare altri amici, come Tenchio, con cui chiacchierare.
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Insomma … vuoi vedere che il “”Dream Team capeggiato da Mr. SaveTheWall, magari con il contributo di questo “nobile signore”, riuscirà davvero a sciogliere i ghiacci di via Giovio fino all’iceberg di Piazza Medaglie d’Oro? Credo che alla fine anche i pinguini/paracarro ne sarebbero decisamente felici.
L’orto botanico romano è nato nel 2001 da un’idea di Lanfredo Castelletti, allora Direttore dei Musei Civici e del Laboratorio di Archeobiologia, grazie al contributo degli Amici dei Musei e della Fondazione Provinciale della Comunità Comasca. E’ stato recentemente sistemato grazie all’Accademia Pliniana e, al momento, è visitabile solo in occasione di eventi particolari.