Un cavalletto, qualche cornice, i colori del lago. Per decenni, Luigi Piotti ha animato discretamente sul marciapiede in via Pietro Boldoni con le sue opere dedicate a Como, diventando un volto familiare per residenti e turisti. Ma oggi, a 76 anni, dopo una vita spesa tra tele e pennelli, il pittore si dice “amareggiato ed escluso”: il Comune gli ha revocato il permesso di occupazione del suolo pubblico. “Esponevo lì da trent’anni – racconta – non ho mai dato fastidio a nessuno e non ho mai avuto problemi. Ho sempre pagato tutto, dal bollo al canone, e rispettato le regole. Ora mi ritrovo con una multa da 220 euro e nessuna risposta concreta“.
Il motivo dello ‘sfratto’? Secondo il Comune le sue esposizioni non sarebbero decorose. Una decisione che lascia interdetti i tanti che conoscevano Piotti come figura storica del centro cittadino, apprezzato da tutti: residenti, turisti e passanti. “Non vendevo cianfrusaglie – precisa – ma quadri. Opere mie, dipinte a mano, tutte sul lago. Ce n’erano di grandi, 100×80, ma anche quadretti piccoli pensati per i turisti. Gli americani li adoravano, ne vendevo tantissimi“.
Una vita tra le vie di Como
Piotti ricorda gli inizi: “Prima ero in piazza Volta, poi alle porte del Duomo e infine in via Boldoni. Esponevo le mie opere su cavalletti ordinati, senza mai occupare più del necessario. Ero lì con Giuliano, che vendeva oggetti in legno d’ulivo. Insieme davamo un tocco d’arte e artigianato alla città. È vero, mi spostavano ma sempre con un permesso regolare. Quando arrivava il via libera dal Comune, una funzionaria mi telefonava per dirmi che potevo sistemare le mie opere. Pagavo marche da bollo, tasse, permessi, tutto in regola”.
Il cambiamento è arrivato all’improvviso. “Quando è diventato tutto online, non ho più visto nessuno, nessuna telefonata, nessuna risposta. Poi, un giorno, mi è arrivata una multa da 220 euro. Non sapevo nemmeno che il mio permesso non fosse più valido. L’ho pagata subito, dopo di che, ho rifatto richiesta per il permesso, ma mi è arrivata una risposta negativa. Secondo il comune non potevo più esporre perché la mia attività non era decorosa. Mi sembrava uno scherzo”.
“Cosa è decoroso per questa amministrazione?”
E aggiunge, con amarezza: “Non ho mai venduto senza permesso, non ho mai fatto il furbo. Sempre rispettoso delle regole. I vigili venivano spesso, controllavano, ma ormai mi conoscevano tutti, mi salutavano, si fermavano a chiacchierare, sapevano che era tutto regolare. La notizia è stata una pugnalata. Eppure, ora, al mio posto in via Boldoni ci sono scatoloni, carrelli e immondizia. Allora mi chiedo: cosa è decoroso per questa amministrazione? I miei quadri no, ma le pattumiere sì?”.
Dopo il divieto imposto dal Comune, Piotti ha dovuto reinventarsi, ma non senza difficoltà. “Mi sono iscritto a tutto, anche a Cernobbio, per un paio d’anni ho fatto i mercatini. Ma ora, con un problema alla gamba, faccio fatica a stare in piedi per ore. Non ce la faccio più e non ho trovato nessun altro spazio dove poter esporre. Lavoro da casa, ma non è la stessa cosa”.
Una mail, nessuna risposta
Il pittore racconta anche dei suoi tentativi di dialogo con l’amministrazione. “Ho scritto al sindaco Alessandro Rapinese e all’assessore Michele Cappelletti, ma non ho avuto alcuna risposta vera. Il sindaco mi ha mandato una mail dicendo che non aveva tempo e di chiamare il numero del Comune, ma non è cambiato nulla. Cappelletti mi aveva fatto mille promesse gli ho persino fatto alcune opere. Ma ad oggi la situazione non è cambiata, non posso più esporre”.
L’amarezza è palpabile. “Mi sono sempre comportato bene, mai esposto senza permesso. Ora, all’improvviso, non sono più gradito è come se la città mi avesse voltato le spalle. Quello che mi è stato fatto è una cosa assurda, ho dato colore a Como per trent’anni”.
Il sostegno di clienti e amici
Nel frattempo, la voce si è sparsa. “Mi stanno ancora telefonando vecchi clienti, mi chiedono che fine ho fatto, se sto bene, se tornerò. E tanti amici mi hanno detto che è una cosa assurda, che vogliono fare una petizione per farmi tornare a esporre. Io non cerco il clamore, ma almeno un po’ di giustizia, quello sì. Ho sempre fatto le cose per bene e mi ritrovo escluso, dimenticato”.
L’ultima riflessione è carica di amarezza: “Ho 76 anni, ho dipinto per una vita, e Como l’ho sempre portata nel cuore. Tutti i miei quadri parlano del lago, della città, della sua bellezza. Ora mi sento cacciato dalla mia stessa città“.