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Como, quel rifugio antiaereo nelle mura che avrebbe salvato la Bocciofila. L’architetto Franchini: “Un progetto di quasi 40 anni fa, eccolo”

Ha fatto molto discutere, in queste ultime settimane, l’ultimatum del Comune alla Bocciofila di via Balestra invitata, senza troppi convenevoli ma soprattutto senza il “piano B”, a lasciare gli spazi che occupa entro il 31 agosto per far posto all’ampliamento del museo in vista dell’esposizione delle monete ritrovate durante i lavori di ristrutturazione dell’ex Cressoni di via Diaz (qui tutti gli approfondimenti). Nel frattempo il club ha organizzato per domani (con gli altri sfrattati, le Associazioni d’Arma) un’assemblea pubblica alle 18 e per venerdì prossimo un Open Day cui tutta la cittadinanza è invitata (qui i dettagli).

Insomma i soci della bocciofila promettono battaglia per salvare quello che è a tutti gli effetti, oltre che un’attivissima associazione, l’unico spazio di aggregazione per la terza età in centro, spunta un progetto di quasi quarant’anni fa che, già allora, avrebbe permesso di salvare la bocciofila e ampliare nel contempo gli spazi museali. Peccato che giaccia lì, in qualche armadio o cassetto di Palazzo Cernezzi, voluto (e pagato) dal Comune stesso e poi dimenticato, come molti altri progetti che potrebbero ancora oggi suggerire idee per recuperare gli spazi pubblici della città.

A ricordarlo è uno degli autori, l’architetto comasco Ado Franchini, che nel 1987 ebbe l’incarico, insieme al collega Giuseppe Pierpaoli (padre dell’architetto Michele Pierpaoli ex presidente dell’Ordine degli Architetti di Como) di ideare il recupero degli spazi della zona tra via Balestra e la Torre San Vitale: “Ricordo bene questo progetto perché si tratta dell’unico incarico che ho avuto per il Comune – spiega infatti – la richiesta era quella di ideare una riqualificazione del giardino sopra le mura e del cortile della Combattenti e Reduci prevedendo però anche la sistemazione della bocciofila, che non sarebbe stata spostata da lì”.

Ma non solo, perché nel progetto dei due architetti era previsto anche l’ampliamento dello spazio espositivo del Museo Giovio attraverso il recupero di un pezzo di storia della città sconosciuto a molti, oltre alla realizzazione di parcheggi interrati al servizio del centro storico: “Sotto il terrapieno delle mura si nasconde un rifugio antiaereo costruito durante la Seconda Guerra Mondiale (uno dei 27 presenti in città, Ndr) con due porte, oggi murate verso via Nazario Sauro e verso il giardino della Combattenti e la nostra idea, nata anche confrontandoci con l’allora direttore dei musei Civici Lanfredo Castelletti, era quella di trasformare questo tunnel in uno spazio espositivo ipogeo aprendo l’ingresso verso via Balestra e ampliando , così, la superficie a disposizione delle collezioni del museo archeologico – spiega infatti Franchini, che aggiunge – inoltre avevamo previsto anche la realizzazione di un parcheggio interrato sotto i giardini di via Nazario Sauro a disposizione dei residenti del centro storico, parte di un più ampio progetto di parcheggi interrati che avevo già ideato precedentemente con l’architetto Giuseppe Reynaud immaginando di sfruttare l’antico fossato lungo le mura, oggi coperto, anche lungo viale Battisti e viale Cattaneo”.

Una soluzione che però, come molti altri progetti, non vide mai la luce: “Mentre a Milano si era, e si è, in gradi di sfruttare la legge Tognoli che consente di usare il sottosuolo per realizzare parcheggi da destinare ai privati in cambio della riqualificazione degli spazi pubblici in superficie, a Como era da poco finita l’epoca d’oro del sindaco Antonio Spallino e di quel progetto non se ne fece più nulla – racconta – ma questo è normale qui, dove tutto, a parte l’eccezione dell’amministrazione Lucini con l’assessore Lorenzo Spallino, è fermo da decenni per l’ignavia di chi ci amministra e non vuole assumersi responsabilità. Eppure basterebbe che l’Amministrazione affrontasse i temi che riguardano la città guardando prima quello che ha nei cassetti e valorizzando lavori già pronti, e già pagati con i soldi pubblici, anche solo come spunto per nuovi progetti”.

“A mio parere Como ha perso ormai da tempo la sua energia dimenticando le sue potenzialità o lasciandole ad altri come Varese e Lecco, basti pensare a quello che è successo con l’Archivio del Moderno, l’Università dell’Insubria e il Politecnico, tanto che ormai è più che provinciale, è proprio silente – conclude Franchini – vorrei essere ottimista ma non ci riesco, spero che la situazione della città faccia riflettere i responsabili attuali sul fatto che Como merita una volontà progettuale per risolvere i problemi nel migliore dei modi, non nel modo più comodo o politicamente corretto”.

L’ARTICOLO CHE HAI APPENA LETTO E’ USCITO SU COMOZERO SETTIMANALE: ECCO DOVE PUOI TROVARLO

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