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Marlene Veleno e la Vegan Squad: “Io, quel tacchino decapitato e la vivisezione”

“Ho sempre amato gli animali. Soffrivo nel vederli in gabbia, con gli occhi pieni di paura, non potevo sopportarlo. La mia famiglia aveva dei conigli e ne presi uno con me riempendolo di cure. Un giorno non lo trovai più perché lo avevano macellato. Credo che lì sia scattata la molla che mia ha portato, anni dopo, ad abbracciare il veganesimo”.

Marlene Veleno, questo lo pseudonimo, 39enne di Albese con Cassano, vegana dal 2006, ex animalista da strada, è una donna convinta delle sue scelte.

“Essere vegani – spiega – significa non sfruttare nessun elemento di origine animale o derivati in tutti i contesti. Cibo, abbigliamento, cosmetica solo per citarne alcuni. Non solo, i vegani si oppongono ad ogni forma di violenza contro gli animali”.

Marlene abbraccia questo stile di vita nel 2006.

“Non me ne sono mai pentita – racconta – è sostenibile sia dal punto di vista fisico che economico. Non sento la mancanza della carne anzi ho vissuto questa scelta come una liberazione, non ero più colpevole dello sfruttamento degli animali”. La dieta di Marlene si basa su frutta, verdura, legumi e cereali integrali.

“Non ho mai avuto nessun problema – sottolinea – solo benefici. Tanti contestano questo tipo di alimentazione, in realtà può essere equilibrata tanto quanto quella onnivora infatti è appoggiata da diversi nutrizionisti. Solo alcuni soggetti hanno verificato carenze di vitamina B12 egregiamente sostituita da integratori presenti in commercio”.

I vegani sono contrari a qualsiasi sfruttamento degli animali, anche per i test sui farmaci.
“Non sono un’aspirante suicida – spiega con una risata – ovviamente se ci sono problemi di salute che necessitano di farmaci li assumo. Privilegiando quelli generici perché sono stati testati di meno rispetto agli altri”.

Dal 2007 al 2010 Marlene partecipa a numerosi presidi animalisti per protestare contro lo sfruttamento e la violenza sugli animali, uno di questi attacca La giostra del pitu a Tonco, in Piemonte.

“La sagra – racconta – prevedeva la presenza di un tacchino morto appeso a testa in giù che veniva colpito per staccargli il capo. Il vincitore si aggiudicava il premio, ovvero un tacchino vivo chiuso in gabbia. Un’oscenità per cui ci siamo battuti, abbiamo parlato con il sindaco e ottenuto di sostituire gli animali con dei pupazzi”.

Molti accusano i vegani di essere violenti e obbligare gli altri a seguire determinate regole.
“Vedere la sofferenza di esseri viventi che non possono difendersi – racconta – può scatenare aggressività. Non è giustificata ma è una reazione umana all’ingiustizia, al desiderio di dare voce a chi non ne ha. Personalmente non tollero la violenza, in nessuna forma”.

Marlene porta avanti il suo messaggio in vari modi: ha una linea di abbigliamento vegan, Velenosamente, un blog con il suo nome dedicato alla bellezza e al benessere, è amministratrice del gruppo facebook Quartier generale di Vegan Squad, aperto anche a non vegani, e collabora alla gestione di un altro gruppo, Vegan explorer di VeganMaps.

“Lo sfruttamento degli animali – conclude – è disumano. Vivisezione, pellicce e altri capi di abbigliamento, allevamenti intensivi e caccia per citarne alcuni, mi vedono contraria. Completamente. Spero che le persone possano riflettere su questo e porsi delle domande. Non voglio imporre nulla a nessuno però, credo nella libera scelta”.

L’articolo che avete appena letto è stato pubblicato su ComoZero settimanale, in distribuzione ogni venerdì e sabato in tutta la città: qui la mappa dei totem.

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2 Commenti

  1. Bello l’articolo, però la gentilissima signora dimentica che magliette, pantaloni, scarpe e tutto il firmamento accessorio che tutti noi utilizziamo, spesso viene prodotto
    dall’ animale uomo sfruttato già in tenera età …
    uomo inteso come essere senziente sia esso uomo – donna- bambino o nascituro.

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