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Progetto incredibile per il lungolago: piscine, giardino d’acqua, cinema, bar e ristoranti. (Ah, a Lecco)

Non sono bastati i 30 anni trascorsi da quando a qualcuno venne in mente di sfruttare i finanziamenti della legge Valtellina (che prevedeva fondi per i territori colpiti dall’alluvione del 1987) come escamotageper rifare il lungolago.

E neanche i progetti, i controprogetti, i costi lievitati in maniera esponenziale. E neppure i 13 anni dall’inaugurazione del cantiere che si è piantato come una spina nel fianco della città (era l’8 gennaio 2008) e che solo da un paio di mesi ha ricominciato a dare segni di vita (fine lavori, toccando ferro, 2022).

Niente da fare, a nulla è servito l’esempio della “cugina” Como: anche Lecco ha deciso di regalarsi un nuovo lungolago.

È stato infatti presentato ieri il progetto vincitore del concorso “Waterfront – Nuovi riflessi” ideato da Confcommercio, Ordine degli Architetti e Ordine degli Ingegneri e indetto dal Comune l’anno scorso. Ad avere la meglio su 19 progetti pervenuti è stato quello dell’architetto Paola Viganò, “un abito su misura cucito addosso alla città”, come l’ha definito l’architetto paesaggista Andreas Kipar, presidente della commissione aggiudicatrice.

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Ed è qui che Como fa una pessima figura. Perché potrà piacere o non piacere, come tutte le cose, ma di certo questo progetto guarda lontano e sogna un lungolago da vivere, bello di suo e non un posto dove passare solo per ammirare la bellezza che sta al di là dei parapetti.

Perché mentre noi abbiamo ancora negli occhi i raggelanti rendering del nuovo lungolago presentati da Infrastrutture Lombarde a ottobre 2018, con la passeggiata ridotta a una cocente spianata deserta, nulla più che un enorme marciapiedi vista lago in attesa di arredo urbano ancora tutto da definire, Lecco vola alto, altissimo.

10 km totali dalle Caviate a Rivabella rivisti in chiave naturalistica e culturale con due piscine su piattaforme galleggianti alimentate con acqua di lago appositamente filtrata nella zona della Malpensata, un’area dedicata a eventi e cinema all’aperto, una piazza digradante verso l’acqua con giardino acquatico, una passeggiata pedonale, la pista ciclabile, spazio per i tavolini di locali e ristoranti e strada con velocità massima di 30 km/h per privilegiare la mobilità lenta.

E poi un itinerario narrativo legato ai Promessi Sposi e un intervento per rendere fruibile l’oasi del Bione.

Il progetto, che rientra nel piano triennale delle opere pubbliche del comune di Lecco (per il quale sono già stati stanziati quasi 5 milioni di euro) ora passa nelle mani della nuova amministrazione che dovrà reperire le risorse per finanziarlo. Riusciranno i cugini lecchesi a realizzare il nuovo lungolago prima che quello di Como sia concluso? Si accettano scommesse.

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2 Commenti

  1. Tutta la città va RIQUALIFICATA e non solo il lungolago.
    Viale Geno ad esempio e il lifo della VERGOGNA.
    VIALE LECCO altro posteggio e pista da slalom poiché perennemente istruita da auto in ATTESA e ovviamente in DIVIETO.
    I GIARDINI A LAGO.
    IL TEMPIO VOLTIAMO O MEGLIO LO SCEMPIO VOLTIAMO.
    LA CASA DEL FASCIO CHE DEVE DIVENTARE UNO SPAZIO PUBBLICO… FRUIBILE
    ETC..
    CHE DIRE? QUALCUNO GUARDI GIÙ E FACCIA IL MIRACOLO…

  2. Un articolo che fa riflettere. La Gara, la scelta, il progetto del lungolago sono passi assolutamente normali nella gestione di un Comune lacustre. Ottima idea, ottima scelta, ottimo tutto ma l’Amministrazione lecchese non sta inviando una delegazione su Marte. Sta facendo quello che fa una normale e buona Amministrazione comunale.
    Como non solo non riesce neppure a manutenere le straordinarie opere razionaliste, non riesce a proporre nulla per le aree e gli edifici dismessi, non riesce a costruire il palazzetto dello sport e perfino a riparare la piscina in tempi accettabili. E a essere onesti non riesce a farlo ormai da più di vent’anni. Ma come è possibile?
    È un tema su cui varrebbe la pena chiedere il parere a tutti i comaschi. Si potrebbe farli esprimere e chiedere cosa debba fare Como per uscire dalla “palude”. Perché “palude” si tratta. Raccogliere le idee, strutturarle e ridiscuterle tra gruppi di esperti dei diversi settori. Ne abbiamo molti e assolutamente di qualità.
    Forse è l’unico modo. Come tutte le imprese che hanno un ottimo brand ma una pessima gestione, Como tende ad autoreferenziarsi. L’autoreferenzialità fa perdere l’umiltà e senza umiltà non si ascolta e se non ci si ascolta, non ci si confronta e non si migliora.
    Non è possibile che lo faccia questa Amministrazione. È troppo presa a discutere su rastrellamenti e inferriate. Speriamo che ci pensi qualcun altro. Speriamo!

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