Quindi il concetto è: sulle ciabattine da 3 grammi delle bimbe olandesi e sulle salviette vaporose stese dai cugini di campagna scateniamoci, urliamo tutti insieme “vergogna!”, attacchiamo i selvaggi, difendiamo Villa Olmo con i cavalli di frisia e i muri di sabbia, formiamo una catena umana attorno alle sacre aiuole, adottiamo un filo d’erba ciascuno.
Se invece sono Dolce e Gabbana a devastare il prato, a lasciarlo chiazzato come una mucca frisona, ingiallito a scacchi manco fosse Marostica, allora tutti zitti, cantiamo assieme “viva il fieno a Villa Olmo!”, prostriamoci servili all’impero della griffe e ricordiamoci che non saremmo nessuno – noi, provinciali, con la corona di missoltini al collo – senza la loro magnanima pubblicità globale.
C’è un sussulto di profondo provincialismo nello strabismo con cui molti hanno guardato al trattamento riservato ai prati adagiati davanti alla dimora-simbolo di Como. Soltanto fino a una decina di giorni fa, una rabbia non di rado acida, pregna di disgusto e indignazione “salutava” l’apparizione – come in qualsiasi altro parco del mondo – di qualche turista sdraiato sui nuovi tappetini verdi. Da 48 ore circa, invece, la gogna – in alcuni casi quasi violenta: ah, i leoncini da tastiera! – attende chiunque, pur scevro da acrimonia, evidenzi i danni alle aiuole post D&G.
Colpisce la foga imbavagliatrice del secondo gruppo. Quasi che mostrare dispiacere o riprovazione per i danneggiamenti ai prati fosse un segno di scortesia, di villanìa, di lesa maestà per gli stilisti che – refrain tipico – “hanno fatto uno spot mondiale a Como e Villa Olmo”. E che per questo solo fatto – come fossero i primi, come fossero gli ultimi – bisognerebbe riverire senza batter ciglio, come servitori sciocchi del padrone che tutto può e che tutto paga.
Chiariamo subito: che la presenza di Dolce e Gabbana sul Lario sia probabilmente coincisa con l’evento dell’anno, nessuno lo mette in discussione. Che la vetrina planetaria offerta alle bellezze locali dalla griffe sia stata eccezionale e meritoria, è un dato di fatto che soltanto un pazzo potrebbe negare.
E – per stare sul punto – che i danni al prato siano tutt’altro che la fine del mondo e siano uno scotto plausibile davanti all’eco mondiale degli eventi mondani, ci può stare assolutamente. Tenendo pure conto che Stefano&Domenico pagheranno il conto, non c’è oggettivamente materia da scandalo.
Ma c’è un ma. Anzi, diversi ma. Filosofici. Di prospettiva.
Il primo: non è che se – dopo 2 anni di lavori e 7 milioni spesi complessivamente – i prati di Villa Olmo li danneggia una ricchissima maison di moda, pur pagandone il ripristino e mettendo tutto in preventivo, la cosa in sé non sia da sottolineare o riportare. E’ una notizia. Piccola, trascurabile, ingiallita, ma è una notizia. Anche se qualcuno vorrebbe che non si dicesse, che non si fotografasse, che non si disturbasse l’elegantissimo manovratore, è una notizia. Una notiziola, via.
D’altronde, non si capisce davvero cosa ci sia male o di offensivo nel rendere pubblico un fatto evidente con un pizzico di stupore. Bene ricordare, allora, che a Como non risulta ancora tra i reati esprimere rincrescimento per un prato malconcio. Nemmeno se le ustioni si firmano luccicosamente “D&G”.
Il secondo “ma”: alcune sceneggiate isteriche per i primi turisti stesi sul prato ante-D&G sono e resteranno a nella memoria collettiva. “Oddio il decoro! Oddio il prato! Oddio che scempio!”: chi non ha letto frasi simili nei giorni pre-sfilate? E allora facciamocene tutti una ragione: se tanta ira funesta si è abbattuta su qualche rubizzo tedesco rigonfio adagiato sul verde, si potrà bene esprimere liberamente e senza censure il disappunto per l’eredità giallo-paglierina lasciata sui prati da D&G. Noblesse non oblige, in questo caso.
Il terzo: per carità, evitiamo di cadere in quel tremendo assioma da sudditi per cui se “pagano loro”, allora tutto va bene comunque, a prescindere, senza se e senza ma. Usciamo da quella grotta di servilismo a pagamento, santo cielo.
Chi rompe paga è un motto antico e di banale buonsenso, sarebbe stato folle il contrario. Ma che diventi principio-guida, no. Como, i comaschi e i loro patrimoni artistici e paesaggistici possono fare a meno di un’ipnotico meretricio d’alto bordo.
Il quarto e ultimo: da queste parti – non proprio sfigatissime nemmeno prima di Dolce e Gabbana – aveva preso casa George Clooney, è passato Brad Pitt, hanno girato Star Wars, fa shopping Bruce Springsteen, Bob De Niro è di casa, appaiono con frequenza cardiaca meravigliosi cantanti, magnifici sportivi, attori celeberrimi, facoltosi imprenditori di ogni angolo del globo. Non è dal primo luglio, insomma, che quest’angolo celeste è meta esclusiva, celebrata e oltremodo ambita.
E dunque, aspettando serenamente il certo ritorno dei prati più belli e verdi che mai, mettiamo nel cassetto l’isterismo sul “totem gabbanico”. Con buonapace anche dei rubizzi germanici, facciamocene una ragione: il brand esclusivo, planetario, eterno è Como. Il resto è solo moda. Che come il sole, sorge, tramonta e qualche volta scotta.
Persino i prati, a Villa Olmo.
4 Commenti
Ma che palle possibbile che ci sia sempre da protestare? In un modo o l’altro questi stilisti ne dobbiamo andare fieri abbiamo un made in itali che promuvono nel mondo e ci invidiano e non solo portano nel mondo tradizioni italianissime. Enon solo IN UN MODO O NELL’ALTRO DANNO LAVORO A MOLTA GENTE E DUNQUE BEN VENGANO E SMETTIAMOLA DI LAMENTARCI SEMPRE W D&G E IL LORO OPERATO
Contributo molto apprezzabile questo di E. Caso: diciamo che esiste ancora qualche giornalista fuori del coro, che non ha il timore reverenziale di squarciare la cappa di ipocrisia dilagante e, a tratti, avvilente che ammorba l’aria. Si sentiva pertanto il bisogno del ritorno di Emanuele in una testata locale a diffusione libera e on-line.
Mi limito quindi anch’io, se possibile, a fare qualche appunto in merito, appartenendo alla categoria (assai bistrattata) del residente in Como:
– una multinazionale dell’abbigliamento non dà lustro alla cultura di Como, ma semmai dà lustro a se stessa, di riflesso, trovandosi al cospetto di secoli di storia italiana che, peraltro, il circo del marketing mediatico, misconosce o ignora bellamente;
– ogni contratto stipulato da una pubblica amministrazione deve perseguire il pubblico interesse;
– il pubblico interesse non concide soltanto con quello del fatturato degli albergatori e dei ristoratori, perché esistono altre categorie di interessi generali e collettivi di uguale, se non di maggiore, valore costituzionale;
– la visione politica che considera tutto ciò che è internazionale e “trendy liberal” (scusate l’anglicismo ad mentula) migliore a prescindere, è certo del tutto legittima, ma francamente totalitaria e miope come “forma mentis”.
Mi fermo qui. Vorrei solo chiedere alla redazione se si possono avere notizie più precise su questo tema che mi ha allarmato non poco e che è comparso sul Corriere di qualche giorno fa. Grazie.
http://www.corrieredicomo.it/parco-di-villa-olmo-si-conteranno-gli-ingressi-fino-alla-fine-dellanno/
Approvo integralmente quando scritto da Riccardo
Vista la scenografia era assolutamente certo che il prato ne sarebbe uscito parecchio danneggiato, andava semplicemente preteso che il ripristino avvenisse, non con semina e successivi lunghi tempi, ma con un manto erboso in rotoli, clausola che mi auguro sia stata inserita
Io francamente non comprendo l’evidenza data in questo articolo alla vicenda, certo non ci cambierà il futuro l’evento D&G, però contribuirà a dare ulteriore lustro al brand Como
la questione D&G mi pare inutile da commentare, è stata affittata la villa con garanzie di ripristino per eventuali danni. i danni ci sono stati ed erano certamente prevedibili e previsti, quindi saranno risarciti.punto.
altra questione è l’uso che viene fatto degli spazi. “se” esiste un qualche tipo di regolamento o cartellonistica che indica il divieto di sdraiarsi o altro nei prati della villa, allora tale divieto deve essere rispettato. punto. non è questione di provincialismo o servilismo. è solo materia di rispetto delle norme. se, diversamente non esiste alcun divieto, allora anche in questo caso la questione non esiste. trovo invece indubbiamente giusto ed utile che si scriva e documenti ogni fatto, senza la paura di non “dover dire” per paura che qualcuno possa poi offendersi…