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Lockdown, dopo l’edilizia anche il tessile-moda scalpita: “Se non si riparte, migliaia di chiusure”

E’ sempre più impaziente e turbolento il mondo dell’economia comasca (e ovviamente nazionale) rispetto al lockdwn per Coronavirus.

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Oggi è Cna Federmoda a puntare il dito verso il governo.

“Nell’ampliamento delle attività che possono riaprire dal 14 aprile il Governo ha colpevolmente dimenticato una delle punte di diamante del Made in Italy – si legge in una nota – Le aziende che operano nella manifattura della moda italiana che riempiono le passerelle e i negozi del modo e inorgogliscono il nostro Paese non sono comprese tra le filiere considerate strategiche per la ripresa”.

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I numeri, in Italia, parlano di oltre 80.000 imprese occupano circa 1 milione di persone per un fatturato che si aggira sui 90 miliardi di euro, un settore che lega buona parte del successo ai mercati internazionali con il 72,2% del proprio fatturato, dato superiore a quello del settore manifatturiero nel suo complesso (58,3%).

“Non far ripartire le filiere del tessile, abbigliamento, pelletteria e calzature significa condannare alla chiusura migliaia di imprese che hanno in portafoglio ordini per la stagione autunno-inverno 2020/2021 che non potranno soddisfare, perdendo clienti e mercati faticosamente conquistati e rischiando di essere così estromesse delle catene globali del valore”, dichiara Marco Landi, Presidente Nazionale CNA Federmoda.

“Gli imprenditori del settore moda – chiude Landi – sono pienamente consapevoli della necessità di conciliare la ripresa delle attività economiche con il massimo rispetto delle misure di prevenzione del contagio e sono già pronti a rispettare rigorosamente le condizioni di sicurezza previste nell’ambito del Protocollo sottoscritto tra Governo e Parti Sociali il 14 marzo scorso”.

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