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Valduce, Sant’Anna e gli altri, quale Pronto Soccorso serve a Como?

Da qualche mese l’ospedale Valduce sta progettando l’edificazione del nuovo Pronto Soccorso. Sorgerà, sembra, su via Dante all’incirca angolo via Ferrari, ma non è ancora certo di che struttura si tratterà. Due piani sottoterra, uno sopra, anzi due sopra e due sotto, no, tre sopra a uno sotto. Vedremo. L’uscita dall’attuale “tunnel” di via Santo Garovaglio sarà una liberazione per tutti, a cominciare dai residenti, a continuare dagli operatori delle ambulanze e per finire con i pazienti che hanno diritto ad arrivare in fretta in Pronto Soccorso senza attendere che qualcuno faccia con tutta calma un parcheggio in retro. Sì, diciamola tutta: non esiste che per far guadagnare al Comune quattro spiccioli di parcheggi blu le ambulanze debbano perdere tempo di accesso, ma non andiamo fuori tema.

Da un punto di vista urbanistico il trasferimento non sarà una passeggiata, perché un grande cantiere in quell’area cittadina sarà un vero incubo. Ci consola che l’edilizia privata prevede tempi più umani (vedi per esempio l’autosilo tra via Dante e viale Lecco, stessa gestione) rispetto a quelli pubblici veramente biblici (leggasi lungolago). E anche una volta che sarà completato il nuovo PS non sarà poca cosa avere ambulanze e pazienti auto-presentati, che entrano ed escono da uno o più accessi in quell’area cittadina già super-trafficata.

A proposito, non è che a qualcuno venga in mente di alleggerire contemporaneamente viale Lecco? Tipo togliere i parcheggi a pettine per fluidificare la viabilità? Esagero: fermare i treni delle Nord a Como Borghi e fare una grande rambla pedonale nel mezzo del viale? Comunque, abbandoniamo il tema urbanistico per immergerci in quello sanitario, se non altro per competenza. Il punto vero è: che cosa metteranno dentro quel nuovo, spazioso, moderno e attrezzato Pronto Soccorso del Valduce? Sì, perché la crisi gestionale dei PS, nazionali e soprattutto lombardi, ad altissima densità abitativa, è sotto gli occhi di tutti. Che patologie gestirà? Ma soprattutto, come si integrerà con il PS del Sant’Anna, nonché con quelli minori della zona, tipo Erba, Menaggio, Gravedona e Cantù? Si creeranno veri modelli “hub and spoke” di interscambio malati in base alle competenze? Sì, perché se a San Fermo ci sono 200 accessi al giorno, del tutto insostenibili, forse è anche perché non è ben divisa la patologia tra i due ospedali comaschi.

Certo, i pazienti auto-presentati non lo sanno. Anzi sì, esistono delle App scaricabili sugli smartphone che segnalano il livello di “semilavorati” (persone in carico) in quel momento dei PS lombardi, sempre che vengano aggiornate. Ma il 118, vero braccio armato della Sanità di Regione Lombardia, può decidere “liberamente” (si fa ovviamente per dire, perché esistono pressioni di vario genere) in quale PS portare in quel momento i malati con i loro guai sanitari. Il punto più critico è nella gestione delle patologie “tempo-dipendenti” (traumi, ma anche eventi cardio-cerebro-vascolari. Infarti cardiaci e ictus cerebrali per intenderci). Ma proprio perché tempo-dipendenti, a parità di attrezzature e competenze, la geografia e quindi la viabilità fa la differenza. Tanto per capirci, se ho un infarto o un ictus (e sull’ambulanza del 118 è abbastanza probabile capirlo) in un paese sulla strada Lariana, i mezzi di soccorso mi portano in via Dante che è sulla via o a San Fermo, traffico in via Varesina permettendo? E poi, chi valuta la competenza, e quindi l’abilità, a gestire la patologia? I dati storici?

Una commissione apposita della Regione o dell’Ats? O guardiamo per esempio le pubblicazioni scientifiche dei singoli sanitari? Questi argomenti non vengono elencati per confondere le idee, ma per creare una condivisione di intenti, un “tavolo di lavoro” come si dice adesso, almeno a livello locale, lariano diciamo, per decidere chi fa cosa, che Pronto Soccorso gestisce quale patologia. Quali percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (Pdta) saranno in carico al Sant’Anna e quali al Valduce. Prima ancora di decidere l’edilizia del nuovo. Perché in base a che cosa farà quel Pronto Soccorso, decideremo attrezzature, sale operatorie, sale interventistiche, ed infine medici e infermieri in base alle capacità. Non era peregrino per esempio immaginare rispettivamente in sedi diverse un polo chirurgico, un polo traumatologico, un polo internistico e un punto nascita. Se si creano tante code nei Pronto Soccorso forse è anche perché ci sono dei doppioni, o al contrario non ci si distribuisce bene sul territorio.

Coda non vuol dire solo disagio, ma soprattutto ritardo nella presa in carico che si traduce con maggiore facilità di sviluppo delle malattie e anche dell’errore diagnostico. Si usa dire che in Italia siamo bravi nell’emergenza e meno nella prevenzione e programmazione. A Como abbiamo un’occasione storica per smentire questo luogo comune.

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